CINEMA E TV
Il suo nome significa "mandata da Dio": la storia di Osas in un corto girato a Palermo
Lo short film che racconta la rinvicita delle donne vittime di tratta, scritto e diretto da Gabriele Gravagna, è in concorso alla 41esima edizione del Torino Film Festival
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Tra il 2011 e il 2014 un'ondata di violenza colpisce la città di Palermo: tre ragazze nigeriane appena ventenni vengono uccise a distanza di poco tempo l’una dall’altra e i corpi vengono ritrovati tra i cassonetti dell’immondizia. Uno è carbonizzato.
L'opinione pubblica dirà che si trattava solo di “prostitute”. Osas Egbon, 42 anni, le ricorda ancora bene. Nei suoi occhi la resistenza e la trasformazione di una donna che da oppressa ha saputo ergersi a fondatrice dell'associazione Donne di Benin City, la prima associazione in Italia a contrasto della prostituzione, interamente formata da ex vittime di tratta.
Come abbia fatto a ribellarsi è lei stessa a raccontarlo in un’intervista diretta. Il corto, che la vede protagonista, si chiama "Osas e le donne di Benin City". Scritto e diretto dal regista palermitano Gabriele Gravagna, è in concorso alla 41esima edizione del Torino Film Festival.
Una storia che parte dal presente e procede al passato, fino alle radici coraggio di Osas, alle sue motivazioni più intime e profonde che fanno di lei un’eroina pervasa da un preciso bisogno di giustizia e legalità.
«La vicenda personale di Osas Egbon è esemplare e incarna in sé la battaglia alla violenza contro le donne - spiega Gravagna - Opporsi allo sfruttamento della prostituzione, denunciare i propri oppressori ed esporsi pubblicamente come Osas ha fatto e continua a fare in una città come Palermo, ha dell’eroico».
Nigeriana, da oltre vent'anni vive in Italia. Il suo nome significa "mandata da Dio" e tra le strade di Palermo ha capito quello che la sua profetessa le aveva predetto: aiutare le altre donne a essere libere dalla schiavitù della tratta a scopo sessuale.
«È lei stessa a raccontarci la sua storia, guardando dritto negli occhi lo spettatore - continua il regista palermitano - Non ci sono elementi di distrazione, fiction e ricostruzioni sono ridotte al minimo, perché volevo che fosse subito chiaro che il centro della narrazione è Osas e tutto quello che viene fuori dai suoi pensieri, dai suoi ricordi».
La sua voce è la prima vera colonna sonora del film. Il suo sguardo l’unica scenografia possibile.
L'opinione pubblica dirà che si trattava solo di “prostitute”. Osas Egbon, 42 anni, le ricorda ancora bene. Nei suoi occhi la resistenza e la trasformazione di una donna che da oppressa ha saputo ergersi a fondatrice dell'associazione Donne di Benin City, la prima associazione in Italia a contrasto della prostituzione, interamente formata da ex vittime di tratta.
Come abbia fatto a ribellarsi è lei stessa a raccontarlo in un’intervista diretta. Il corto, che la vede protagonista, si chiama "Osas e le donne di Benin City". Scritto e diretto dal regista palermitano Gabriele Gravagna, è in concorso alla 41esima edizione del Torino Film Festival.
Una storia che parte dal presente e procede al passato, fino alle radici coraggio di Osas, alle sue motivazioni più intime e profonde che fanno di lei un’eroina pervasa da un preciso bisogno di giustizia e legalità.
«La vicenda personale di Osas Egbon è esemplare e incarna in sé la battaglia alla violenza contro le donne - spiega Gravagna - Opporsi allo sfruttamento della prostituzione, denunciare i propri oppressori ed esporsi pubblicamente come Osas ha fatto e continua a fare in una città come Palermo, ha dell’eroico».
Nigeriana, da oltre vent'anni vive in Italia. Il suo nome significa "mandata da Dio" e tra le strade di Palermo ha capito quello che la sua profetessa le aveva predetto: aiutare le altre donne a essere libere dalla schiavitù della tratta a scopo sessuale.
«È lei stessa a raccontarci la sua storia, guardando dritto negli occhi lo spettatore - continua il regista palermitano - Non ci sono elementi di distrazione, fiction e ricostruzioni sono ridotte al minimo, perché volevo che fosse subito chiaro che il centro della narrazione è Osas e tutto quello che viene fuori dai suoi pensieri, dai suoi ricordi».
La sua voce è la prima vera colonna sonora del film. Il suo sguardo l’unica scenografia possibile.
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