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In Sicilia si fa un biscottone dai colori patriottici: è il dono dei "morti dispettosi"

Si trovava, e in alcuni casi si trova ancora oggi, dentro "u cannistru", che a volte i cari estinti nascondono dentro casa, dando il via a una caccia al tesoro

Sara Abello
Giornalista
  • 31 ottobre 2022

La sussa di miele

Quando a Bagheria non si aveva idea di cosa fosse Halloween e i dolcetti e scherzetti avevano tutta un’altra connotazione, il dolce tipico della festa di Ognissanti e della commemorazione dei defunti, ma proprio tipico che più di così non si può, era la sussa di miele.

Una specie di biscottone con una glassa dai colori patriottici, inventata, così sembrerebbe, dai pasticceri dello storico Bar Aurora, a dirla tutta più che un bar era un universo parallelo per la vita baariota e che per questa ragione ha meritato anche un’ampia dedica in "Baaria" di Giuseppe Tornatore.

Fu il proprietario, Domenico Cuffaro che, dopo aver lavorato nella storica pasticceria Fabus di Palermo, volle con sè il maestro pasticcere D’Amico per l’apertura, nel settembre del 1937, del Bar Aurora a Bagheria.

Con loro due sembrerebbe essere nato questo tipico dolce, semplice se volete, ma che racchiude in sè tutta la tradizione baariota e che potrebbe derivare, seppur con caratteristiche differenti, da un altro dolce di origine araba - come mi ha raccontato Sebastiano Lo Buglio - memoria storica dell’Aurora, dal momento che iniziò a lavorarvi quando aveva solo 12 anni.
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La sussa era uno di quei dolci doni che i "morti dispettosi" facevano trovare dentro "u cannistru", il cestino che la mattina del 2 novembre i bimbi ricevevano, e in rari casi in cui la tradizione sia sopravvissuta, ricevono ancora oggi, solo se si sono comportati bene tutto l’anno ovviamente, dai cari defunti.

Si tratta di antenati dispettosi perchè, se nei casi più "normali" il cannistru veniva recapitato ai piedi del letto del piccolo, che giustamente non dormiva serenamente la notte prima, sovente capitava che il cestino dai ricchi e dolci doni fosse il premio di una specie di caccia al tesoro in giro per casa.

I bagheresi si sa, vogliono avere il primato su tutto, però la sussa è uno di quei nostalgici vanti che viene sbandierato, a ragione, con un certo orgoglio.

La nostalgia è tanta perchè anche se oggi la si trova ancora senza troppe difficoltà, tra ottobre e novembre, in giro per bar e panifici, sono in tanti a rimpiangere quella del Bar Aurora, considerata unica e irripetibile per il suo gusto.

Credo però forse che la vera "saudade" sia più per l’universo di personaggi che vi gravitava intorno che per la liccumaria in sè. Non ditelo a nessuno perchè figuratevi se lo ammetterebbero mai...«come la facevano o Bar Aurora una sapi fari cchiù nuddu!».

Anche se, la pignoleria di Cuffaro nella scelta degli ingredienti, probabilmente rendeva davvero unico il gusto di ognuna delle preparazioni del suo bar. Pare che ogni anno, a fine estate, i suoi fornitori di mandorle, ingrediente base della sussa, venissero rispettivamente proprio da Baucina e Ventimiglia per informarlo sul quantitativo che erano riusciti a produrre, e procedere con l’ordine per l’autunno successivo...altri tempi e altre contrattazioni sicuramente.

È innegabile che, come ricordo identificativo di generazioni e generazioni, sarebbe bene preservare la memoria unica della sussa che non può essere certo deturpata da sottospecie di rivisitazioni o ricette “ammodernate”, sia mai.

Sarebbe utile anzi riportarla in auge, valorizzandola con delle iniziative calibrate, insieme a sfincione, verdello, buccellato e altre tipicità del nostro territorio.

Avete presente quel “Bagheria Città delle ville e del gusto”, un vero e proprio brand che l’Amministrazione comunale baariota ha più volte ribadito di voler proporre, con il lodevole intento di condurre nella cittadina delle ville il maggior numero di visitatori, turisti fugaci o che invece possano trattenersi per una permanenza più lunga, esteri o di prossimità?

E cosa più delle bontà, in questo caso dolcezze per il palato può condurre ad un tale risultato?! Io faccio parte di una generazione che meno conosce questo tipico dolce rispetto a chi è un po’ più avanti negli anni, oppure, più semplicemente piaceva meno ai miei genitori rispetto a tetù o paste di miele, per cui a casa mia nel periodo della commemorazione dei defunti non si è mai vista.

Ogni casa, si sa, ha le sue tradizioni chiaramente, e quella della sussa è ben più diffusa di quanto credessi. Per colmare la mia ignoranza in merito, ho fatto una capatina in uno dei panifici storici di Bagheria, del resto qui, in campo di panza, dove cadi, cadi comunque bene, per scoprire qualche segreto in più su questo maxibiscottone variopinto e condividerlo con voi.

Nell’indecisione generale, visto che qui ognuno sa il fatto suo, ho scelto di recarmi in uno di quei panifici pluripremiati per lo sfincione bianco, e che quindi di tradizioni baariote d’altri tempi ne sa più di qualcosa. Con non poca sorpresa sono riuscita persino ad avere la ricetta da Maurizio Valenti, dell’omonimo panificio che dal 1887 e ben cinque generazioni, porta avanti l’arte antica della panificazione tradizionale, riuscendo a stare comunque al passo con i tempi.

È stato lui stesso, una volta prese in mano le redini dell’attività di famiglia, a cercare la ricetta per riportare alla luce questa tradizione a cui i baarioti sono molto legati. Certo la sussa non è proprio facilissima da riprodurre in casa, ma tutto sommato un tentativo si può fare, visto che siamo proprio nel periodo dell’anno più giusto.

Io intanto vi dico gli ingredienti da utilizzare così non avrete più scuse... per il resto fate voi.

Ingredienti per l’impasto:
1 kg trito di mandorle
1 kg farina di mandorle
400 gr albume
200 gr miele
800 gr zucchero
500 gr farina 00
aroma di cannella

Per la glassa:
400 gr zucchero fondente
200 gr zucchero semolato colorante alimentare

Impastati tutti gli ingredienti, si creano 3 bastoncini di impasto che vanno poi affiancati e infornati. Una volta cotto il biscottone si procede glassandolo.
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