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Il cous cous dolce delle monache: il piatto segreto cucinato nel monastero barocco di Agrigento

È considerato il dolce tradizionale agrigentino, per eccellenza, insieme alle conchiglie al pistacchio e ad altri dolci preparati all'interno del Monastero cistercense di Santo Spirito

Balarm
La redazione
  • 13 maggio 2021

Il cous cous di pistacchio agrigentino

Ogni occasione è buona, trovandosi in Sicilia, per scoprire anche le dolci golosità di questa terra che, come una matrioska, custodisce segreti, storie, leggende e non ultime bontà, tutte da godere.

Ha fatto così anche Michele Placido che, trovandosi ad Agrigento per alcuni sopralluoghi relativi alla scelta della location della fiction (in due puntate) che girerà sulla vita del giudice Livatino, ha fatto tappa al celeberrimo Monastero delle monache cistercensi di Santo Spirito.

Qui, forse non tutti ancora lo sanno, le sorelle custodiscono dolci bontà, tutte da scoprire, che attingono alle tradizioni di secoli lontani.

Tutto all'interno di questo monastero, che si trova nel cuore della città (nel cortile Santo Spirito), parla di storia della Sicilia a cominciare dalla struttura architettonica e dalla sua fondazione.

Il Monastero Santo Spirito è stato fondato - secondo quanto riportato da fonti storiche - nel 1290 ad opera della nobildonna Rosalia Prefoglio, moglie di Federico Chiaramonte I, sotto la giurisdizione di Casa mari.
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La marchisia Prefoglio - così veniva chiamata per il suo titolo nobiliare - donò al monastero beni e terreni tra i quali una conceria, una bottega, due mulini, una quantità grande di bestiame e servi.

Nel 1321 la comunità contava 15 monache sotto l'abbaziato di Donna Clara Abadessa.

Secondo un documento del 1400, ritrovato dal Beccaria, vi era scritto che si accoglievano solo fanciulle di nobili origini.

Il Picone registra che nel 1322 si ritirò lì pure Costanza I, dopo essere stata ripudiata dal marito, e anche la moglie di Andrea Chiaramonte, in seguito alla morte del marito, prendendo il nome di suor Elisabetta. Nel 1579 il monastero passò sotto l'ordinario diocesano di monsignore Lombardo (fino al 1585), e in seguito riprese vigore dal punto di vista vocazionale.

Nel 1732 - secondo una carta di visita del tempo - la comunità aveva 50 membri. Nel 1866, invece, il Monastero Santo Spirito fu soppresso a seguito delle leggi eversive dello stato, per quanto fu concesso loro di continuare a dimorarvi. Nel 1927, infine, fu abolita la clausura papale.

A metà degli anni '50 l'abate generale Matteo Quatember assegnò, in aiuto alla comunità agrigentina, tre monache provenienti dal monastero cistercense di San Severino Marche e, l'11 gennaio del 1964, si introdusse la clausura costituzionale.

Risale, invece, al 12 marzo del 2005 la data in cui il Monastero è stato incorporato all'ordine cistercense. Oggi la comunità monastica continua a esistere in piena vitalità ed composta attualmente da 6 monache provenienti da diverse parti d'Italia, che continuano ad essere anche presenza orante nel cuore di Agrigento.

Tornando alla struttura - prima di passare alle prelibatezze che vi si possono gustare - va sottolineato che incantano gli stucchi di Giacomo Serpotta realizzati fra il 1704 il 1708. Rappresenta un capolavoro unico nel suo genere per la maestosità e la grandezza degli stucchi, per la bellezza dei volti e per il fascino mistico delle rappresentazioni.

Avvolta in una brillante luce solare che ne esalta le figure, la chiesa di Santo Spirito è un gioiello barocco di inestimabile valore, sia per la sua storia antica legata alla presenza delle monache, sia per le opere artistiche contenute non solo di Giacomo Serpotta, ma, tra gli altri, anche di Domenico Provenzani e Domenico Gagini.

Dulcis in fundo, è il caso di dire, secondo la tradizione, così come in altre parti dell’Isola, il Monastero offre l’opportunità di assaggiare frutti della plurisecolare tradizione dolciaria.

Nella fattispecie stiamo parlando della produzione artigianale di dolci che hanno come principale ingrediente la mandorla e il pistacchio, in particolare il "pezzo forte" delle Monache è l'originale cous cous al pistacchio.

Tra mistero e segreto l’origine di tale dolce è poco nota: si dice che la ricetta venne insegnata alle monache da donne provenienti dalle coste africane, in particolare dalla Tunisia, che, secondo l'atto del 1299, furono assegnate in dote al monastero per svolgere diverse attività.

Affascinate da questa ricetta, le monache pensarono di creare un cous cous utilizzando prodotti locali, dunque mandorla e pistacchio, creando un dolce dal sapore delicato che ha affascinato, con le sue note profumate, nel corso dei secoli, tantissime persone che ancor oggi giungono ad Agrigento per assaggiarlo.

Tra coloro che lo amarono tantissimo lo scrittore e giornalista Leonardo Sciascia che, secondo voci popolari, ne regalò, negli anni, grandi quantità ad amici e parenti.

A conferma di questa peculiarità e della eccezionale bontà il cous cous di pistacchio è considerato il dolce tradizionale agrigentino, per eccellenza, insieme alle conchiglie al pistacchio e ad altri dolci che le monache confezionano con amorevole cura, tutte da provare.
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