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In un canyon fra storia e scorci mozzafiato: cosa fare e vedere se andate a Cava d'Ispica

Una lunga lingua di vegetazione ricca di bellezze naturalistiche, necropoli preistoriche ed eremi monastici da scoprire a piedi: ecco l'imperdibile itinerario rupestre

  • 17 ottobre 2020

Una veduta di Cava d'Ispica (foto archivio dei viaggi di turismo responsabile di Palma Nana)

Scavata da millenni di erosione da parte della potenza erosiva dell’acqua, Cava d’Ispica è un suggestivo canyon che si estende per 13 chilometri ed è uno dei maggiori insediamenti rupestri e luoghi più pittoreschi della Sicilia.

Ci troviamo all’interno della provincia di Ragusa in prossimità del mare, la sua lunga gola va da Modica a nord, con il nome di Cava d’Ispica, fino ad Ispica a sud, dove prende il nome di Parco della Forza. Il sito è uno spettacolare susseguirsi di catacombe cristiane, necropoli preistoriche, chiesette, castelli, abitazioni e strutture varie tutte ricavate nella roccia dal Neolitico fino al 1693, annus horribilis del terremoto che sconvolse il sud-est della Sicilia, la cui caratteristica principale è il suo aspetto trogloditico: millenarie costruzioni trogloditiche scavate nel profondo delle gole attraverso il costante dolce scorrere dell’acqua del fiume Pernamazzone.

Dopo il tremendo terremoto del 1693 gran parte della popolazione che abitava la parte sud del sito si trasferì in una nuova città, denominata Spaccaforno, che solo nel 1936 mutò nome in Ispica.
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Raffigurata da tantissimi viaggiatori del passato, Cava d’Ispica fu meta dei viaggiatori in Sicilia durante il Grand Tour nel ‘700 e ‘800 che la descrissero nei loro taccuini di viaggio e attraverso disegni e incisioni. In epoca più recente lo scrittore Gesualdo Bufalino ambienterà una scena del suo celebre romanzo Argo il cieco proprio tra gli anfratti della Cava: “[…] volle venire con noi a Ispica, a visitare la Cava, una valle lunga e magra, bucherellata di grotte antiche e sacelli […]”.

Questo prezioso patrimonio artistico e archeologico è immerso in un ambiente ricco di vegetazione, qui domina la macchia mediterranea con carrubi, olivi selvatici, palme nane, lecci, platani etc. Immaginiamo di percorrere nell’arco di una mattinata questa bellissima area archeo-naturalistica, andando da nord (Modica) verso sud (Ispica): subito all’ingresso la tappa d’obbligo è quella al Caffè del Parco, un paradiso di sapori semplici in cui bisogna assolutamente provare le superlative granite di more, gelsi e fichi della Cava.

Da non sottovalutare il Panino del Contadino, farcito con caciocavallo ragusano (realizzato esclusivamente con il latte della razza bovina autoctona, la Modicana, rara per la scarsa diffusione) e capuliatu (pomodori essiccati al sole e messi sott’olio). In questo piccolo locale è possibile anche acquistare conserve e delizie territoriali, tra cui la memorabile Fava Cottoia di Modica, presidio Slow Food.

All’inizio del percorso incontriamo i ruderi della chiesetta bizantina di S.Pancrati: una delle più antiche del comprensorio ibleo, risalente alla metà del VI secolo d.C., è una chiesa a tre navate costruita con blocchi megalitici. Ci troviamo nei pressi della Contrada Baravitalla (Baravitadda in dialetto), che ospitava l’antico abitato medievale di Isbarha, e occupa l’altopiano roccioso nord della Cava.

Nella zona sono state trovate tracce di capanne e focolai di un villaggio preistorico dell’età del bronzo e soprattutto una millenaria tomba certamente appartenuta a qualche illustre personaggio, caratterizzata da 10 finti pilastrini ricavati ai lati dell’ingresso. Adiacente a quest’ultima si trova la Grotta dei Santi, di probabile epoca bizantina con affreschi di 36 santi.
Poco distante si trova un sito di notevole interesse che è la catacomba paleocristiana della Larderia, con un’estensione di oltre 500 mq, particolarmente imponente per il numero di sepolture (464 tombe).

Proseguendo dalla Larderia per circa 400 metri verso sud-est si incontra la Grotta della Signora, fonte d’acqua sacra di origini antichissime, le cui pareti ospitano graffiti incisi su lapidi di calcare di epoca preistorica e paleocristiana. Oltre, invece, si trova la chiesetta rupestre di San Nicola (XIII-XIV secolo), con i resti di 5 affreschi devozionali tra cui spicca, sulla parete sinistra un affresco che rappresenta una “Madonna con il Bambino”.

I complessi trogloditici delle Grotte di Santa Maria, con la chiesa rupestre, straordinariamente articolata su due livelli, presentano nelle pareti resti di tracce pittoriche e fa parte di un gruppo di escavazioni, che probabilmente sfruttavano ambienti paleocristiani. Proseguendo si trova il grosso complesso trogloditico delle Grotte Cadute, che si sviluppa almeno su cinque livelli, e la Spezieria, che consiste di una grande sala a pianta quadrangolare con le pareti che presentano decine di incavi che fanno pensare a mensole e ripostigli dove collocare e sistemare ordinatamente vasi e contenitori di unguenti, creme, pozioni d’erbe di varia natura.

Una buca scavata nella roccia calcarea del pavimento ha fatto pensare a una specie di mortaio, tanto da indurre qualche studioso a ipotizzare che il sito fosse adibito a una specie di farmacia, da cui il nome appunto di “spezieria”, come è denominata in dialetto. Sullo stesso fianco della Cava si può visitare il Salinitro, uno dei complessi più suggestivi che offre alla vista del visitatore altri sepolcri e grotte le une sulle altre, in parte crollate.

A questo punto ci troviamo nella parte centrale della Cava, tra le alte pareti del canyon, in un ambiente di altissima suggestione, si arriva al cosiddetto Castello. Si tratta di una monumentale opera trogloditica: una altissima parete calcarea a strapiombo, formata da quattro piani collegati fra loro da scale interne, con incavi per l’arrampicata, e da scale esterne il cui crollo ha messo allo scoperto gli ultimi piani. Gli ambienti sono quasi tutti di forma rettangolare o quadrata con nicchie alle pareti e quasi tutti prendono luce da un corridoio che si sviluppa lungo la parete esterna.

A breve distanza dal Castello si trova il sito rupestre della Capreria, l’insediamento è scavato nella parete su cinque piani, dei quali è possibile visitare solo i piani più bassi. Proseguendo lungo il corso inferiore della vallata fluviale, ci si imbatte in quello che viene denominato il Convento: ricavato in un sito assolutamente quasi inaccessibile, il Convento si presenta come un complesso aperto nel vivo di una parete ripida sulla sponda della Cava Ispica.

Nel piano superiore è visibile un corridoio sul quale si aprono stanzette piccolissime, rettangolari o quadrate, somiglianti a vere e proprie cellette monacali. La supposizione che possa trattarsi di un “monasterion” è avvalorata dal piccolo oratorio rupestre, intitolato a Santa Alessandra, ricavato a brevissima distanza dal Convento e costituito da due ambienti separati.

Nel primo si distinguono, dentro una cornice scura, i resti di un affresco che con molta probabilità raffigurava la Santa; il secondo, di dimensioni più piccole, presenta un pavimento roccioso nel quale si trova una buca circolare per la raccolta d’acqua. Quest’acqua ricca di zolfo, oggi come un tempo, è ritenuta miracolosa per guarire le malattie della pelle. È tradizione antica che per ottenere la guarigione sia necessario lasciare sul posto un indumento personale.

Eccoci giunti nel Parco della Forza, nella parte meridionale della Cava. Il toponimo attuale della località, “Forza”, deriva da Fortilitium, ossia “piccola fortezza”. Sullo sperone roccioso sorgeva infatti la dimora fortificata dei feudatari della famiglia Statella; ai piedi del castello, nella cava vera e propria, si trovava invece l’antico abitato di Spaccaforno.

L’Antiquarium del parco ospita reperti tra la prima metà del bronzo e il 1693 trovati in loco. Nell’area della fortezza, nella parte più alta del canyon, vi era un immenso castello difeso dagli strapiombi naturali e da un fossato che si poteva superare tramite un ponte levatoio, si entrava attraverso un grande portale di legno fiancheggiato da altre due porte più piccole.

Oggi non restano che poche mura che resistettero al terremoto ma è interessante da visitare la scuderia, un’enorme grotta dove venivano custoditi i cavalli del Fortilitium. Vi sono ancora le mangiatoie ricavate nella roccia e gli occhielli per legarvi gli animali, conserva anche resti di graffiti equestri.

Altro luogo affascinante che ricade in questa zona è il sito Centoscale: è un tunnel a sezione rettangolare con 280 gradini scavati nella roccia con piano fortemente inclinato. Probabilmente si tratta di un profondo pozzo anticamente utilizzato per rifornirsi d’acqua, cento schiavi (da cui il nome) appostati lungo la scala raccoglievano l’acqua che filtrava dal letto del fiume e la passavano nei secchi fino in superficie. E’ sicuramente un’opera unica nel panorama delle escavazioni rupestri. Sempre nella zona archeologica della Forza, si possono ammirare i resti del Palazzo Marchionale (XV sec.), che fu una sontuosa dimora, e dell'antica chiesa dell'Annunziata.

Alla fine del percorso, fuori dal parco (per visitarla chiedere ai custodi), si trova Santa Maria della Cava, chiesetta rupestre con resti di affreschi stratificati. Si trova nel fondo della valle ed era la chiesa dell’abitato di Spaccaforno; nel periodo normanno-svevo fu dipinta la Madonna col Bambino (“Basilissa”, ossia “Regina seduta in trono”) effigiata nella lunetta. Proprio di fronte la chiesa si trova una Conceria (cunziria in siciliano) dove venivano lavorate le pelli degli animali e che erano molto comuni in Sicilia, a ridosso dei fiumi.

La Cava è percorribile a piedi tutti i giorni dell’anno, tranne in caso di pioggia, senza pagare un biglietto d’ingresso. In ogni caso si consiglia di chiamare prima i numeri telefonici informativi della Soprintendenza: 0932-952608 / 0932-771667. Se si vogliono visitare anche le aree archeologiche del Parco Forza e di Cava d’Ispica: l’orario è tutti i giorni dalle 9 alle 13,15.
Prima di lasciare questo splendido luogo non si può fare a meno di fermarsi al ristorante Casiraro, che si trova proprio sopra la Cava in aperta campagna.

I piatti imperdibili sono: la pasta Filicudi con finocchietto selvatico, datterino e filetti di triglia con mollica di pane tostato; trofie al pesto di pistacchio, melanzana fritta e pancetta affumicata e lo spiedone di carne mista con salsa alle noci.
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