STORIA E TRADIZIONI
In Sicilia occhio a come ti "sciusci", è un codice segreto: 30 segnali che devi conoscere
A Palermo l’uso dei ventagli risale al 1700 e il suo uso equivaleva a una sorta di alfabeto attraverso cui le donne comunicavano tra loro o con gli amanti

A dir la verità non ho mai avuto una grande passione per i mezzi pubblici; a questi ho sempre preferito gli appalti pubblici, i bagni pubblici e i pubblici impieghi. A pensarla così però non era il signor Venteski.
Il signor Venteski era un polacco di madre armena e di padre micronesiano che tirava a campare vendendo ventagli sugli autobus, allora non dotati di aria condizionata.
Nessuno sapeva il suo nome reale, lo chiamavano Venteski perché vendendo ventagli vendeva praticamente vento.
Diceva di avere avuto più di 2000 donne nella sua vita, tutte conquistate sugli autobus. Secondo lui esistevano tre tipi di donne: quelle sposate, quelle non sposate e quelle col ventaglio.
«A vera donna può mancare bellezza ma non può mancare ventaglio» ripeteva sovente.
Un giorno, durante una forte ondata di scirocco volò via e nessuno lo vide più.
Crescendo mi appassionai al mondo dei ventagli, pur rimanendo fermamente convinto che la vecchia “camminata a piedi” superasse in gradevolezza i mezzi pubblici. Quello che scoprì è che a Palermo l’uso dei ventagli risaliva addirittura al 1700.
Essendo un oggetto di facile manifattura, ma anche intrigante e utile, divenne in men che non si dica un gadget molto desiderabile, diffondendosi in breve tempo in tutta Europa, su tutte in Francia e Spagna.
Aggiungendo a questo il fatto che quasi per tutto quel secolo, fino agli inizi del ‘800, siamo stati influenzati dalla dominazione borbonica, e che nelle fresche estati siciliane si suda anche l’acqua del battesimo, non è difficile immaginare come questo strumento abbia attecchito totalmente, e oserei dire fisiologicamente, tra nobil donne e ricche borghesi.
A seguito dell’ordinanza del 7 luglio 1784, emanata dall’allora arcivescovo Sanseverino, e di cui ha già parlato la mia collega Maria Oliveri, fu fatto un falò con tutti i ventagli di Palermo perché, a quanto dire, questi riportavano spesso raffigurazioni e/o canzonette francesi oscene. Questo almeno è il motivo ufficiale.
Tuttavia, proprio in quegli anni, in Europa, in Francia, quindi anche in Sicilia, si diffuse un codice segreto (una specie di alfabeto in codice) che collegava gesti e posizioni assunte col ventaglio a determinati significati.
Pare che inizialmente sia stato codificato proprio dai costruttori di ventagli per incrementare le vendite; ad ogni modo è certo che in breve ne nacquero dei corsi sottobanco, che le donne frequentavano a gran richiesta, chiamati dalle nostre parti: “a susciata”.
Imparando questo linguaggio segreto avrebbero potuto così comunicare tra di loro, ma soprattutto con gli amanti senza farsi sgamare dai mariti. Inutile stupirsi: munnu ha stato e munno sarà.
Il codice del ventaglio era composto di 30 posizioni e funzionava pressappoco così:
1) portato alla mano destra: voi desiderate troppo.
2) Alla mano sinistra, aperto: avvicinatevi e parlate con me.
3) Nella mano destra, di fronte al volto: seguitemi.
4) Nella mano sinistra, di fronte al volto: sappiate, sono desiderosa di fare la vostra conoscenza.
5) Intrecciando le mani sotto il ventaglio aperto: ve lo ripeto, dimenticatemi in fretta.
6) Coprire l’orecchio sinistro con il ventaglio aperto: mantenete il nostro segreto.
7) Tracciare linee sulla mano, con il ventaglio chiuso: vi odio.
8) Passarlo sulla guancia: vi amo.
9) Passarlo davanti agli occhi: siete cambiato.
10) Lasciare cadere il ventaglio: possiamo essere solo amici.
11) Sventolare lentamente: sono sposata.
12) Velocemente: sono fidanzata.
13) Fissare il ventaglio chiuso: perché non mi capite?
14) Appoggiato sulla guancia destra: sì.
15) Sulla sinistra: no.
16)Dietro la testa: non mi dimenticate.
17) Tenuto con il mignolo steso: arrivederci.
18) Aprire e chiudere: siete crudele.
19) Aprendolo tutto: aspettatemi.
20) Appoggiato sull’orecchio sinistro: desidero liberarmi di voi.
21) Davanti al volto, chiuso: mi amate?
22) Davanti al volto semiaperto: comunica l’orario in cui vedersi, in base al numero di stecche aperte.
23) Chiuderlo lentamente: voglio sposarvi.
24) Poggiato sul cuore, chiuso: avete conquistato il mio cuore.
25) Chiuso sull’occhio destro: quando ci vedremo?
26) sventolarsi con entrambe le mani: sarò vostra per sempre.
27) Toccare la punta del ventaglio con un dito: desidero parlarvi.
28) Farlo roteare nella mano sinistra: amo un altro.
29) Poggiato alle labbra: baciatemi.
30) Aperto coprendo la bocca: non ho uomo.
Ecco, fin qui tutto perfetto, romanticissimo. Il problema però si presentava, allorché e perché questi “amanti” il più delle volte non potevano conoscere appieno il linguaggio del ventaglio, meno che mai frequentare i corsi di “susciata”.
Ecco che quindi si affidavano ai propri paggi che magari avevano più libertà di indagine, anche perché spesso le mogli lavoravano come massaie a contatto con le nobil donne.
Come immaginerete, il risultato non sempre era dei migliori. Proviamo a riprodurne un esempio, portando in scena ad una festa il nostro caro ed ipotetico conte Venteski.
Conte Venteski: «Marchesina carissima, avrei riconosciuto il vostro profumo in mezzo a mille!». La marchesina Bonaventura intreccia le mani sotto il ventaglio aperto: (ve lo ripeto, dimenticatemi in fretta!). Conte al paggio: «Che ha detto?». Paggio: «Si tratta di un gran peto, odora di aria fritta!».
Conte: «Non era mia intenzione turbarvi, Marchesina. Sono rammaricato. Ditemi voi cosa fare e lo farò…». La marchesina, imbarazzata, apre il ventaglio e si copre subito l’orecchio sinistro: (Mantenete il nostro segreto!). Paggio al conte: «Getterete un vostro peto!» Conte: «Onestamente, non mi aspettavo questo tipo di richiesta. Vorrei comprenderne il motivo. Ma se è quello che volete vi accontenterò. Eccolo!»
Indispettita, la marchesina comincia a sventolarsi velocemente: (Sono fidanzata!). Conte al paggio: «Che ha detto?». Paggio: «Mi sono lanzata!» Conte: «Non volevo questo, marchesina. E adesso, con il cuore in frantumi, mia cara, sparirò per sempre. Concedete solo che il mio sguardo possa annegare dentro il vostro per un’ultima volta…».
Con uno scatto la marchesina si porta il ventaglio nella mano destra: (voi desiderate troppo…). Paggio al conte: «Avete l’occhio storto…».
Il conte Venteski, triste e ferito, se ne va mesto. Ma poco prima di uscire getta un ultimo sguardo verso la marchesina a cui intanto sono diventati gli occhi lucidi. Non è mai facile separarsi. La marchesina si porta il ventaglio alla mano sinistra e lo apre. Forse ha cambiato idea: (avvicinatevi e parlate con me!).
Conte: «Che ha detto?». Paggio al conte: «Affrettatevi, portatemi un bidet!». Conte: «Io vi porterei anche la luna, marchesina. Ma siamo in pubblico… vi prego, offritemi un’alternativa, se mi bramate ancora…».
Il ventaglio, sempre spalancato nella mano sinistra, sale fino a coprire il volto della marchesina: (Sappiate, sono desiderosa di fare la vostra conoscenza…). Paggio al conte: «Optate, vi offro mia zia Rosa oppure mia zia Enza…».
«Non vi capisco, marchesina, perché dovrei preferire loro a voi?» La marchesina disperata si mette a fissare il ventaglio chiuso: (perché non mi capite?). Conte Venteski al paggio: «Che ha detto?». Paggio: «perché hanno l’artrite…».
Beh, a pensarci forse non doveva essere un metodo così infallibile. Forse erano molte di più le incomprensioni.
Nelle giornate di vento mi capita di pensare ancora al signor Venteski. C’è chi dice che lo scirocco lo ha condotto al profondo nord e oggi lavori in una multinazionale di elettrodomestici come ispettore di “ON” montati al contrario. Mai nessuno lo vide più…
Il signor Venteski era un polacco di madre armena e di padre micronesiano che tirava a campare vendendo ventagli sugli autobus, allora non dotati di aria condizionata.
Nessuno sapeva il suo nome reale, lo chiamavano Venteski perché vendendo ventagli vendeva praticamente vento.
Diceva di avere avuto più di 2000 donne nella sua vita, tutte conquistate sugli autobus. Secondo lui esistevano tre tipi di donne: quelle sposate, quelle non sposate e quelle col ventaglio.
«A vera donna può mancare bellezza ma non può mancare ventaglio» ripeteva sovente.
Un giorno, durante una forte ondata di scirocco volò via e nessuno lo vide più.
Crescendo mi appassionai al mondo dei ventagli, pur rimanendo fermamente convinto che la vecchia “camminata a piedi” superasse in gradevolezza i mezzi pubblici. Quello che scoprì è che a Palermo l’uso dei ventagli risaliva addirittura al 1700.
Essendo un oggetto di facile manifattura, ma anche intrigante e utile, divenne in men che non si dica un gadget molto desiderabile, diffondendosi in breve tempo in tutta Europa, su tutte in Francia e Spagna.
Aggiungendo a questo il fatto che quasi per tutto quel secolo, fino agli inizi del ‘800, siamo stati influenzati dalla dominazione borbonica, e che nelle fresche estati siciliane si suda anche l’acqua del battesimo, non è difficile immaginare come questo strumento abbia attecchito totalmente, e oserei dire fisiologicamente, tra nobil donne e ricche borghesi.
A seguito dell’ordinanza del 7 luglio 1784, emanata dall’allora arcivescovo Sanseverino, e di cui ha già parlato la mia collega Maria Oliveri, fu fatto un falò con tutti i ventagli di Palermo perché, a quanto dire, questi riportavano spesso raffigurazioni e/o canzonette francesi oscene. Questo almeno è il motivo ufficiale.
Tuttavia, proprio in quegli anni, in Europa, in Francia, quindi anche in Sicilia, si diffuse un codice segreto (una specie di alfabeto in codice) che collegava gesti e posizioni assunte col ventaglio a determinati significati.
Pare che inizialmente sia stato codificato proprio dai costruttori di ventagli per incrementare le vendite; ad ogni modo è certo che in breve ne nacquero dei corsi sottobanco, che le donne frequentavano a gran richiesta, chiamati dalle nostre parti: “a susciata”.
Imparando questo linguaggio segreto avrebbero potuto così comunicare tra di loro, ma soprattutto con gli amanti senza farsi sgamare dai mariti. Inutile stupirsi: munnu ha stato e munno sarà.
Il codice del ventaglio era composto di 30 posizioni e funzionava pressappoco così:
1) portato alla mano destra: voi desiderate troppo.
2) Alla mano sinistra, aperto: avvicinatevi e parlate con me.
3) Nella mano destra, di fronte al volto: seguitemi.
4) Nella mano sinistra, di fronte al volto: sappiate, sono desiderosa di fare la vostra conoscenza.
5) Intrecciando le mani sotto il ventaglio aperto: ve lo ripeto, dimenticatemi in fretta.
6) Coprire l’orecchio sinistro con il ventaglio aperto: mantenete il nostro segreto.
7) Tracciare linee sulla mano, con il ventaglio chiuso: vi odio.
8) Passarlo sulla guancia: vi amo.
9) Passarlo davanti agli occhi: siete cambiato.
10) Lasciare cadere il ventaglio: possiamo essere solo amici.
11) Sventolare lentamente: sono sposata.
12) Velocemente: sono fidanzata.
13) Fissare il ventaglio chiuso: perché non mi capite?
14) Appoggiato sulla guancia destra: sì.
15) Sulla sinistra: no.
16)Dietro la testa: non mi dimenticate.
17) Tenuto con il mignolo steso: arrivederci.
18) Aprire e chiudere: siete crudele.
19) Aprendolo tutto: aspettatemi.
20) Appoggiato sull’orecchio sinistro: desidero liberarmi di voi.
21) Davanti al volto, chiuso: mi amate?
22) Davanti al volto semiaperto: comunica l’orario in cui vedersi, in base al numero di stecche aperte.
23) Chiuderlo lentamente: voglio sposarvi.
24) Poggiato sul cuore, chiuso: avete conquistato il mio cuore.
25) Chiuso sull’occhio destro: quando ci vedremo?
26) sventolarsi con entrambe le mani: sarò vostra per sempre.
27) Toccare la punta del ventaglio con un dito: desidero parlarvi.
28) Farlo roteare nella mano sinistra: amo un altro.
29) Poggiato alle labbra: baciatemi.
30) Aperto coprendo la bocca: non ho uomo.
Ecco, fin qui tutto perfetto, romanticissimo. Il problema però si presentava, allorché e perché questi “amanti” il più delle volte non potevano conoscere appieno il linguaggio del ventaglio, meno che mai frequentare i corsi di “susciata”.
Ecco che quindi si affidavano ai propri paggi che magari avevano più libertà di indagine, anche perché spesso le mogli lavoravano come massaie a contatto con le nobil donne.
Come immaginerete, il risultato non sempre era dei migliori. Proviamo a riprodurne un esempio, portando in scena ad una festa il nostro caro ed ipotetico conte Venteski.
Conte Venteski: «Marchesina carissima, avrei riconosciuto il vostro profumo in mezzo a mille!». La marchesina Bonaventura intreccia le mani sotto il ventaglio aperto: (ve lo ripeto, dimenticatemi in fretta!). Conte al paggio: «Che ha detto?». Paggio: «Si tratta di un gran peto, odora di aria fritta!».
Conte: «Non era mia intenzione turbarvi, Marchesina. Sono rammaricato. Ditemi voi cosa fare e lo farò…». La marchesina, imbarazzata, apre il ventaglio e si copre subito l’orecchio sinistro: (Mantenete il nostro segreto!). Paggio al conte: «Getterete un vostro peto!» Conte: «Onestamente, non mi aspettavo questo tipo di richiesta. Vorrei comprenderne il motivo. Ma se è quello che volete vi accontenterò. Eccolo!»
Indispettita, la marchesina comincia a sventolarsi velocemente: (Sono fidanzata!). Conte al paggio: «Che ha detto?». Paggio: «Mi sono lanzata!» Conte: «Non volevo questo, marchesina. E adesso, con il cuore in frantumi, mia cara, sparirò per sempre. Concedete solo che il mio sguardo possa annegare dentro il vostro per un’ultima volta…».
Con uno scatto la marchesina si porta il ventaglio nella mano destra: (voi desiderate troppo…). Paggio al conte: «Avete l’occhio storto…».
Il conte Venteski, triste e ferito, se ne va mesto. Ma poco prima di uscire getta un ultimo sguardo verso la marchesina a cui intanto sono diventati gli occhi lucidi. Non è mai facile separarsi. La marchesina si porta il ventaglio alla mano sinistra e lo apre. Forse ha cambiato idea: (avvicinatevi e parlate con me!).
Conte: «Che ha detto?». Paggio al conte: «Affrettatevi, portatemi un bidet!». Conte: «Io vi porterei anche la luna, marchesina. Ma siamo in pubblico… vi prego, offritemi un’alternativa, se mi bramate ancora…».
Il ventaglio, sempre spalancato nella mano sinistra, sale fino a coprire il volto della marchesina: (Sappiate, sono desiderosa di fare la vostra conoscenza…). Paggio al conte: «Optate, vi offro mia zia Rosa oppure mia zia Enza…».
«Non vi capisco, marchesina, perché dovrei preferire loro a voi?» La marchesina disperata si mette a fissare il ventaglio chiuso: (perché non mi capite?). Conte Venteski al paggio: «Che ha detto?». Paggio: «perché hanno l’artrite…».
Beh, a pensarci forse non doveva essere un metodo così infallibile. Forse erano molte di più le incomprensioni.
Nelle giornate di vento mi capita di pensare ancora al signor Venteski. C’è chi dice che lo scirocco lo ha condotto al profondo nord e oggi lavori in una multinazionale di elettrodomestici come ispettore di “ON” montati al contrario. Mai nessuno lo vide più…
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