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San Ciro a Maredolce, uno spazio per il gruppo di Emma Dante?

  • 23 maggio 2005

Più l’amore è improvviso più è difficile arginarne l’impeto, e la passione irrefrenabile diventa logorio finché una qualsiasi conclusione non riesca a definirne una possibile soluzione (pur se talvolta solo apparente). E allora se infausto dovesse essere l’esito della vicenda, una saggia rassegnazione dovrebbe indurre ad accettare il volere del fato, ma sappiamo bene quanto la cosa non sia per nulla facile. A maggior ragione poi quando gli impedimenti al lieto fine sembrano non essere così insormontabili. Di una travagliata passione qui vogliamo raccontare, una storia d’amore la cui conclusione ancora non ci è nota. L’amore di cui parliamo è innanzitutto l’amore per il passato, per la storia dei nostri luoghi (ed ovunque piccole voci sussurrano di vicende antiche in attesa di orecchie disposte ad ascoltare), ma anche l’amore per il bello e per l’arte in genere. Ma vediamo di che si tratta. Accade che un gruppo di artisti (nella fattispecie attori di teatro e precisamente del gruppo diretto da Emma Dante, regista acclamata in tutta Italia e ormai anche in Europa), nel girovagare alla ricerca di uno spazio stabile dove potere lavorare nella propria città, l’amata (e talvolta difficilmente amabile) Palermo, si imbattano in un luogo magico e se ne innamorino di colpo. Il luogo di cui parliamo è la chiesa di San Ciro a Maredolce, nel quartiere palermitano di Brancaccio in prossimità dell’imbocco dell’autostrada per Messina, imponente monumento al degrado e all’abbandono.

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Questa chiesa è l’ultimo saluto che la città di Palermo offre al viaggiatore, un saluto che suona essere quasi una richiesta di aiuto, se si pensa che dopo un intervento di restauro risalente a circa 10-15 anni fa, nulla è stato fatto per sottrarla alla sempre incombente fatiscenza. Nonostante ciò, il posto (siamo alle pendici del Monte Grifone, lì dove un tempo copiose sorgenti sgorgavano tali da formare persino un lago artificiale...) emana ancora così grande fascino e indiscussa bellezza da ammaliare il gruppo di artisti di cui sopra. Racconta Sabino Civilleri, uno degli attori del gruppo: «Lo stato della chiesa è a dir poco da denuncia. Aperta a tutti i tipi di reati e in balia del degrado sociale più nero. Siamo rimasti comunque molto colpiti dalla bellezza dello spazio e dal suo fascino. Amore a prima vista. Il nostro amore per quel posto ci ha spinto a ripulirla da circa diecimila siringhe e da rifiuti tossici di tutti i tipi e abbiamo fatto un po’ d’ordine. Abbiamo cercato approcci con le istituzioni e con i politici ma senza alcun esito». E così arriviamo alla fine della nostra storia. Nulla è accaduto, il luogo giace ancora nel degrado più totale e la passione continua a bruciare nel cuore degli innamorati. Certo il percorso dell’amore è ricco di insidie e difficoltà, però perchè certi tesori (e sappiamo quanti ancora ne custodisca non rivelati la nostra bella Palermo) devono rimanere dimenticati e abbandonati al degrado e all’incuria?

E perchè poi l'amministrazione cittadina, per organizzare eventi di massa è sempre pronta, mentre per recuperare certi luoghi (destinandoli ad attività socio-culturali per esempio) sembra debba far fronte ad inenarrabili sforzi? E ancora poi, a proposito della destinazione finale di certi spazi, una volta recuperati, vogliamo dire qualcosa, e precisamente: perchè si continuano a fornire nuove sedi ad enti e istituzioni culturali cittadine validissime, senza dubbio (gli illustri inquilini dell'altrettanto illustre condominio dei Cantieri culturali alla Zisa, tanto per fare un ennesimo esempio), mentre nulla si fa per aiutare e promuovere le tante realtà artistiche indipendenti presenti in città, organizzando ad esempio più rassegne (in regime di economia, a bassi costi, nulla a che vedere con le cifre in ballo per le manifestazioni estive), validi strumenti di confronto e crescita culturale, e fornendo spazi per prove in maniera organizzata e per tutti? Sono domande di difficile risposta, lo sappiamo bene, e Palermo di certo ha non pochi problemi. E d'altronde non serve a nulla neppure essere artisti affermati quali Emma Dante (per inciso anche per lei qui non è stato così semplice rappresentare i propri spettacoli, forse è per questo che un po’ troppo precipitosamente, senza neppure chiederglielo, la sua trilogia è stata inserita nel programma del Teatro Garibaldi per "Kals’art 2005"...), ma volevamo raccontare di una storia d’amore e si sa, non sempre le storie d’amore sono a lieto fine.

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