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La prima grande mostra di Palermo Capitale della Cultura: la Caravaggesca a villa Zito

Fino al 10 giugno la Fondazione Sicilia - nella sua sede di Villa Zito a Palermo - ospita la mostra dedicata ai pittori “caravaggeschi” che hanno operato in Italia

  • 12 febbraio 2018

Matthias Stom (Annuncio della nascita di Sansone a Manoach e alla moglie)

Da Ribera a Giordano e nel mezzo Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Bartolomeo Manfredi, Carlo Saraceni, Valentin de Boulogne, solo per citare alcuni tra i grandi interpreti che hanno accolto nella loro pittura la profonda influenza di Caravaggio, seguendone lo stile e ispirandosi alla sua opera.

Da sabato 17 febbraio, e prorogata fino al 24 giugno, la Fondazione Sicilia - nella sua sede di Villa Zito in via della Libertà a Palermo - presenta la mostra dedicata ai pittori "caravaggeschi" che hanno operato nell’Italia centromeridionale nel Seicento e nel primo Settecento. La mostra è organizzata da Civita Mostre e Civita Sicilia, promossa dalla Fondazione Sicilia e dalla Fondazione Roberto Longhi e curata da Maria Cristina Bandera.

"Da Jusepe de Ribera a Luca Giordano", come annuncia il titolo, per sintetizzare quella corrente pittorica nata tra il Sedicesimo e il Diciassettesimo secolo che prese avvio dagli schemi artistici introdotti da Michelangelo Merisi, detto il "Caravaggio".

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Ma Caravaggio, che è noto anche per il suo temperamento irrequieto e la sua incapacità di adattarsi alle regole, contrasta con l’idea tradizionale di “scuola”.

Egli infatti non ebbe mai dei veri e propri allievi, ma con le sue sconvolgenti e rivoluzionarie innovazioni riuscì ad attirare un numero di artisti senza precedenti, accomunati dalla diffusione di alcune sue invenzioni tecniche ed iconografiche. I suoi seguaci, emulatori, devoti, con le loro opere riescono ad offrirci una efficace esemplificazione dei percorsi e dei traguardi delle opere del maestro lombardo, oltre a rinforzare il significato storico della sua pittura.

Dalla resa di una realtà autentica, attraverso l'uso di forti contrasti di luci e ombre, fino alla riproduzione viva di scene con personaggi o nature morte, rappresentate su sfondi monocromi e scurissimi, illuminate da squarci di luce improvvisa, teatrale, a tratti violenta.

La mostra, organizzata da Civita Sicilia, aprirà uno spaccato su questa realtà, e la maggior parte delle opere che vedremo provengono dalla Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze, avvalendosi inoltre della cura del suo direttore scientifico Maria Cristina Bandera.

La Fondazione custodisce il lascito di quello che è stato il più importante storico dell’arte italiano del Novecento: Roberto Longhi (Alba 1889 - Firenze 1970), critico d’arte per eccellenza, tra le personalità più affascinanti della storia dell’arte del XX° secolo e tra i massimi protagonisti della cultura italiana.

Ma a lui dobbiamo soprattutto la riscoperta e la promozione di Caravaggio dopo l’oblio ottocentesco: alla sua pittura e quella dei suoi seguaci Roberto Longhi ha infatti dedicato una vita di studi, a partire dalla tesi di laurea discussa nel 1911 con Pietro Toesca all’Università di Torino.

All’epoca si trattò di una scelta pioneristica, che andò anche contro il parere del suo relatore, in quanto allora Caravaggio era uno dei pittori meno conosciuti dell’arte italiana. Ma il giovane Longhi seppe riconoscere da subito la portata rivoluzionaria del maestro, che lui intende come il primo pittore dell’età moderna e non come l’ultimo del Rinascimento:

"Caravaggio sarà piuttosto il primo pittore dell’età moderna [...]. Il pubblico cerchi dunque di leggere "naturalmente" un pittore che ha cercato di essere ‘naturale’, comprensibile; umano più che umanistico; in una parola, popolare".

Oltre al contributo teorico inestimabile, Longhi fu anche un magnanimo e lungimirante collezionista, e nella sua dimora fiorentina di Villa Il Tasso, oggi sede della Fondazione che porta il suo nome, raccolse un numero notevole di opere dei maestri di tutte le epoche, che furono per lui occasione di ricerca e approfondimento.

Tra queste il nucleo più importante e significativo è senza dubbio quello che comprende le opere del Caravaggio e dei caravaggeschi, formatosi attorno al Ragazzo morso da un ramarro, da lui acquistato verso il 1928.

Storico dell’arte, studioso, collezionista e grande occhio critico, dalla sua collezione emerge tutto questo, e la mostra va letta dunque in questa particolare accezione, alla luce della sua straordinaria capacità di aver saputo leggere in questi pittori la grande attualità e modernità.

La mostra si apre con il capolavoro di Valentin de Boulogne, la Negazione di Pietro, che rappresenta un eccezionale esempio della cosiddetta “manfrediana methodus”, quella particolare declinazione del caravaggismo che è stata messa in opera da Bartolomeo Manfredi.

La monumentale tela, recentemente esposta al Metropolitan Museum of Art di New York e al Museo del Louvre di Parigi, raffigura un soggetto caro a tutti i caravaggeschi: l’ambientazione della scena è infatti un preciso riferimento alla famosa Vocazione di San Matteo di Caravaggio, nella chiesa di San Luigi dei Francesi di Roma.

Tra i grandi capolavori del primo caravaggismo spicca una serie di cinque tele raffiguranti gli Apostoli, in origine parte di una serie completa, del giovane Jusepe de Ribera e la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo. Nel David con la testa di Golia di Giovanni Lanfranco l’espressività caravaggesca si abbina felicemente alla poetica degli affetti.

Inclinazione verso soggetti misteriosi e bizzarri dimostra la Vanità di Angelo Caroselli, una delle migliori opere dell’artista, con possibili significati alchemici. Nei due Paesaggi riferibili rispettivamente a Filippo Napoletano e a Viviano Codazzi si vedono le trasposizioni delle novità caravaggesche nel genere di paesaggio con un Bivacco notturno di grande effetto drammatico del primo artista e, del secondo, la Torre di san Vincenzo a Napoli (restaurata per l’occasione) contraddistinta da forti contrasti chiaroscurali.

Il profondo radicamento dell’esempio del Caravaggio nell’arte napoletana è attestato dal David di Andrea Vaccaro (anch’esso restaurato per l’occasione) e dal drammatico San Girolamo del Maestro dell’Emmaus di Pau.

Diversamente, l’Assunzione della Vergine di Antonio De Bellis, contraddistinta dalla minuziosa preziosità della tecnica esecutiva, dimostra la tendenza verso uno schiarimento della tavolozza che si verifica nell’arte napoletana nei decenni centrali del Seicento.

Nelle opere di Matthias Stom, a lungo attivo in Sicilia, si vede materializzarsi una perfetta sintesi tra la cultura nordica di partenza - legata al caravaggismo olandese - e la pittura italiana.

Il percorso prosegue con due capolavori di Mattia Preti - l’artista che più di ogni altro pittore contribuì al mantenere fino alla fine del Seicento la vitalità della tradizione caravaggesca.

La mostra comprende inoltre due capolavori di Natura morta, particolarmente variegata e ricca nella pittura napoletana, per la prima volta esposti al pubblico - la scenografica Natura morta di pesci di Giovan Battista Recco e la più quotidiana Natura morta di Tommaso Realfonzo, firmata e datata 1737.

Vengono poi presentati i capolavori della pittura di figura del Settecento appartenenti a due differenti correnti stilistiche - quella di pittura di respiro aulico, come Lucrezia e Cleopatra di Francesco Solimena e San Gaetano intercede per la cessazione della peste di Alessio D’Elia, e quella naturalistica esemplificata dall’irriverente Fantesca di Gaspare Traversi.

Nel percorso espositivo sono infine presentate quattro opere di alto valore artistico appartenenti alle Fondazione Sicilia. Si tratta di due grandi tele di Luca Giordano, artista che traghetta l’arte napoletana dal naturalismo di Ribera verso la pittura più chiara e leggera del Settecento, rappresentato da una drammatica Giuditta e da un monumentale quadro mitologico con Nettuno e Anfitrite.

Altre due opere della Fondazione palermitana sono Cristo e la samaritana di Mattia Preti e Salomone e la regina di Saba di Francesco Solimena che si accostano alle tele degli stessi artisti presenti nella collezione Longhi.

Il biglietto di ingresso, che comprende anche la visite alle collezioni permanenti di Villa Zito, costa 10 euro (intero), 8 euro (ridotto per gruppi e apposite convenzioni), 4 euro (ridotto speciale Ridotto per minori di 18 anni e scuole). Ingresso gratuito per minori di 6 anni, insegnanti accompagnatori, disabili, guide turistiche con patentino, giornalisti accreditati.

La mostra è aperta dal martedì al giovedì dalle ore 10 alle 17, venerdì, sabato, domenica e festivi invece dalle 10 alle 19. Per informazioni chiamare il numero 091.7657621 o visitare il sito web dedicato all'esposizione.

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