La Sicilia del vino e del latte in ginocchio per il caldo e la siccità: le previsioni di Coldiretti
La carenza di acqua danneggia le produzioni, soprattutto nelle province di Trapani e Agrigento. L'analisi del presidente Francesco Ferreri: nessun aiuto dai dissalatori

Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia
Carenza di acqua e caldo sono alleati contro l'agricoltura. In Sicilia si contano i danni e si aggiungono a quelli registrati negli ultimi due anni. Il settore vitivinicolo è certamente quello più colpito, ma anche gli allevatori si leccano ancora le ferite.
Il presidente di Coldiretti Sicilia Francesco Ferreri si muove tra la preoccupazione di un comparto in sofferenza e la speranza che la situazione possa migliorare. E dopo il disastro dello scorso anno è lecito attendersi segnali di ripresa.
«Il 2024 è stato drammatico per colpa della siccità che si trascinava già dall'anno precedente - commenta Ferreri - il 2025 è un'annata diversa. Sono tornate le piogge, anche in modo importante, sebbene abbiano riguardato soprattutto la Sicilia orientale e meno quella occidentale».
Le province di Trapani e Agrigento, per esempio, sono più in difficoltà di altre zone della Sicilia. Colpa soprattutto della scarsa disponibilità di acqua. «Nella Sicilia occidentale ci sono state meno precipitazioni, un fattore che si è aggiunto ad una situazione già complicata», aggiunge il presidente di Coldiretti.
Si pensi alla diga Trinità, nella zona di Castelvetrano, delle cui sfortune si è discusso a lungo in tutta Italia. La chiusura dell'invaso da parte del ministero delle Infrastrutture per ragioni di sicurezza e mancato collaudo ha portato alla perdita di milioni di litri di acqua.
«I bacini della Sicilia occidentale si sono riempiti meno rispetto al versante orientale dell'Isola - spiega Ferreri - quindi quei 3 milioni di metri cubi di acqua sversata in mare dalla diga Trinità sarebbero stati fondamentali dando la possibilità di irrigare i campi».
A causa dell'ondata di caldo di questo inizio estate e delle caranze idriche, ci sono colture oggi in grandissima sofferenza. E l'allarme è arrivato anche in Parlamento con l'audizione alla Camera del capo del Dipartimento della protezione civile Fabio Ciciliano che ha definito "critica" la situazione in Sicilia.
E le aziende rischiano il collasso. «Fra tutti i settori - spiega Ferreri - è quello vitivinicolo ad aver subito i danni maggiori negli ultimi due anni. Quasi il 46 per cento della produzione è andata persa».
E all'orizzonte c'è anche il ritorno della peronospora sotto la spinta delle alte temperature e delle piogge. «Sono stati individuati focolai - dice Francesco Ferreri -, al momento però è difficile fare stime e previsioni».
Se per i vigneti si è sfiorato il dramma, per gli altri settori c'è qualche speranza in più. «L'andamento climatico per il comparto olivicolo è stato buono, c'è da capire se e quanto il deficit idrico possa infierire sulla produzione dopo due anni di perdite. Ortaggi? Anche qui sulla quantità si è perso qualcosa, ma la qualità è buona».
Sul fronte degli agrumeti Ferreri è ottimista. «Nel Catanese le piogge sono state abbondanti, nella Sicilia orientale le dighe hanno una buona disponibilità e in quella di Lentini sono stati fatti dei lavori che l'hanno resa più efficiente. Resta il problema della distribuzione per cattiva manutenzione delle reti».
In sofferenza invece la zona di Ribera dove è piovuto meno e la disponibilità di acqua è inferiore rispetto a province come quella di Catania o Siracusa, come spiega lo stesso Ferreri.
La crisi degli ultimi due anni ha stroncato il comparto zootecnico che ha perso buona parte dei capi con conseguenze nella produzione di latticini. E sono ancora nitide le immagini delle capre che l'anno scorso bevevano fango nel cuore della Sicilia all'asciutto.
«Bisogna ripristinare quel potenziale produttivo che è riconosciuto in tutta Italia. Per fortuna la produzione di foraggio è stata buona sia per quantità che qualità», aggiunge il presidente di Coldiretti.
Una mano arriva dagli stanziamenti disposti sia dal governo nazionale che regionale. Entro il 31 dicembre 2025 saranno erogati 35 milioni di euro alle aziende agricole siciliane che nel 2024 hanno subito un danno economico a causa della siccità.
Diciotto milioni saranno destinati al comparto agrumicolo, 11 milioni al comparto dell’olivo e 6 milioni a quelli del mandorlo e del pistacchio. «I contributi erogati sicuramente non sono sufficienti e coprire i danni incredibili - commenta Ferreri -, ma sono un segnale importante per dare coraggio e ottimismo alle aziende».
Che futuro, dunque, in Sicilia? I 21 milioni arrivati da Roma per far partire i dissalatori, secondo il presidente di Coldiretti non porteranno benefici nelle campagne. «Potrebbero essere un aiuto a contrastare l'emergenza per uso civile, in agricoltura avrebbero un impatto economico troppo alto».
Alternative? «Ritengo più utili altre soluzioni, come i nuovi sistemi di depurazione delle acque reflue che in campagna potrebbero avere grande utilità». E la riforma dei consorzi di bonifica? «È ben fatta, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche perché consente di rientrare in un sistema di gestione normale, come nel resto d'Italia. Ne valuteremo gli effetti».
Il presidente di Coldiretti Sicilia Francesco Ferreri si muove tra la preoccupazione di un comparto in sofferenza e la speranza che la situazione possa migliorare. E dopo il disastro dello scorso anno è lecito attendersi segnali di ripresa.
«Il 2024 è stato drammatico per colpa della siccità che si trascinava già dall'anno precedente - commenta Ferreri - il 2025 è un'annata diversa. Sono tornate le piogge, anche in modo importante, sebbene abbiano riguardato soprattutto la Sicilia orientale e meno quella occidentale».
Le province di Trapani e Agrigento, per esempio, sono più in difficoltà di altre zone della Sicilia. Colpa soprattutto della scarsa disponibilità di acqua. «Nella Sicilia occidentale ci sono state meno precipitazioni, un fattore che si è aggiunto ad una situazione già complicata», aggiunge il presidente di Coldiretti.
Si pensi alla diga Trinità, nella zona di Castelvetrano, delle cui sfortune si è discusso a lungo in tutta Italia. La chiusura dell'invaso da parte del ministero delle Infrastrutture per ragioni di sicurezza e mancato collaudo ha portato alla perdita di milioni di litri di acqua.
«I bacini della Sicilia occidentale si sono riempiti meno rispetto al versante orientale dell'Isola - spiega Ferreri - quindi quei 3 milioni di metri cubi di acqua sversata in mare dalla diga Trinità sarebbero stati fondamentali dando la possibilità di irrigare i campi».
A causa dell'ondata di caldo di questo inizio estate e delle caranze idriche, ci sono colture oggi in grandissima sofferenza. E l'allarme è arrivato anche in Parlamento con l'audizione alla Camera del capo del Dipartimento della protezione civile Fabio Ciciliano che ha definito "critica" la situazione in Sicilia.
E le aziende rischiano il collasso. «Fra tutti i settori - spiega Ferreri - è quello vitivinicolo ad aver subito i danni maggiori negli ultimi due anni. Quasi il 46 per cento della produzione è andata persa».
E all'orizzonte c'è anche il ritorno della peronospora sotto la spinta delle alte temperature e delle piogge. «Sono stati individuati focolai - dice Francesco Ferreri -, al momento però è difficile fare stime e previsioni».
Se per i vigneti si è sfiorato il dramma, per gli altri settori c'è qualche speranza in più. «L'andamento climatico per il comparto olivicolo è stato buono, c'è da capire se e quanto il deficit idrico possa infierire sulla produzione dopo due anni di perdite. Ortaggi? Anche qui sulla quantità si è perso qualcosa, ma la qualità è buona».
Sul fronte degli agrumeti Ferreri è ottimista. «Nel Catanese le piogge sono state abbondanti, nella Sicilia orientale le dighe hanno una buona disponibilità e in quella di Lentini sono stati fatti dei lavori che l'hanno resa più efficiente. Resta il problema della distribuzione per cattiva manutenzione delle reti».
In sofferenza invece la zona di Ribera dove è piovuto meno e la disponibilità di acqua è inferiore rispetto a province come quella di Catania o Siracusa, come spiega lo stesso Ferreri.
La crisi degli ultimi due anni ha stroncato il comparto zootecnico che ha perso buona parte dei capi con conseguenze nella produzione di latticini. E sono ancora nitide le immagini delle capre che l'anno scorso bevevano fango nel cuore della Sicilia all'asciutto.
«Bisogna ripristinare quel potenziale produttivo che è riconosciuto in tutta Italia. Per fortuna la produzione di foraggio è stata buona sia per quantità che qualità», aggiunge il presidente di Coldiretti.
Una mano arriva dagli stanziamenti disposti sia dal governo nazionale che regionale. Entro il 31 dicembre 2025 saranno erogati 35 milioni di euro alle aziende agricole siciliane che nel 2024 hanno subito un danno economico a causa della siccità.
Diciotto milioni saranno destinati al comparto agrumicolo, 11 milioni al comparto dell’olivo e 6 milioni a quelli del mandorlo e del pistacchio. «I contributi erogati sicuramente non sono sufficienti e coprire i danni incredibili - commenta Ferreri -, ma sono un segnale importante per dare coraggio e ottimismo alle aziende».
Che futuro, dunque, in Sicilia? I 21 milioni arrivati da Roma per far partire i dissalatori, secondo il presidente di Coldiretti non porteranno benefici nelle campagne. «Potrebbero essere un aiuto a contrastare l'emergenza per uso civile, in agricoltura avrebbero un impatto economico troppo alto».
Alternative? «Ritengo più utili altre soluzioni, come i nuovi sistemi di depurazione delle acque reflue che in campagna potrebbero avere grande utilità». E la riforma dei consorzi di bonifica? «È ben fatta, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche perché consente di rientrare in un sistema di gestione normale, come nel resto d'Italia. Ne valuteremo gli effetti».
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