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Quell'aria rinascimentale a Catania ce l'ha solo lui: palazzo Scuderi Libertini (e i suoi segreti)

Il palazzo, sconosciuto ai più, fu commissionato nel 1875 all’architetto milanese Carlo Sada. Saloni e soffitti preziosi per questo gioiello ma anche curiosità...

  • 21 gennaio 2022

Nei pressi del quartiere Borgo di Catania, in via Etnea alta, si trova un edificio storico che regala bellezza alla zona. Si tratta del palazzo Scuderi Libertini, unica costruzione storica e artistica della città che rimanda nello stile al Rinascimento fiorentino.

Il palazzo, sconosciuto ai più, fu commissionato nel 1875 dal suo primo proprietario, Giuseppe Paternò di Raddusa, all’architetto milanese Carlo Sada. In seguito, divenne proprietà della famiglia di Giuseppe Schininà, marchese di Sant’Elia e, nel 1901, fu acquistato dal senatore Pasquale Libertini. Infine, nel 1941, l’armatore Matteo Scuderi ne divenne l’ultimo proprietario.

Sada fu uno degli architetti più amati dalla nobiltà catanese nell’ultimo decennio del XIX secolo e lavorò, oltre che a palazzi, ville, chiese e cappelle, anche al Teatro Massimo Bellini di Catania. A quel tempo era conteso dalle famiglie più in vista, perché avere un palazzo progettato e costruito da lui rappresentava un simbolo di potere e opulenza.
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L’edificio presenta due prospetti: quello principale e di rappresentanza che si affaccia su via Etnea, e l’altro su via Caronda.
Nel prospetto principale risalta l’uso del bugnato, invece in quello interno, spicca un loggiato con ampie arcate. Inoltre, sempre su via Caronda, è possibile ammirare lo spazio esterno del palazzo, che possiede un giardino all’italiana e una terrazza con statue in terracotta. Lo stile architettonico di questo palazzo fu talmente apprezzato che, nel 1907, gli fu dedicato un articolo su un’importante rivista di architettura del tempo, “L’edilizia Moderna”.

Varcando la soglia del palazzo, non si ha solo la sensazione di entrare in un luogo ricco di storia e arte, ma anche di trovarsi in un'altra epoca. Al suo interno, infatti, tutto è rimasto com’era. Il palazzo conserva affreschi, stucchi, dorature, tappezzerie e arredi d’epoca. La mobilia è intatta e, superata la porta d’ingresso, sembra proprio di fare un viaggio in un tempo lontano, in cui prevalgono grazia, armonia e bellezza. Si resta incantati dinnanzi agli spazi decorati con rifiniture in oro e agli arredi originali.

Nella sala da pranzo, ad esempio, c’è una credenza preziosa in legno, decorata con volti di mostri che avevano un valore apotropaico, ovvero, queste figure servivano per tenere lontani dall’abitazione gli spiriti maligni. In un’epoca in cui si temeva la morte, si dubitava di poter essere avvelenati durante i pasti e, poiché il cibo veniva preparato in cucina, lontano dalla sala da pranzo e dagli occhi dei commensali, si cercava di scongiurare il pericolo di star male attraverso l’uso scaramantico di queste figure apotropaiche.

Il palazzo Scuderi Libertini, si erige su due piani e si giunge al primo piano per mezzo di un magnifico scalone di rappresentanza. Lo scalone, doveva denotare la ricchezza della famiglia e lasciare meravigliati gli ospiti che erano invitati a palazzo. Così, Sada progettò tre rampe che furono riccamente decorate in stile neoclassico-rinascimentale. Salendo, gli ospiti avevano modo di guardarsi attorno e restavano colpiti dal vasto impiego di ciò che appariva loro come marmo pregiato di vario genere e colore.

Ma, in realtà, ciò che sembra marmo agli ospiti è stucco unito a gesso, utilizzato da Sada per riprodurre esattamente, con un mirabile effetto ottico, la lucentezza e le fattezze del marmo. Il soffitto del vano scala è anch’esso decorato a stucchi, nei colori bianco, grigio, azzurro e ocra chiara, con un grande riquadro al centro, riccamente lavorato a stucco con temi vegetali di tralci e fiori. Al primo piano si trovano gli ambienti più importanti e di maggior pregio artistico dell’edificio.

Veri e propri gioielli sono le quattro sale che si susseguono: il Salone degli specchi o sala delle feste, realizzato con oro zecchino e porporina, con il soffitto in stile liberty e decorazioni rococò con tema la nascita e trionfo di Venere o Flora. Bellissima la rappresentazione della danza che celebra la nascita della dea, in cui spiccano ghirlande e fiori.

Per le decorazioni, Sada volle le maestranze che collaboravano con lui al Teatro Bellini, ovvero Andrea Stella per gli stucchi e Ernesto Bellandi, pittore fiorentino, per gli affreschi delle volte. Ci sono poi, la Sala delle arti, la Sala della musica, la Sala da pranzo, sempre realizzate con la stessa tecnica, seppur con soggetti diversi che si richiamano alla mitologia classica. Nella camera da letto, spicca sul soffitto un prezioso affresco che rappresenta l’allegoria del sonno, una bellissima fanciulla seminuda che dorme placidamente su nuvole leggere e vaporose che risaltano sull’azzurro del cielo.

Gli ambenti venivano collocati uno dopo l’atro, diventando via via più piccoli, per indicare che perdevano l’aspetto pubblico e ufficiale, per passare a quello più intimo e privato. Inoltre, erano costruiti in successione per favorire la fuga in caso di terremoto o eruzione vulcanica.

Il palazzo possiede delle curiosità che non tutti conoscono. La prima è che il cavalier Paternò di Raddusa, potè permettersi di usare, per la facciata del terrazzo, un’appariscente pietra rosa che si narra avesse ottenuto facendo affari coi cavalieri di Malta. Inoltre, si dice che, al di sotto del palazzo, ci siano delle cavità laviche, delle grotte che si sono formate dopo eruzioni antichissime. In più, in una delle stanze del palazzo c’è una copia del dipinto “La Vucciria” di Guttuso. Pare che il celebre pittore fosse amico della famiglia Scuderi e che abbia soggiornato in questo palazzo, così l’opera sarebbe un dono di ringraziamento per l’ospitalità ricevuta.

Infine, si racconta che qualche anno addietro, il celebre critico d’arte e personaggio politico Vittorio Sgarbi, passando in via Etnea durante una processione dedicata a Sant’Agata, alzando lo sguardo e vedendo i bellissimi affreschi dei soffitti attraverso le finestre aperte, ne sia rimasto così tanto affascinato, da suonare al citofono e chiedere di visitare il palazzo.
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