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La Chiesa Madre e la sua "sacra coperta": la città di Sortino tra antichi simbolismi e tradizione

L'antico borgo è stato completamente raso al suolo dal terremoto del 1693 insieme a 700 chiese e 250 monasteri di tutta la Sicilia orientale e fu impossibile ricostruire sulle macerie

  • 4 luglio 2021

Il Sagrato e la Chiesa madre di Sortino

Nell'entroterra siracusano, situata fra i Monti Iblei e circondata da profonde vallate, si trova la città di Sortino: tesoro di storia, bellezze naturali ed architettoniche.

Sorge ad un'altitudine di 424 metri sul livello del mare, su una terrazza rocciosa. La sua storia è indissolubilmente legata al celebre sito della necropoli di Pantalica (XIII sec. a.C.), che ricade sul suo territorio, ed è quindi situata nell'alta valle dell'Anapo.

L'antico borgo è stato completamente raso al suolo dal terremoto del 1693 insieme a 700 chiese e 250 monasteri di tutta la Sicilia orientale, si scelse quindi di abbandonare il sito per l'impossibilità di ricostruire sulle macerie.

Il nuovo paese fu interamente ricostruito più in alto, sulla sommità della collina Cugno del Rizzo, secondo un assetto urbanistico tipico della città di nuova fondazione: a schema reticolato e con due direttrici perpendicolari l’una all’altra (oggi Corso Umberto I e via Libertà) che, nel loro punto d'intersezione, davano luogo alla piazza ottagonale Quattro Canti, ancora oggi cuore pulsante del paese.
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Il celebre miele di Sortino è senza dubbio il suo prodotto alimentare più noto: viene prodotto presso il territorio sortinese dall'epoca in cui gli Arabi, durante la loro occupazione della Sicilia, insegnarono agli abitanti del luogo come produrlo. Sortino è per l’appunto definita “la città del miele” per la sua eccellente produzione.

Ma questa cittadina vanta un’altra particolarità, il sagrato della Chiesa Madre. L'architetto Michelangelo Alessio disegnò il primo progetto della Chiesa Madre, dedicata a San Giovanni Evangelista (1734- 1759), e con essa il sagrato.

Su un piazzale lastricato magistralmente con ciottoli di fiume bianchi e neri e delimitato da pilastri quadrangolari sormontati da grosse anfore, si erge questa chiesa, la cui facciata in stile barocco, presenta tre nicchie contenenti le statue di San Giovanni, Mosè ed Elia e un portone centrale affiancato da due coppie di colonne tortili. L'interno è a tre navate delimitate da grossi pilastri che confluiscono in un luminoso transetto su cui è impostata la cupola.

Ma torniamo al vero gioiello di questo luogo: il termine sagrato viene dal latino "sacratum" ("spazio consacrato") ed è appunto il luogo sacro che sta davanti alla chiesa e che serviva in passato anche da rifugio.

Il sagrato della Chiesa Madre di Sortino, iniziato nel 1774 e finito 10 anni dopo, rappresenta l'elemento simbolo dell'intera comunità sortinese perché racchiude in sé la tradizione e la religiosità.

Ricorda infatti i disegni tipici delle coperte che anticamente venivano lavorate dalle sapienti mani delle donne sortinesi (“vancali”) e che si mettevano ai piedi del letto, nello stesso tempo le decorazioni geometriche svelano un sistema cifrato di elementi simbolici in cui la comunità ha trasferito e riposto la propria identità e le proprie speranze di continuità.

Il sagrato, quindi, può essere accostato all'immagine metaforica di una sacra coperta ai piedi della Chiesa Madre: è un ciottolato, cioè un insieme di pietre di vari colori raccolte dagli abitanti di Sortino dal fiume Anapo e trasportate al paese dagli stessi sortinesi. In realtà possiamo dire che erano le donne sortinesi che, andando a lavare i panni al fiume, raccoglievano delle pietre di forma e dimensione ben precise. Le pietre potevano essere posizionate di testa verso l’alto, a coltello, di piatto e a spina di pesce. Anticamente il sagrato era recintato in tutto il suo perimetro, mentre oggi possiamo trovare solo dei pilastri sormontati da pigne che simboleggiano l’abbondanza.

Il sagrato, come già detto, è un simbolo religioso: negli scalini d'entrata possiamo trovare dei fiori a quattro punte (simbolo di purezza) che servivano ad allontanare gli spiriti malvagi davanti alla chiesa e nella parte superiore; davanti all'ingresso si trova una grande stella a otto punte con due corone ai lati che sono disposte come raggi solari.

I ciottoli sono disposti a formare disegni geometrici dove si distinguono triangoli (simbolo della trinità) che messi insieme formano le losanghe, linee zig zag, rombi, calici sormontati da forme circolari, disegni a forma di x (forse a simboleggiare il nome di Cristo): identificati come occhio apotropaico o simbolo femmineo di fertilità.

Infatti le decorazioni geometriche svelano un sistema cifrato di elementi simbolici, ripetuti come in un mantra, invocanti alla fertilità e facenti riferimento al linguaggio iconografico arcaico sviluppatosi attorno al culto preistorico della Dea Madre (la Vergine Maria), divinità generatrice venerata nell’intero bacino del Mediterraneo, la cui venerazione spesso in questi luoghi supera quella per il Cristo stesso.

Ogni spazio sacro necessita di un elemento fisico che ne permetta l'isolamento, la separazione dalla vita terrena, che lo preservi dalla contaminazione del caos. Nelle culture nomadi arcaiche, lo spazio sacro della preghiera era compresso, per ragioni pratiche, nella scala individuale del tappeto, capace di isolare l'uomo dal terreno.

Nella sua dilatazione scalare, come lo era il tappeto per l'unità, il sagrato rappresenta l'elemento di determinazione sacra per l'intera comunità, che in esso si identifica. Qui, più che altrove, tutto questo trova compimento in una mirabile opera.
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