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Le tisanine (siciliane) di Pinuzzu u dacuttaru: la sua "spaccapietre" svegliava pure i morti

Tra gli antichi mestieri siciliani ormai perduti c'era "u dacuttaru". Non realizzava delle bevande detox o rilassanti ma veri e propri rimedi tramandati da generazioni

Sara Abello
Giornalista
  • 5 ottobre 2022

Spesso sentiamo parlare di tradizioni e antichi mestieri ormai caduti nel dimenticatoio, ce n’è uno poco conosciuto che però oggi farebbe storcere il naso ai più: u dacuttaru.

Una via di mezzo tra un farmacista ed un santone ma senza la pretesa o la sfrontatezza di essere l’uno o l’altro. Del resto si sa che c’è stato un tempo in cui i farmacisti erano considerati meglio di medici e avvocati, e il santone in stile guaritore indiano credo non abbia mai goduto di particolare seguito...

A Bagheria ad esempio, e qui è necessario dare una bella spolverata ai cassetti della mia memoria per far riemergere i racconti dei miei nonni, il dacuttaro noto era quello sullo stratunieddu, dove oggi sorge il Bar Carmelo, in zona "pilastri", e poi trasferitosi subito alle spalle.

Qualcuno e forse più di uno di voi si starà chiedendo di cosa si occupasse questa figura mezza uomo e mezza dacuottu...semplice, lo dice la parola stessa, di decotti ovviamente.
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Ma che cosa sono? Non le "banali" tisanine della sera che ogni tanto tracanniamo, soprattutto in inverno, nell’illusione di addormentarci e risvegliarci ristorati, nè tantomeno quelle digestive dopo il pranzo di Natale che ci servono ad eliminare quel senso di pesantezza che solo un pasto a tot portate è in grado di darci.

Pinuzzu u dacuttaru, molto noto tra i baarioti, preparava intrugli a base di erbe che avevano comprovate funzioni dissetanti ma soprattutto depurative...e via con la "spaccapietre" che era un vero e proprio toccasana sicuramente molto gettonato, e poi preparazioni varie che rimettevano in piedi anche i cadaveri.

Non una professione consueta sicuramente, iniziata proprio perchè la sua popolarità in paese faceva sì che gli venissero regalate le erbe, ingrediente principale delle sue preparazioni, che hanno fatto di lui un punto di riferimento per i suoi contemporanei.

Un vero e proprio via vai di scodelline dalla porta della sua bottega, nel pieno centro di Bagheria, da dove la sua famiglia aveva avuto origine. Purtroppo però, Giuseppe Provenzano, questo il nome del dacuttaro baarioto, se ne andò presto, a soli 50 anni, e fu la moglie che, trasferitasi nella bottega alle spalle dell’originaria, un po' più piccola ma comunque sufficiente a preparare i decotti, proseguì la tradizione iniziata dal marito e riuscendo così a crescere i 9 figli che avevano avuto.

Donna Pietrina, l’unica dacuttara donna della storia Bagheria, che si sappia per lo meno, è stata anche nutrice, tant’è che all’occorrenza, avendo dato alla luce ben 9 bambini, capitava anche che allattasse i figli di qualcun altro, tra questi credo che anche un mio zio sia stato suo "figlio di latte".

Furono proprio quei suoi figli che, una volta cresciuti e scelte tutte strade diverse, senza proseguire l’antica tradizione familiare...chi si occupava di vendere frutta, chi di un frantoio, chi di autotrasporti e poi persino un tipografo, consigliarono alla madre di chiudere la bottega dal momento che si sarebbero occupati loro di lei, concedendole finalmente così il meritato riposo.

Di sicuro i tempi stavano già cambiando e quella del dacuttaro era una professione che stava già cedendo il passo al mutamento socio-culturale, anche se, mi giunge voce che fino all’ultimo periodo di esistenza della bottega non fossero pochi coloro che avevano più fiducia nei suoi rimedi naturali che nelle più sofisticate cure mediche, sebbene Donna Pietrina, con le sue terapie blande, non avesse certo la pretesa di sostituire i medici.

Quella di Pinuzzu u dacuttaru è stata una vita sicuramente troppo breve, eppure gli ha concesso di radicarsi nella storia e nella tradizione baariota al punto che ancora oggi, la sua famiglia, indissolubilmente legata alla sua memoria, viene identificata da chi ha qualche annetto sulle spalle con l’appellativo di “dacuttari”.

Non vi sarà difficile comprendere che in questo caso, più di altri, le mie ricerche hanno reso inevitabile il confronto con chi conosceva bene Pinuzzu e tutta la famiglia, proprio perchè ne è un membro. Ispirata dai ricordi di mio padre e qualche amico di famiglia, sono andata alla ricerca di uno dei figli di Pinuzzo, Lorenzo, anche lui molto noto in quel di Bagheria proprio per la sua longeva attività di tipografo.

E così, chiacchierando, sono venuti fuori ricordi nitidi, tenuti nei cassetti della memoria di questo ottantenne che si reca ancora tutti i giorni nella sua tipografia, e che descrive l’immagine di una famiglia unita da antichi valori e sentimenti che devono essere stati certamente infusi dai genitori.

Quella di Pinuzzu u dacuttaru non è solo la storia di usanze, tradizioni e mestieri inevitabilmente perduti come tanti altri. Qui si tratta di sentimenti ancora saldi che hanno permesso ai nuovi rami della famiglia di crescere ed evolversi verso altri percorsi senza mai recidere le preziose radici con le loro origini.
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