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"Si na zappa r'acqua" che piova o ci sia il sole: le origini del (mitico) detto siciliano

Perché la nonna o la zia ci urlavano così tornati a casa dopo un temporale o una bella sudata? Per scoprirlo bisogna tornare indietro di qualche secolo

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 16 novembre 2022

Una scena dal film "L'aereo più pazzo del mondo"

Avete mai sentito dire essere vagnati o sudati come na zappa r’acqua? Ebbene, fino all’unificazione d’Italia, quello che oggi è solo un modo di dire, era un qualcosa senza cui in Sicilia non si sarebbe potuto vivere.

Beh, noi l’acqua forse ce l’abbiamo avuta sempre in bocca perché ne abbiamo avuta sempre troppa poca (vedi la siccità) o ne hanno fatta sparire sempre troppa (vedi quelli con la cravatta).

Ma tanto chi se ne fotte! Non abbiamo forse inventato quell’altro modo dire che fa: "l’acqua mi vagna, u vento m’asciuca", facendo proprio riferimento ad una certa indole socratica (sempre figli della Magna Grecia siamo) secondo cui diamo valore solo alle cose che per noi hanno valore e ci facciamo scivolare tutto il resto!? Sì, è un’indole… una filosofia.

D’altronde, un po’ figlio dei fiori già circa 2500 anni fa, Socrate era uno che diceva cose del tipo: "Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l'ignoranza", "sono un cittadino, non di Atene o della Grecia, ma del mondo", "la pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi".
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Tutto bello questo, però una cosa è dirlo e una cosa è metterlo in atto. Come gliel’andavo a dire a mia zia Agatina, quando tornavo tutto bagnato dalla pioggia o tutto sudato d’estate, qualcosa del tipo: "siate felici, agite nella felicità, sentitevi felici, senza alcuna ragione in particolare?".

Quella almeno mi tirava lo zoccolo, che pure se mi nascondevo prendeva l’effetto e mi colpiva lo stesso: zia Agatina tirava le punizioni alla Del Piero prima di Del Piero. "Sei na zappa d’acqua!", mi gridava "Sei na zappa acqua!". Ho passato anni e anni a sentirmelo urlare contro, sentirlo per strada o dove capitava, senza domandarmi cosa kaiz ci appizzasse la zappa con l’acqua.

Questo fino a quando - forse ci ha messo lo zampino Socrate- mi sono accorto di "sapere di non sapere". A questo bisognava porre rimedio. Tutto parte da molto e molto tempo fa, come nelle favole quando si inizia con "c’era una volta". E c’era una volta a Palermo, nel 1511, un sacco di gente ricca che non sapeva prima come spendersi i soldi e un sacco ancor più grosso di gente che invece si leccava la sarda… c’era il “Sacco”.

Solo una cosa avevano in comune ricchi e poveri: e cioè che le prime cose per cui succedevano le peggio scannate erano il costo del grano e il costo dell’acqua.

E se vi sembra che c’è un macello oggi, avreste dovuto vedere al tempo. Il parlamento siciliano era diviso in tre bracci: quello Militare, in cui sedevano 56 nobili tutti vestiti Luis Vuitton dalla testa i piedi, quello Ecclesiastico, in cui erano 63 fra Vescovi, Arcivescovi, Abati e parrini, e il Braccio Demaniale, che comprendeva 42 città demaniali, cioè appartenenti alla Corona che in quel tempo era spagnola.

In più c’era un certo Ugo Moncada in qualità di viceré, che fondamentalmente era un militare, il pappone dei papponi, alias Blasco Lanza (nonno della baronessa di Carini) come suo braccio destro e, in fine, un trio d’attacco alla Gullit, Van Basten e Rijkaard che componeva il vertice del Tribunale della Santissima Inquisizione: Alfonzo Bernal, Diego Bonilla e Diego de Obregon.

I parrini (che tanto erano di estrazione nobile) tiravano per portare piccioli alla propria casata, i nobili erano nobili e tiravano per i nobili, l’Inquisizione ogni tanto dava spettacolo con qualche rogo ma quello che faceva meglio di tutto era travestirsi da Agenzia Delle Entrate per acchiappare piccioli dalle tasche della gente. Il popolo niente, appena gli mancava il pane sotto i denti faceva un’insurrezione e poi dopo due giorni tutto punto e a capo. Già perché con il grano i nobili facevano un trucco di magia che in confronto il mago Silvan puzza ancora di latte.

Appena, infatti, c’era profumo di siccità, raccolto scarso o carestia, i signori in questione nascondevano il grano così si alzava il prezzo e il resto lo immaginiamo. Messa in questi termini l’acqua diventava ancora più importante di quanto non lo sia mai stata perché i campi necessitavano di essere irrigati. Ecco, dovete sapere che la zappa in realtà non era quella per zappare, ma l’unità di misura in vigore in Sicilia fino al 28 luglio 1861.

Una zappa rappresenta dai 7,5 agli 8,5 litri per secondo, come si può vedere in un pannello esposto all’Archivio comunale di Palermo, in cui è rappresenta la grandezza dei vari cannellini da cui usciva l’acqua e il suo prezzo a zappe o sottomultipli. Bene, tutto questo excursus per dirvi: la prossima volta che vostro figlio tornerà a casa "na zappa d’acqua" (ora sapete perché si dice così) tirateglielo pure lo zoccolo, ma poi spiegategli perché si dice cosi, e magari vi andate a fare una passeggiata all’Archivio Comunale.
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