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La storia di Thomas De Todaro alias Frà Diavolo: chi furono i primi "pentiti" in Sicilia

Sulla scia del "primo" pentitismo si intrecciano anche le vite e le sorti di due frati scorridori: l'Agostiniano Frà Diego La Matina e il Domenicano Frà Diavolo

  • 15 marzo 2021

Graffito carcere Inquisizione allo Steri - L’Auto da Fé di Fra Diego La Matina

Nell'immenso lavoro documentale portato avanti dalla professoressa Maria Sofia Messana si può ritrovare una notevole quantità di informazioni preziose riguardanti personaggi particolari che sono vissuti in una città dinamica totalmente differente rispetto a quella che vediamo oggi.

Come scrive l'autrice del testo, sin dal '400 in Sicilia vi era la piaga di gruppi di delinquenti che infestavano le campagne limitrofe alla Città e che derubavano i viandanti, nobili o plebei che siano, usando violenza e, molte volte, arrivando ad uccidere; questi gruppi venivano chiamati "scorridori di campagna", una specie di briganti ante litteram.

È pur vero che molte volte le famiglie nobiliari arruolavano questi personaggi per difender i propri possedimenti da ladri o da altri scorridori, come peraltro accadde qualche secolo dopo con, appunto, le truppe brigantesche o l’utilizzo dei "campieri".

C'è da premettere che molti di questi personaggi non nascevano direttamente delinquenti, ma per cause esterne, situazioni economiche gravi o per semplici mancati pagamenti erariali si davano alla macchia per evitare le carceri pubbliche.
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Quindi, una delle cause principali che contribuì ad ingrossare queste bande di scorridori furono proprio i tribunali, sia quello Civilie che della Inquisizione, i quali costringevano queste persone a fuggire per le campagne e ad unirsi ai “fuori bando”.

Per cercare di risolvere il problema vi furono vari interventi e nel 1583 il Vicerè Marco Antonio Colonna inaugura una singolare forma di lotta, cioè "avvia una legislazione del pentitismo"; sì avete letto bene, proprio il Vicerè utilizzava la tattica dei "pentiti" che a quanto pare aveva dato dei risultati, visto che il suo successore Don Arrigo Gusman conte di Olivares proseguì per questa strada.

Anzi, proprio grazie all'aiuto dei "pentiti" l'Olivares riuscì a sgominare la banda del pericoloso Giangiorgio Lancia ed inoltre, come fece il suo predecessore Colonna, riuscì a togliere nel 1592 la questione degli scorridori dalle mani degli Inquisitori, capeggiati da Ludovico Paramo, riportando il tutto sotto la giurisdizione Civile.

Ma pur non potendo operare sotto l'aspetto civile della condanna degli scorridori il Tribunale dell'Inquisizione non demorse e, in maniera furba, trovò terreno fertile all'interno delle carceri stesse attraverso, per l'appunto, l'utilizzo della sistema "colonna", cioè utilizzando i delatori che accusano dalle Segrete i propri compagni di scorrerie di atti di eresia e stregoneria.

E su questa scia del pentitismo si intrecciano le vite e le sorti di due frati scorridori: l'Agostiniano Frà Diego La Matina e il Domenicano Frà Thomas de Todaro soprannominato Frà Diavolo.

Del primo conosciamo la storia poiché fu l'uccisore dell'Inquisitore Juan Lopez de Cisneros, dell'altro se n'è parlato poco in verità ma è il personaggio che tra i due, sicuramente, avrebbe meritato una fine peggiore per le accuse ricevute.

Frà Diavolo fu condannato nel 1634 in un autodafè privato, cioè senza pubblico e con la sola presenza degli Inquisitori, per aver celebrato messe nere e aver composto fatture ad mortem e ad amorem. I delatori di Frà Diavolo alla Inquisizione furono tre religiosi che si occupavano dell'assistenza dei detenuti del castello di Milazzo;

la situazione per Frà Diavolo sembrava potesse andare bene, anzi, lo stesso lo auspicava poiché così passava dal foro civile a quello inquisitoriale, il ché gli avrebbe permesso di evitare una condanna a morte capitale per i furti e le grassazioni commesse e, quindi, si affrettò a confermare le accuse ed anzi diventando delatore lui stesso rilevando notizie che potessero essere utili al Tribunale.

L'idea di Thomas era ottima ed intelligente, peccato però che non fece i conti con l'Inquisitore che doveva occuparsi delle sue accuse, cioè Garcia de Trasmiera il quale diede una sentenza molto dura a Frà Diavolo e che testualmente riporto dal resoconto della professoressa Messana: "Gli si legga la sentenza nella Sala del Segreto, abiuri de vehementi, stia per sette anni nelle galere del Regno e poi ritorni nelle carceri pubbliche", praticamente una condanna a morte; nel processo, che durò quasi 5 anni, cioè dal 1629 al 1634, il frate venne accusato da ben 17 uomini.

Ma la questione che l'autrice fa notare e mette in evidenza è la differenza di condanne tra Frà Diego e Frà Diavolo; quest'ultimo sicuramente, Frà Diavolo per le accuse ricevute, avrebbe dovuto essere portato al rogo, mentre Frà Diego alle carceri, ma in realtà tutti noi conosciamo la storia delle vessazioni di Cisneros verso Frà Diego La Matina ed il risultato della sua azione di ribellione.

Dalla analisi dei fatti, comunque, è ovvio che dietro questa decisione degli Inquisitori ci sia stato anche un peso politico degli ordini coinvolti, con una crescente conferma dell'ordine Domenicano ed una situazione di stallo degli Agostiniani che non riuscì a garantire una copertura e difesa politica a Frà Diego che lo portò verso la condanna a morte.

Insomma, quando si dice che l'abito fa il Monaco: soprattutto vivo.
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