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"Sessanta SeCunti" per il Siciliano: Dario, il palermitano che dall'Irlanda ci mette la faccia

Per Dario la linguistica non è solo conoscenza ma anche e soprattutto cultura. Rendere fruibile un idioma è il suo lavoro ma nel tempo si è trasformata in una "missione"

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 29 marzo 2022

Dario Cascio

Curiosa monitoro con grande attenzione i gruppi siciliani, autentiche miniere di storia, tradizione e conoscenza, sono una collana enciclopedica inesauribile e viva. Scorrendo nei vari gruppi mi sono imbattuta in un ragazzone, che in primo piano, per un minuto, racconta in siciliano un “cunto”, è Dario Cascio.

Ho amato subito questa performance, nuova moderna, veloce, ricca di pathos, intelligenza e ironia. È iniziata così una corrispondenza con l’autore dei “Sessanta SeCunti”. Come si faceva una volta con gli amici di penna, lontani, ci siamo raccontati, condividendo l’amore smisurato per la Sicilia, ma anche per l’Irlanda, dove lui vive, ed io possiedo un pezzo di terreno da pascolo, dove pigre e simpatiche pecore Suffolck pascolano in assoluta lentezza e libertà. Da questo scambio di messaggi e suffragata dagli apprezzamenti dei lettori, è nato questo scritto.

Dario è di Palermo, ha 38 anni cresciuto tra San Lorenzo, luogo di ville della nobiltà di una volta e Cardillo l’antico baglio diventato anch’esso poi luogo di villeggiatura. La prima casa in via Filippo di Giovanni un palazzone con un balcone sulla Palazzina Cinese. Non è uno studente modello dalle elementari alla "Paolo Emilio D’Angelo", le medie al "Pecoraro", al Linguistico. Poi l’Università L2 Relazioni Internazionali.
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Ama la musica entra in una Band Palermitana, registrando un album e dvd in Olanda. Il suo primo lavoro è in un Call Center dell’Alitalia. Nel 2009 lascia la Sicilia e va in Canada a Montreal, dove lavora come tester e traduttore di videogiochi per progetti come Avatar, James Cameron e Mafia 2.

Nei nostri messaggi gli chiedo se era il suo progetto iniziale lavorare all’estero, mi risponde di no, un progetto è quello di tornare a casa fra qualche tempo. Domando come ha fatto a scegliere un posto come il Canada dove gli inverni sono impietosi e lunghissimi, mi risponde che non è stato facile, ma lì si è formato come persona e professionista. La lontananza spesso lo schiacciava, ma sapeva di poter contare sul supporto della famiglia.

Dal Canada in Europa, Amburgo e poi l’Irlanda a Dublino e nella splendida Galway dove lavora per due colossi della localizzazione. Poi un breve rientro in Italia, e la scelta definitiva di vivere in Irlanda a Cork una città stupenda attraversata dal fiume Lee, con una grande comunità di Italiani, che lui ha raccontato in uno dei suoi documentari “Gli Italiani del fiume Lee“. Dice: “A Cork ho messo il cappello “ e non solo quello, mette su famiglia con una ragazza di Monreale che conosceva da prima di partire, e arrivano due figli.

Mi dice con un punta d’orgoglio che i bambini parlano inglese con il tipico accento irlandese, e studiano l’antica lingua gaelica. Per Dario la linguistica non è solo conoscenza ma anche e soprattutto cultura. Rendere fruibile un idioma è Il suo lavoro, dal bugiardino delle case farmaceutiche, al traslate del nostro cellulare, ai sottotitoli e traduzioni delle serie TV, ai videogiochi. È un mondo lavorativo a noi sconosciuto formato da un esercito di professionisti.

Lui oggi in Irlanda è un Capo Project Manager e si occupa di programmi di Internazionalizzazione.
Da quest’attività e passione è scaturita la voglia di divulgare il siciliano, cui l’Unesco ha riconosciuto lo status di lingua minoritaria. Il suo cruccio da linguista è vedere che il Siciliano sta perdendo forza, soprattutto nelle nuove generazioni, dimenticando che ha una letteratura importante e una grammatica strutturata.

Così è nato “Sessanta SeCunti“ 60 secondi per un cunto in palermitano. L’aspetto visual è parte del progetto, lui non è un attore, in presa diretta registra e filma il suo racconto, “puntando sulla immediatezza e velocità linguistica “, con un’inquadratura che non lascia spazio e distrazioni: “Chi guarda e ascolta il cunto, si concentra sulla storia ma nel frattempo pensa: Ma quanto ci l’avi i sopracciglia stu picciotto?”.

Con questa modalità punta a stabilire un contatto tra passato e futuro. Racconta storie che lo riguardano, ma anche racconti dei luoghi che conosce e dove vive. Lo scopo è di non far perdere la sua lingua che “il finto perbenismo degli anni 70, accompagnato da un immotivato senso di vergogna, aveva stigmatizzato”. Gli ho chiesto chi è la sua fonte d’ispirazione, mi risponde: «Giovanni Alamia, uno dei figli di Palermo che ha raccolto meno di quanto ha seminato, spesso ignorato da una classe di intellettuali che dovrebbero riascoltare Acqua di cielo, Trazzieri o Vanni il pescatore».

Mentre parliamo lo osservo, gli chiedo dove ha trovato il coraggio di “mettere la faccia” non limitandosi a leggere come fanno tanti. Mi risponde che è una contraddizione interna, la vergogna è per lui un catalizzatore: “Se provi vergogna genuina infantile, sei sulla strada giusta”. È determinato preparato Dario, questo format è una delle sue passioni insieme alla realizzazione di documentari su youtube, dove è seguito da 6000 persone; lì racconta l’Irlanda agli italiani e agli irlandesi, in inglese, la Sicilia.

Il suo prossimo documentario sarà sulla Nazionale Irlandese che fu a Palermo durante i mondiali del '90. E “Sessanta SeCunti”? Mi dice che tre “cunti” sono stati trasmessi dall’attore Gino Astorina, ma il suo desiderio è creare “una minuscola percentuale di cultura della lingua siciliana” attraverso una pubblicazione, contrastando così l’impoverimento linguistico della sua terra.

Fin ora ha realizzato 20 cunti, vorrebbe arrivare a 60, “Susanna è un desiderio, ma c’è bisogno di piccioli”. Ci salutiamo, ci risentiremo presto, abbiamo ancora tanto da condividere e raccontare, lui dall’isola di smeraldo, io da quella della bellezza eterna.
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