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"Smontarono" l'acquedotto Cornelio per aiutare Garibaldi: Termini e i picciotti del Comitato

Nel 1860 anche la città di Termini Imerese aderì all’insurrezione antiborbonica e lo fece donando alla causa e alla Patria "il più bel Monumento che possedeva della antichità romana"

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 27 novembre 2021

Tubature in piombo dell'Acquedotto Cornelio di Termini Imerese (foto di Giovanni dell'Orto)

Era il mese di maggio del 1860 quando il Comitato di Liberazione cittadino di Termini Imerese inviò a Garibaldi due quintali di piombo dell'acquedotto Cornelio, con lo scopo di fare palle di cannone per il nemico.

Ma procediamo con ordine.

A poche ore dal moto rivoluzionario del 4 aprile del 1860 di Palermo, anche la città di Termini Imerese aderì all’insurrezione antiborbonica.

I primi a scendere per le vie della città furono i giovani del Liceo a quel tempo allocato presso la prestigiosa scalinata di via Roma. Inizia così una viva agitazione che, ben presto, si trasformerà in una imponente dimostrazione, che percorrerà tutte le vie principali della città a cui prenderanno parte tutte le classi sociali. In poco tempo si costituì un Comitato civico termitano che immediatamente dichiarò aperte le ostilità con i Borboni.

Purtroppo, qualche giorno dopo, da Palermo giunse la notizia che il tentativo rivoluzionario della Gancia era stato soffocato in un bagno di sangue dall’esercito borbonico. A quel punto i militari intanati nel castello di Termini e rincuorati dal successo palermitano, iniziarono a bombardare senza alcun indugio la città.
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Le cronache di quel tempo riportano che la rabbia borbonica fu tale che parve inaudita. Nonostante il valoroso coraggio di alcuni patrioti termitani, la città dovette arrendersi all’impeto nemico, era il 12 aprile 1860.

Qualche giorno dopo i Borboni presero il controllo della Città. Infatti, il 26 aprile giunse a Termini, accampandosi in piazza Duomo, una colonna mobile governativa, si trattava di un reggimento di fanteria, uno squadrone di cavalleria e una batteria di montagna. Appena arrivata in città il loro comandante pubblicò un bando, con la quale proclamava lo stato d’assedio e l’ordine rigoroso di consegnare le armi. In questa circostanza vennero arrestati numerosi patrioti.

Ma il successo borbonico non ebbe lunga durata, infatti, i primi giorni del mese successivo, la notizia dello sbarco di Garibaldi a Marsala riaccese gli animi costringendo i Borboni, ancora una volta, a rintanarsi dentro la fortezza del castello. Anche in questa circostanza l’artiglieria non indugiò ad infliggere alla città un nuovo spietato bombardamento.

Intanto il Comitato cittadino cominciò ad occuparsi della tutela pubblica, organizzò una squadra di “picciotti”, e raccolse denaro e piombo da inviare nelle zone di combattimento a supporto delle truppe garibaldine.

Tra i valorosi che si aggregarono alla spedizione ricordiamo il Generale Giuseppe La Masa, nato a Trabia anche se la sua famiglia era di origine termitana. Egli fu tra i primi a raggiungere i “Mille” assumendo il comando della IV Compagnia. Nel corso della campagna in Sicilia il generale La Masa inviò più volte proclami ai termitani per chiedere aiuti e rinforzi e la Città rispose sempre con la massima generosità, fino al punto di donare i “doccioni” in piombo dell’Acquedotto Romano, affinché diventassero proiettili per il nemico.

A tal proposito, l’ingegnere Elio Balsamo nella sua opera dal titolo L’acquedotto Cornelio di Termini Imerese, stampata nel 1958, così scriveva: “(…) nel Museo Civico di Termini Imerese e in quello Nazionale di Palermo sono conservati alcuni tronchi di tubazioni di piombo provenienti dall’acquedotto Cornelio. Uno spezzone di peso notevole e di diametro di 39 cm. era conservato nel Palazzo Senatoriale, (l’odierno Municipio) di Termini.

Esso venne inviato, nel 1860, alle truppe garibaldine, onde fosse utilizzato per farne palle da cannone. Nella bella lettera d’accompagnamento, datata, Termini Imerese 22 maggio 1860, e inviata dal Comitato cittadino, si leggeva: il comitato le ha rimosso a nome del popolo di Termini il più bel Monumento che possedeva della antichità romana, un avanzo dell’acquedotto Cornelio del peso di 2,1 quintali di netto. Esso servirà per far palle per il nemico, perché quando si tratta della salvezza della Patria, e delle nostri madri, dei nostri figli, delle nostri mogli, nessuna cosa è più un Tesoro ed anche la stessa vita è nulla a petto della vita e della sicurezza di quelli (…)
”.

Con l’entrata di Garibaldi a Palermo, i Borboni cessarono i bombardamenti a Termini Imerese, e senza indugio s’imbracarono sulla nave “Archimede”, da poco ancorata al porto, lasciando definitivamente la città delle Terme.

Per ulteriori approfondimenti sull’argomento vi suggeriamo di leggere una pubblicazione del 1910, edito dai Fratelli Amore e stampato dalle Officine Grafiche Moderne dei fratelli Travi, entrambi con sede a Termini Imerese.

Si tratta di un numero unico, di autori vari, andato in stampa in occasione del cinquantenario della rivoluzione dal titolo “Termini Imerese, nell’epica rivoluzione del 1860” e ancora “Rapidi cenni, di documenti storici, della Rivoluzione del 1860 riguardante la Città di Termini, estratti dagli atti di quel Comitato Distrettuale”, edito dalla Stamperia di G. B. Lorsnaider – Palermo, 1861.
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