CULTURA

HomeNewsCultura

La Discesa dei giudici di Palermo: questo nome curioso che viene (forse) da un errore

A dare il nome alla stradella c'è più di una storia curiosa: alcune risalgono alla dominazione spagnola e altre parlano di furti, condanne ingiuste, famiglie nobili e reali

Balarm
La redazione
  • 1 febbraio 2019

Una foto storica di Discesa dei Giudici a Palermo

Oggi la Discesa dei giudici, piccola strada vivace e pedonale, è diventata punto di ritrovo di turisti e palermitani che in tutte le ore della giornata si alternano tra i tavolini e gli sgabelli dei pochi locali che la animano.

Un tempo invece questa strada, che da piazza Bellini porta a via Roma e che si trova a pochi passi dal Palazzo di città, era chiamata calata dei giudici. E non solo per la sua pendenza. La strada, infatti, probabilmente si trovava vicino a un palazzo (oggi non più esistente), all’angolo tra via Maqueda e piazza Bellini, che dopo il 1636 era stata sede della Corte Pretoriana.

Prima di allora invece i giudici palermitani, nei secoli XIII e XIV, si riunivano nell’atrio della chiesa Santa Maria dell’Ammiraglio, conosciuta come la Martorana dal nome della sua fondatrice, la nobildonna Eloisa Martorana, mentre successivamente, dal 1550, la Corte iniziò a riunirsi nel nuovo palazzo comunale, fino al 1636 quando la Corte fu spostata in un altro palazzo. La corte venne soppressa nel 1816.
Adv
Ma c’è anche un’antica leggenda che narra un’altra storia e risale alla denominazione spagnola dell’isola e all’ascesa al trono di Spagna di Carlo V. Secondo questo racconto, infatti, i giudici della Corte commisero un fatto grave emettendo, appunto, una condanna ingiusta.
I condannati e le loro famiglie però, non contenti del verdetto, si rivolsero direttamente al re sperando nella sua comprensione.

Carlo V dopo attenta riflessione accolse inaspettatamente la richiesta: da Madrid arrivò un ordine feroce quanto inatteso. I giudici, condotti a forza sulla strada, furono giustiziati e i loro cadaveri furono trascinati lungo la discesa che oggi appunto porta il loro nome.

Ma quale errore avevano commesso i giudici di Palermo? Sempre secondo questa leggenda, una nobile famiglia palermitana dopo tanti anni di attesa finalmente ebbe un figlio ma, purtroppo, la coppia morì di là a poco. Il bambino venne quindi affidato alle cure di un abate, che prese per intero la sua eredità.

L’abate, una volta entrato in possesso dei beni della famiglia, non perse tempo: licenziò la nutrice e affidò, dietro piccolo compenso, il piccolo a una mugnaia.

Una volta diventato adulto, il ragazzo lasciò la casa della mugnaia per andare alla ricerca delle proprie origini.

Il giovane nel suo peregrinare incontrò un chiavettiere che, conosciuta la sua storia, decise di adottarlo e di aiutarlo a riappropriarsi di quel che gli era stato tolto ingiustamente.

Una volta recuperate le carte che dimostravano le sue origini, il ragazzo decise di portare davanti ai giudici l’abate. Ma il giovane nobile non aveva però fatto i conti con l’abate che, grazie alle sue influenze e alle sue ricchezze, riuscì comunque a corrompere i giudici e ad ottenere così il loro favore.

Nonostante i vari ricorsi la causa sembrava ormai persa, ma il ragazzo non si perse d’animo. Lasciò Palermo per andare in Spagna, direttamente dal Re, a chiedere giustizia.

Il Re sconcertato dalla notizia decise di andare a Palermo, travestito da abate, per assistere ad un’altra udienza del processo e proprio quando i giudici stavano per emettere il verdetto si spogliò delle vesti, tra lo stupore di tutti, facendosi riconoscere.

A quel punto, il Re fece arrestare i giudici condannandoli a morte. A esecuzione avvenuta ordinò che i corpi venissero trascinati per una strada, l’odierna discesa dei giudici.

Ovviamente non sapremo mai se questa storia è vera, ma quel che è certo è che c’è una data che potrebbe aver dato vita a questa storia: il 1535.

Quell’anno, infatti, dopo l’impresa di Tunisi, Carlo V si recò davvero a Palermo, senza avvisare nessuno, per controllare come fosse amministrata la giustizia.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.
...e condividi questo articolo sui tuoi social:

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI