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Il nero del mare e delle onde: Sarnari aggiorna le sue opere

  • 6 marzo 2006

Alla fine degli anni sessanta Franco Sarnari lavora sul tema dell’onda e del mare in movimento. Il risultato sarà un’immensa tela, ben 18 metri di lunghezza per 2 di altezza, dal titolo “Il mare si muove”, conclusa nel marzo del 1970. Oltre un trentennio dopo, il pittore romano rivisita il tema, incanalandolo inoltre in una più generica riflessione sulla materia del nero, con la mostra “Franco Sarnari - I colori del nero” in corso fino al 25 marzo alla Galleria 61 di Palermo, in via XX Settembre 61 (dal martedì al venerdì ore 17/20, sabato ore 10/13 e 17/20; catalogo con testi di Mauro Corradini e Franco Sarnari). A contendersi la scena oggi, non solo scure distese in contrasto con il chiarore di cieli compressi e gli orizzonti netti pur nelle accennate frastagliature, ma anche alberi in controluce, in cui il dialogo con il nero si fa più animato, parte e culmina in una continua frammentazione dell’omogeneità cromatica, per un totale di ventisette tele per la maggior parte realizzate dal 2003 al 2005.

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Se trent'anni fa la grande onda rendeva in immagine le spinte e gli entusiasmi del tempo, nelle recenti opere di Franco Sarnari il dominio di un’onda sterminata, quasi fosse un muro scuro e invadente sulla visuale naturale, sembra essere l’eco di un’animosità non più manifesta e di una fissità che tutto investe. La distanza fra ieri e oggi si palesa già nel confronto fra gli studi per la grande tela del ’70 e quelli per le recenti “La grande onda” e “Il grande mare e l’orizzonte/Il grande nero e l’orizzonte”, e si fa massima nella grande opera in olio su tela e retina “La grande onda celata (Il grande nero celato)” del 2004/2005. Alle spume e clamori di un mare in piena potenza rivoltosa, si confrontino le timide increspature in vetta alle scure e imponenti masse delle ultime tele. Se il primo approccio di Sarnari con una metafora già esplicita del divenire avviene in un momento di grandi cambiamenti, portando in qualche modo il segno della temperie di allora, è altrettanto vero che in Sarnari sembra dominare una riflessione avulsa da contesti specifici, da tempi particolari, da occasioni circoscrivibili, oggi ancora più che in passato. È chiaro che una possibile lettura ci consente anche adesso di collegare il tema iconografico dell’onda con quei flussi che sempre caratterizzano il divenire della storia, e di rilevare nella resa di questo mare in movimento una percezione di maggiore o minore espressività delle coscienze.

Nuova tuttavia è la strada attraverso cui si muove Sarnari adesso. L’autore stesso, infatti, che da sempre si propone di «tradurre un’emozione - per usare le sue parole - con qualunque mezzo lo consenta», ammette di aver concesso maggiore spazio alla componente ideologica, accostandole la scoperta della fisicità del nero, inteso come materia priva di presente e passato. Dalla traduzione immediata di un’emozione ad un operare più meditato, puntando sul carattere simbolico del colore, della forma e della luce. Un nuovo approdo che si manifesta anche nei vari controluce presenti all’esposizione, in cui il nero è pluralità di toni pur nella stessa cromia e la luce è rivelazione di masse e materia, regge il gioco dialettico fra il qua e l’altrove, si insinua e infrange una fissità spazio-temporale. Tentare nuove strade equivale alfine a darsi nuove sfide. Sarnari non si sottrae al confronto con se stesso e invita anzi ad un confronto aperto, con un dibattito in programma per mercoledì 8 marzo alle 17.30 al Teatro Agricantus di Palermo, confidando in una vera “ondata” di partecipanti loquaci.

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