STORIA E TRADIZIONI
Se a Catania ti dicono "babb'i l'ova" non ti stanno facendo un complimento: ecco perché
Vi è mai capitato di pronunciare o di sentire additare qualcuno con l’espressione babb’i l’ova o babbu ri l’ova? Se vi trovate a Catania, prestate attenzione, vi accorgerete che sarà una consuetudine
Il calciatore Lionel Messi
Vi è mai capitato di pronunciare o di sentire additare qualcuno con l’espressione babb’i l’ova o babbu ri l’ova? Se vi trovate a Catania, prestate attenzione, vi accorgerete che sarà una consuetudine. Si tratta di un modo buffo e colorito per indicare una persona sciocca, sempliciona e credulona. La parola siciliana ‘babbu’ ha origini nello spagnolo ‘bobo’ che vuol dire ‘babbeo’. Sin da subito l’espressione babbu ‘i l’ova era molto probabilmente riferita a qualcuno che non brillava esattamente per acume e sagacia. I racconti tramandati lo dimostrano.
Chi poteva mai essere u babbu ‘i l’ova? Un venditore che distribuiva le uova per racimolare qualche soldo e occupare il tempo? Un signorotto? O Giufà? Il personaggio tipico di molte storie della tradizione popolare siciliana, noto per cacciarsi spesso nei guai riuscendo ad uscirne quasi sempre illeso. Candido e spensierato, riesce a far sorridere con le sue storie di sfortuna, sciocchezza e saggezza.
Ecco qualche storia della tradizione.
In una di queste la madre di Giufà apprestandosi ad andare a messa gli disse:
– Giufà vedi che sto andando a Messa, vedi che c’è la chioccia che deve covare le uova. Prepara la zuppa e falla mangiare. Quando ha finito riportala a covare, altrimenti le uova si raffreddano.
Giufà allora, preparò la zuppa con pane e vino, prese la gallina per farla mangiare e la imboccò, così tanto da farla affogare.
Vista la gallina stesa per terra, morta ammazzata, si disse:
– Ora come faccio che le uova si raffreddano? Mi metterò io a covarle.
E levatosi pantaloni e camicia e si pose sulla covata.
Quando tornò la madre, si mise a chiamare:
– Giufàa! Giufàa!
Giufà rispose:
– Chila, chila.. non posso venire, sto facendo la chioccia e sono sopra la covata sennò le uova si raffreddano!
Al che sua madre si mise a gridare:
-Birbante, birbante! Hai schiacciato tutte le uova!
Giufà si alzò e le uova erano tutte una frittata! Naturalmente seguirono le solite legnate.
Secondo un’altra versione, invece, un signorotto della provincia catanese aveva alle proprie dipendenze dei braccianti che assumeva per lavorare i campi. Prometteva ad alcuni di loro, oltre al compenso, anche un uovo al giorno, che però non aveva intenzione di dare. Mentre ispezionava i campi, gli urlava: «Attia di l’ova!». A queste parole i braccianti lavoravano con maggior impegno, completamente all’oscuro della menzogna e ignari del fatto che non avrebbero mai ricevuto l’uovo promesso. Proprio per questo erano dei babb'i l'ova.
Questi semplici racconti confermano che u babb’i l’ova è una persona che si perde in un bicchiere d’acqua, sciocchina, facile da raggirare. L’espressione dà un colore ulteriore alla semplice parola che useremmo per indicare una persona credulona, creando un connubio di significati singolari e divertenti della lingua parlata.
Chi non è abituato a questi suoni difficilmente potrà coglierne le sfumature. Come qualsiasi altro dialetto, quello catanese è ricco di una moltitudine di usi e modi di dire, e rimane la maniera più colorita e vibrante per raccontare la cultura e la bellezza di un luogo e della sua gente.
Chi poteva mai essere u babbu ‘i l’ova? Un venditore che distribuiva le uova per racimolare qualche soldo e occupare il tempo? Un signorotto? O Giufà? Il personaggio tipico di molte storie della tradizione popolare siciliana, noto per cacciarsi spesso nei guai riuscendo ad uscirne quasi sempre illeso. Candido e spensierato, riesce a far sorridere con le sue storie di sfortuna, sciocchezza e saggezza.
Ecco qualche storia della tradizione.
In una di queste la madre di Giufà apprestandosi ad andare a messa gli disse:
– Giufà vedi che sto andando a Messa, vedi che c’è la chioccia che deve covare le uova. Prepara la zuppa e falla mangiare. Quando ha finito riportala a covare, altrimenti le uova si raffreddano.
Giufà allora, preparò la zuppa con pane e vino, prese la gallina per farla mangiare e la imboccò, così tanto da farla affogare.
Vista la gallina stesa per terra, morta ammazzata, si disse:
– Ora come faccio che le uova si raffreddano? Mi metterò io a covarle.
E levatosi pantaloni e camicia e si pose sulla covata.
Quando tornò la madre, si mise a chiamare:
– Giufàa! Giufàa!
Giufà rispose:
– Chila, chila.. non posso venire, sto facendo la chioccia e sono sopra la covata sennò le uova si raffreddano!
Al che sua madre si mise a gridare:
-Birbante, birbante! Hai schiacciato tutte le uova!
Giufà si alzò e le uova erano tutte una frittata! Naturalmente seguirono le solite legnate.
Secondo un’altra versione, invece, un signorotto della provincia catanese aveva alle proprie dipendenze dei braccianti che assumeva per lavorare i campi. Prometteva ad alcuni di loro, oltre al compenso, anche un uovo al giorno, che però non aveva intenzione di dare. Mentre ispezionava i campi, gli urlava: «Attia di l’ova!». A queste parole i braccianti lavoravano con maggior impegno, completamente all’oscuro della menzogna e ignari del fatto che non avrebbero mai ricevuto l’uovo promesso. Proprio per questo erano dei babb'i l'ova.
Questi semplici racconti confermano che u babb’i l’ova è una persona che si perde in un bicchiere d’acqua, sciocchina, facile da raggirare. L’espressione dà un colore ulteriore alla semplice parola che useremmo per indicare una persona credulona, creando un connubio di significati singolari e divertenti della lingua parlata.
Chi non è abituato a questi suoni difficilmente potrà coglierne le sfumature. Come qualsiasi altro dialetto, quello catanese è ricco di una moltitudine di usi e modi di dire, e rimane la maniera più colorita e vibrante per raccontare la cultura e la bellezza di un luogo e della sua gente.
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