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Se sgrani gli occhi vedi ancora le colonne: il Duomo (in Sicilia) che prima era un Tempio

Ancora oggi alcune colonne dell'antico tempio greco si possono ammirare nel muro perimetrale esterno e anche all'interno dell'attuale sito che sorge ad Ortigia

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 3 aprile 2023

Piazza Duomo a Siracusa (foto Armando Rotoletti)

Lo storico Diodoro Siculo nel suo XI libro della "Biblioteca Storica" così riferisce: "Quando gli ambasciatori Cartaginesi giunsero al cospetto di Gelone lo supplicarono di trattarli con umanità.

Gelone concesse a loro la pace, riscosse da loro le spese sostenute per la guerra, duemila talenti in argento, e comandò di costruire due templi nel quale si dovevano depositare gli accordi".

Uno di questi venne eretto a Himera l’altro, di dimensioni maggiori, a Siracusa. In quest’ultimo tempio, ancora oggi, alcune colonne si possono ammirare nel muro perimetrale esterno e all'interno dell'attuale Duomo di Siracusa.

L’edificio religioso, sito nel centro dell’isola di Ortigia, fu costruito in un'area dove vi era un altro tempio così come confermato dai reperti archeologici trovati durante gli scavi del primo ventennio del secolo scorso.

Aveva quattordici colonne e misurava 56 x 22 metri, mentre le colonne si sviluppavano per una altezza di oltre 8 metri. Alcune fonti antiche riferiscono di un grande scudo d’oro collocato nel timpano, che colpito dai raggi del sole faceva da faro per i naviganti.
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Un’altra testimonianza, di estrema importanza, è quella di Marco Tullio Cicerone che ci riferisce che le pareti interne del tempio siracusano erano adornati da dipinti che furono successivamente depredati da Gaio Licinio Verre.

L’oratore Cicerone racconta che l’edificio religioso era stato spogliato "fino a farlo sembrare devastato non da un nemico in guerra ma da una banda di selvaggi pirati".

“Verre lasciò nude e deturpate quelle pareti - riporta Marco Tullio Ciccerone - i cui ornamenti rimasero intatti per tanti secoli sfuggendo alle devastazioni di tante guerre. Verre portò via ventisette quadri stupendamente dipinti, che costituivano una galleria di ritratti dei re dei tiranni della Sicilia: essi piacevano non solo per la maestria dei pittori ma anche perché trasmettevano il ricordo di quei personaggi e ne facevano conoscere l’aspetto”.

In uno di questi dipinti c’era rappresentato il re Agatocle durante una battaglia equestre. In merito alle porte del tempio, ancora Cicerone afferma che erano: “lavorate d’oro e d’avorio e non avevano precedenti in alcun tempo”. Di certo questo imponente edificio religioso venne edificato perché doveva esaltare l’egemonia di Gelone.

Ma come fece, il tiranno di Siracusa, a imporre ai cartaginesi di costruire questo edificio?

I fatti citati, da Diodoro Siculo, si riferiscono alla battaglia del 480 a.C. quando, nella piana di Himera, si scontrarono i Cartaginesi e i Greci di Sicilia, quest’ultimi costituiti da una coalizione militare tra gli eserciti guidati dal tiranno di Agrigento, Terone, e da quello di Siracusa Gelone.

Fu una battaglia epocale, una vera e propria “guerra mondiale” del V secolo a.C., gli storici riferiscono che i cartaginesi con tempestività predisposero un esercito costituito da Liguri, Iberici, Sardi e Corsi e dopo aver sbarcato in Sicilia a Panormo, marciarono verso levante con il proposito di espugnare Himera, a quel tempo sotto la protezione di Akragas.

Considerato che lo scontro era inevitabile, il signore di Agrigento, Terone, si coalizzò con il tiranno di Siracusa, Gelone fondando un’intesa militare senza precedenti.

Le più influenti città greche dell’isola si erano divise in due prime linee, a settentrione: Terillo e Anassilao, sostenitori dell’esercito cartaginese, a meridione Terone e Gelone. Ne conseguì uno strano legame familiare dei quattro, sia Terillo che Terone erano suoceri rispettivamente di Anassilao e di Gelone.

Il primo sposò Cidippe, il secondo Damarete. Lo storico di Agira, Diodoro Siculo, con smisurata propaganda filo coloniale, riferisce che l’armata africana aveva imbarcato trecentomila uomini su duecento galee da guerra e tremila da trasporto.

Un gran numero di uomini e mezzi, decisamente considerevole, fondamentale per decantare l’idea, che sebbene il dispiegamento considerevole, pochi uomini, ma valorosi greci, travolsero l’antagonista. Il macedone Polieno, nei suoi “Stratagemmi”, riporta quanto sia stato abile Gelone nel conquistare il suo popolo al rientro da Himera.

Infatti dopo aver combattuto brillantemente contro i cartaginesi di presentò all’assemblea cittadina spogliandosi dalla sua armatura e stando nudo in mezzo a loro affermò: "Se ho compiuto qualche prevaricazione, possiate usare contro di me ferro, fuoco e pietre".

Udite quelle parole il popolo lo acclamò a gran voce lodandolo come migliore stratega. Il trionfo di Himera, ma anche quello successivo a Cuma, contro gli Etruschi del 474 a.C., sia per Gelone che, successivamente per suo fratello Ierone, servì come mezzo di propaganda per auto – conferirsi il ruolo di difensori dell’ellenismo nei confronti dei barbari.

Il tempio mantenne la sua funzione per tutto il periodo greco-siceliota e successivamente per quello romano fino ai Bizantini quando venne trasformato in chiesa cristiana e consacrato alla Vergine Maria. Nel VII secolo d.C. con il Vescovo Zosimo la basilica divenne la Cattedrale della Città.

Dopo il Terremoto del 1693 fu costruita la facciata barocca. Oggi è considerata una delle chiese più straordinarie della Sicilia e far parte dei beni protetti dall'Unesco in quanto patrimonio dell'umanità.
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