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Il fiume di Palermo amato da Goethe: il suo nome "luccica" ma ormai non splende più

Un tempo aveva acque limpide e brillanti, era ricco di vegetazione. Attraversava antichi ponti e bagnava la Torre dei Diavoli. Il suo nome può avere tanti significati. Ecco quali

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 28 giugno 2022

Il fiume Oreto di Palermo

Quando Goethe visitò Palermo, il 4 aprile del 1787, poco dopo mezzogiorno, si trovò presso il fiume Oreto. E amante della natura mediterranea qual era, scrisse le sue sensazioni come un poeta romantico «anche qui occorre l'occhio di un pittore e una mano esercitata se si vuole trarne un quadro» disse mentre Kniep, il suo amico disegnatore, aveva già calcato col suo lapis i fogli da disegno e ritratto velocemente le sagome di qualche albero e un corso d'acqua che cascava dalla fenditura non recente di una diga.

L'estasi del momento che si palesava in mille modi diversi, decifrati dai suoni, dagli odori e dalle luci della natura «il magnifico tempo primaverile e una fertilità esuberante diffondevano, su tutta la vallata, un certo che di pace vivificante». Così pensava lo scrittore tedesco, prima di essere interrotto dalla sua guida che non aveva certo il patentino ma aveva appena cominciato ad annoiarlo con le sue nozioni storiche.
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Gli raccontò dettagliatamente, disse «come un tempo Annibale, in quel luogo, aveva dato una battaglia e le prodigiose gesta che vi si erano compiute». E come una bolla di sapone la pace raggiunta in quel punto sperduto nell'universo esotico di Palermo si dissolse, svanì e turbò il nostro viaggiatore così tanto che rimproverò il casuale cicerone dicendo: «È molto triste che di tempo in tempo le messi siano schiacciate se non sempre dagli elefanti almeno dai cavalli e dagli uomini; e non si dovrebbe turbare l'immaginazione e strapparla a questi sogni di pace col ricordo di simili orrori».

Chissà, mi viene da pensare, quali anatemi Goethe avrebbe rivolto ai palermitani, se avesse saputo con quale superficialità e negligenza essi violano le preziose acque del nostro fiume.

Non me voglia il poeta se anch'io, come la sua poco empatica guida, mi accingo a fornire qualche dato, poiché oggi il nostro corso d'acqua non è splendente e rinomato come un tempo, non brilla più come il metallo che gli diede il nome, tutt'altro purtroppo, e non regala «un certo che di pace vivificante» ma accade proprio il contrario, a vederlo così maltrattato ci si innervosisce.

Non è per nulla semplice decifrare l'origine del suo nome, ci si sono cimentati fior fiori di storici e studiosi, ma a parte probabili supposizioni, nulla è scontato e assoluto.

Secondo la tradizione si chiamerebbe Oreto perché al suo interno si potevano trovare pepite d'oro, ma leggo dal Fazello quanto segue: «Dopo la Porta de' Greci e le mura della Città, segue lontano quasi un terzo di miglio, la foce del fiume Oreto (che vuol dir Latinamente fiume nato nel monte) secondo Vibio Sequestre, e secondo Polibio nel primo, fiume senza nome, e secondo i Re Saracini, e i Re Normanni, Habes, come appare nei loro privilegi, e secondo i palermitani è detto volgarmente il fiume dell'Ammiraglio, per cagion del ponte d'onde si passa, fattovi già da Giorgio d'Antiochia Ammiraglio del Conte Ruggiero e del Re Ruggiero».

Un'ipotesi più moderna sull'origine del nome è data da Camillo Filangeri in un saggio dal titolo “La chiesa Basiliana di Santa Maria di lu ritu” a Palermo: «In buona sostanza Camillo Filangeri sostiene che il nome Oreto non sia altro che la trasposizione al fiume della toponomastica del monastero del “ritu”.

Questa ipotesi è suffragata da diversi documenti archivistici la cui lettura fa rilevare il lento cambiamento del nome “Wadi Abbas” in fiume dell'Ammiraglio quindi del "rito" da cui poi "o ritu" e quindi il nostro Oreto». La sorgente dell'Oreto si trova tra Monreale ed Altofonte (Parco), le sue acque scorrono per circa venti chilometri lungo l'antica Conca d'oro sfociando nel Golfo di Palermo, nello specifico nella costa di Romagnolo.

Nei secoli le sue acque hanno attraversato antichi ponti (ponte Corleone, ponte delle teste, ponte di mare, ecc.), bagnato terreni allodiali, monumenti incredibilmente trascurati e abbattuti come la Torre dei Diavoli, antiche chiese.

Ma negli ultimi sessant'anni gran parte delle sue acque sono state volutamente inquinate, lo sapevamo da tempo, ma grazie al “viaggio” di Igor D'India, un ragazzo palermitano che qualche anno fa ha guadato il fiume, abbiamo visto con i nostri occhi il disastro ambientale che purtroppo caratterizza l'Oreto.

Igor così ha sensibilizzato tanti cittadini ad una visione progettuale, di bonifica e fruizione, non escludendo finanche un percorso collaterale per lo sviluppo di una sana economia. Addirittura si è posto l'obiettivo di classificare l'Oreto come patrimonio dell'umanità. Ci riusciremo mai? Intanto nel 2020 è stato approvato un progetto dal Comune di Palermo in sinergia con la Regione Sicilia. Aspettiamo speranzosi, dunque, di poter ammirare nuovamente il nostro fiume come lo ammirò secoli or sono il poeta tedesco.​​​
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