STORIE
I fondali della Sicilia diventano il set dei suoi scatti: chi è il fotografo chiamato "Nettuno"
Nei fondali delle acque aretusee crea dei set per esprimere il suo messaggio. Emanuele Vitale è un fotografo professionista ma anche un istruttore di sub
Ed è quello che accade a Emanuele ogni qual volta si immerge nel suo mondo, e come lui stesso dice “... perché è così che succede, in immersione e nella vita: mentre cerchi una cosa ne trovi un’altra. Ed è una fusione di meraviglie”.
Detto Nettuno dagli amici, Emanuele Vitale è un fotografo freelance subacqueo professionista siracusano, istruttore di corsi subacquei e in apnea, gestisce un proprio Diving Center a Ognina nella zona balneare di Siracusa, il Circolo Sommozzatori Siracusa.
Da sempre vive in simbiosi con il mare e con le due grandi passioni che lo accompagnano da una vita: le immersioni subacquee e la fotografia. Fin da piccolo è stato “contagiato” dal padre, che a sua volta dedicava il suo tempo libero alla fotografia amatoriale e alle immersioni.
L’amore per il mare all’epoca è cresciuta anche grazie al grande Enzo Maiorca, siracusano come me, un comunicatore, un cantastorie, costruiva immagini attraverso le parole, era un piacere ascoltarlo. Ma anche grazie a quei famosi documentari di Jacques Cousteau, sono figlio di quel periodo».
A proposito del grande esploratore e oceanografo francese, che disse: “Dalla nascita l’uomo porta il peso della gravità sulle spalle. Ma sotto la superficie dell’acqua siamo liberi”. Liberi anche di esprimerci in modo assolutamente personale e intimo, un concetto sposato perfettamente da Emanuele Vitale.
Nel 2003 inizia a interessarsi seriamente di fotografia per poi rivolgere la propria attenzione professionale e artistica verso tutto ciò che riguarda le attività subacquee. Ha fotografato i fondali di molte parti del mondo, è stato nelle Filippine, in Sudafrica, in vari posti del continente africano, Isole Canarie, Grecia etc.
Ad un certo punto il suo focus si è spostato e ha virato verso un tipo di fotografia di tipo concettuale, transitiva, dove sono le immagini a parlare e a lanciare un messaggio preciso. Infatti Emanuele, attraverso un lungo percorso, migra il suo interesse dalla fotografia naturalistica alla fotografia concettuale subacquea.
«Quando mi sono accorto che il mare che avevo dentro era solo per me stesso e non potevo condividerlo, nel momento in cui le parole non bastano ci vogliono le immagini, ho iniziato a portare il mio sapere fotografico sott’acqua.
Sono partito con l’ambiente marino, quindi flora e fauna, la classica foto naturalistica subacquea. Il mio amico e maestro Elio Nicosia mi propose di partecipare ai campionati italiani di fotografia subacquea e vinsi nella categoria “compatta”. Da qui iniziò il mio percorso professionistico».
Ad un certo punto, però, il mondo introspettivo di Emanuele si direziona alla ricerca di qualcosa che doveva andare oltre la semplice immagine naturalistica. La molla scatta grazie ad una visione fortuita in acqua.
«Un altro momento importante nell’ambito del mio percorso è stato quando degli amici di Padova sono venuti a trovarmi un’estate. Questa coppia di amici aveva una figlia adolescente, campionessa di nuoto sincronizzato, che si divertiva in acqua a fare delle piccole coreografie.
Io, guardandola, ne rimasi affascinato e mi venne l’idea di iniziare a fotografarla sott’acqua. Ecco da dove è partita la mia idea di fotografia concettuale subacquea, in quel momento mi si è aperto un nuovo mondo e ho inizio a fotografare delle idee, creando dei veri e propri set sott’acqua. Il mio progetto “Ascetic” nasce da tutto questo».
Quindi in Emanuele, così come è nata l’esigenza di mostrare tramite la fotografia naturalistica quel mare che vedeva sott’acqua, quel mare che aveva dentro, nello stesso modo è emersa l’esigenza di far venire fuori il suo mondo interiore attraverso la fotografia concettuale subacquea, ricreando i set e le immagini, che visionava prima nella sua mente, perlopiù nei bellissimi fondali siracusani dell’area marina protetta del Plemmirio.
Ed ecco che la foto non rappresenta più il fine ma il mezzo per raggiungere il fine, ponendo l'accento sul momento dell'ideazione e progettazione dell'opera. «Una figura femminile bella, slanciata che in acqua risale, ricorda un rapporto ascetico. La mia formazione è di derivazione classica, insieme alle considerazioni e ai viaggi introspettivi che si fanno nel corso della vita, è sorto spontaneo in me il voler rappresentare delle idee, dei concetti, dei messaggi che vanno ricercati in quell’immagine costruita che trasmette visioni astratte e concettuali.
La fotografia subacquea per me è diventato esattamente un mezzo per raggiungere un fine, è il mio set cinematografico, il mio studio. Da qui nascono tutta una serie di progetti dove la realizzazione della raffigurazione dell’immagine diventa un concentrato di scenografie, costumi, trucco e regia».
Altro progetto interessante è quello sfociato nella serie di scatti “Yin and Yang”. «Viene fuori dal fatto che Lucrezia, la figlia dei miei amici e campionessa di sincro, un’estate è venuta in compagnia della sua collega di doppio.
Si scherzava sul fatto che loro dicevano di essere come gemelle, uguali. Io dissi loro che non erano uguali ma simili, da qui nasce l’idea che dovevano rappresentare gli opposti che si compenetrano come, appunto, lo Yin e lo Yang».
Di recente si è tenuta la sua prima mostra personale a Siracusa, ideata e organizzata da Vincenzo Marano che ne è stato il curatore. All’interno della mostra era presente buona parte del lavoro di Emanuele, raccontato attraverso sette temi.
Il titolo della mostra, “La Luce nel Mare”, trae spunto dal progetto che aveva precedentemente presentato in occasione della candidatura di Siracusa Capitale italiana della Cultura 2024. Questa sua personale è intimamente legata ad un progetto molto ampio e ben articolato realizzato con gli studenti dell’istituto Einaudi di Siracusa, fortemente voluto sempre dal Prof. Marano.
Emanuele Vitale ha svolto questo progetto scolastico attraverso diverse fasi che hanno visto i ragazzi sia impegnati nelle immersioni subacquee, con il conseguimento del relativo brevetto, che nella realizzazione di scatti in immersione realizzati direttamente con i loro smartphone, muniti di particolari scafandri impermeabili.
A questo proposito va citato il progetto “Plastic” che affronta il delicato e attuale problema dell’inquinamento da plastica in mare.
Un progetto partito da lontano e che ha visto l’operato di Emanuele Vitale suscitare particolare interesse fino ad essere contattato direttamente dal Dipartimento di Ingegneria Ambientale dell’Università di Durban, in Sudafrica. Questa collaborazione si è poi dovuta interrompere a causa del Covid, ma è infine felicemente sfociata nel lavoro realizzato dagli studenti dell’Einaudi, che hanno dato vita ad una interessante mostra che si è tenuta a Siracusa nel 2021.
L’immersione per Emanuele rappresenta un momento introspettivo molto denso, si annulla il rumore, non si avverte più il peso fisico e mentale. Il tempo viene scandito come definizione, ordine e misura del divenire. Avviene una sorta di sdoppiamento: c’è l’aspetto artistico della foto da realizzare ma contemporaneamente bisogna rimanere presenti sull’immersione.
«La storia ci insegna che le arti visive hanno sempre avuto una importante funzione di denuncia sociale e questo per me è importante. L’arte deve essere anche provocazione e deve mettere in crisi, è questa la sua funzione sociale».
In definitiva lo scopo dell’arte di Emanuele è quella di inchiodare l’osservatore alla foto per cercare di trarne un’interpretazione, indurre a riflettere, a ricercarne un messaggio. I suoi, fondamentalmente, sono tormenti metafisici, esplorazioni che pian piano iniziano a montare fino a sfociare in un nuovo progetto fotografico subacqueo.
In cantiere c’è un ambizioso progetto che ha come protagoniste le gambe, con un messaggio molto forte, e che prevede potenzialmente dei testimonial d’eccezione che al momento rimangono top-secret.
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