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Il Caravaggio di Guémy: la street art tra mercato e tutela

Trafugate a Palermo le sei riproduzioni stencil dell'artista francese C215. Dalla Vucciria a piazza Indipendenza, il giallo di Guémy anima gli esperti. Ma non è vandalismo

  • 2 luglio 2015

L’arte da strada conquista sempre di più gli spazi urbani, e con essi condivide sia glorie che pericoli. Street art è creatività spontanea, retorica di uno stile, impressione viva e visiva nata da un bisogno fremente di espressione, eppure fragilmente effimera.

Ed è proprio in quest’ultimo senso che oggi l’arte cosiddetta “urbana” diventa così nobilmente arte da aver alimentato dentro di sé un mercato parallelo fatto di artisti quotati e meno quotati, e persino di opere trafugate. Dall'inglese Banksy, le cui opere "rubate" popolano le aste con un valore di 700mila dollari, al fotografo napoletano Augusto De Luca, meglio conosciuto come il "Cacciatore di graffiti", il fenomeno non è affatto nuovo.

E lo scorso weekend a Palermo ne ha fatto prova anche l’artista francese Christian Guémy: lo street artist, noto a livelli internazionali con lo pseudonimo di C215 e giunto nei mesi scorsi in città, aveva voluto rendere omaggio al Caravaggio, riproducendo tra le strade e le piazze del centro storico alcuni dei dipinti più famosi dell'artista lombardo. Dodici in tutto le opere realizzate (visualizza la galleria fotografica).

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Dalla Vucciria a Ballarò, da piazza San Domenico a piazza Indipendenza, un percorso museale all’aperto e liberamente fruibile, sulle cui tracce era anche in preparazione un tour: peccato che sei stencil manchino all’appello. Il “Bacco” vicino via Bara all’Olivella portato via da una porta, la “Maria Maddalena in estasi” a Borgo Vecchio sradicata da una cassetta delle lettere e ancora “La Buona Ventura” e “La Medusa” trafugate in Vucciria. Queste alcune delle rivisitazioni rubate e denunciate su un gruppo Facebook con tanto di documentazioni fotografiche.

Trafugate nella notte, letteralmente smontate dai facili supporti mobili in cui erano state realizzate. Vandali o esperti del campo? Espediente mediatico o ennesima caduta di stile palermitana? Gli interrogativi sono molti e anche contrastanti, ma il caso di certo alimenta un dibattito non casuale su quanto il mondo street abbia conquistato un posto nell’imprenditoria dell’arte, e purtroppo anche di quella nera.

«Sembra davvero un’operazione sistematica e per nulla casuale quella del Caravaggio a Palermo – commentano gli esperti dal mondo della Street Art -. Basti pensare che alcune delle opere trafugate hanno un valore che in galleria si aggira tra gli 8.000 e i 12.000 euro. E tra queste, anche la firma solita dell’artista, un “gatto” stilizzato, che C215 aveva realizzato su una cassetta Enel in via Chiavettieri. Attenzione non si cada nel solito cliché della ruberia in città –aggiungono-, poiché Guémy non è nuovo ai furti delle sue opere, soprattutto in Francia, a Vitry sur Seine, dove vive e opera maggiormente».

«Resta l’amarezza sì, ma cerchiamo di riflettere sui paradossi della street art: un’ arte ancora da molti reputata vandalismo nel nostro Paese, quando invece spesso ne è anche vittima. E mentre noi cerchiamo di elevarla ad arte tout court, in altri Paesi già ne criticano la perdita della sua natura originaria». Rubare la street art, insomma, si può, ma come tutelarla al contrario?

Cosa può considerarsi, dunque, più illegale: l’espressione artistica sulla e della città o il guadagno sotterraneo che non guarda alla comunità ma all’arricchimento di pochi? La risposta sembra sin troppo ovvia ma ha le mani legate. Resta comunque indiscusso il valore di un bene collettivo, sia esso su una tela che su un muro.

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