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Società segrete, massoneria e sovversivi: storia dei mazziniani ad Agrigento (due secoli fa)

Gli ideali di Giuseppe Mazzini e della sua “Giovine Italia” infiammarono anche molti giovani agrigentini due secoli fa. Crispi fu tra i primi in Sicilia a mostrare interesse verso il programma mazziniano

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 3 gennaio 2022

Mazzini e Garibaldi si incontrarono per la prima volta a Marsiglia nel 1833 (Torino, Museo del Risorgimento)

Gli ideali e le speranze del patriota Giuseppe Mazzini e della sua “Giovine Italia” infiammarono anche molti giovani agrigentini due secoli fa. Basterebbe ricordare che il riberese Francesco Crispi fu tra i primi in Sicilia e nella provincia agrigentina a mostrare grande interesse verso il programma mazziniano.

A testimonianza di ciò rimane l’ampio carteggio tra Crispi e Mazzini, acquistato dallo Stato italiano nel 1910 e conservato nell’archivio Crispi. La diffusione della Giovine Italia in provincia di Girgenti (oggi Agrigento), avvenne molto presto come sappiamo grazie al manoscritto dell’agrigentino Calogero Sileci.

Questo polemico storico locale scrisse un’operetta rimasta manoscritta: “Confutazioni alle memorie storiche agrigentine di Giuseppe Picone”. Come dice il titolo, essa intendeva appunto rettificare alcune notizie storiche contenute nel capolavoro “Memorie storiche Agrigentine” di Giuseppe Picone.

In tale manoscritto, conservato presso la Biblioteca Lucchesiana di Agrigento, a pagina 24 leggiamo che “fu un certo cognominato Pacino, da Cattolica, che come affiliato alla suddetta società (Giovine Italia) venne in Girgenti e promuose le idee. Le sedute erano nella casa del sacerdote don Libertino Spoto ed ivi si riunivano non pochi individui fra le quali don Matteo Martinez, un domenicano cognominato Sanfilippo, da Siracusa, il sacerdote Libertino Cardella, sacerdote don Carmelo Cacciatore, don Francesco Agrò.
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Furono tutti arrestati tranne del solo Cacciatore il quale seppe trovare sicuro asilo a Palermo da dove clandestinamente si porta a Napoli e quindi a Roma. Tutti gli altri furono condannati ad anni 20 di fermo, ma dal Sovrano destinati invece all’esilio per la durata di anni 12 che espiarono nell’isola di Pantelleria. Il sacerdote Cardella però protetto dal direttore Generale marchese delle Favare, protezione ottenuta per avergli illustrati ed accomodati non pochi vasi antichi fu fatto evadere”.

Cacciatore tornò poi a Girgenti per grazia sovrana e successivamente cambiò indirizzo politico e divenne professore al Seminario e canonico della Cattedrale, ma quando giunsero i garibaldini in Sicilia si unì a loro.

E dopo l’impresa dei Mille non svanirono comunque anche in Sicilia e nella nostra provincia gli ideali repubblicani dei giovani mazziniani. Così mentre nell’estate del 1863 in tutta la Sicilia fervevano i preparativi insurrezionali del repubblicano Giovanni Corrao, in Girgenti all’ombra di una loggia massonica, sorgeva un’organizzazione repubblicana rivoluzionaria segreta, promossa dall’avvocato Antonino Riggio, di Cattolica Eraclea, che era da tempo in corrispondenza con Giuseppe Mazzini.

Ma per Mazzini dalla provincia di Girgenti non arrivano solo lieti notizie: nel 1864 Francesco Crispi, di estrazione repubblicana come abbiamo già detto, comunica in un discorso alla Camera il suo passaggio definitivo nello schieramento monarchico e governativo. Qualche anno dopo, gli verrà affidato dal Re il governo dell’Italia.

Nel 1865 tra i giovani studenti di Girgenti vicini alle idee repubblicane, come anche la loro storia personale dimostrò, nacque l’idea di formare un sodalizio a cui significativamente diedero il nome di Discepoli di Dante. Il comitato direttivo era costituito da Francesco Ingrao, Carmelo Lo Presti, Giambattista De Luca, Vincenzo Coniglio, Ippolito De Luca. Tutti nomi che diverranno celebri nella provincia agrigentina. La società teneva relazioni epistolari oltre che con Giuseppe Garibaldi, Angelo Brofferio, Massimo D’Azeglio, Michele Amari, Nicola Lo Savio, anche con Giuseppe Mazzini.

Un anno dopo si fa notare a Girgenti un altro movimento repubblicano ma progressista, sembrerebbe in antitesi con quello più moderato dei Discepoli di Dante. Sul proprio giornale, Il Rompicollo, questo gruppuscolo lamenta che in Italia c’è “malgoverno, sfiducia e scontento” e che anche da parte dell’amministrazione locale “poco s’era fatto materialmente e molto perduto moralmente”. Essi non vedono nel regime monarchico nessuna speranza di benessere.

Nel 1870 alcuni mazziniani passati al socialismo fondarono una società che ebbe uno sviluppo molto interessante in tutta la provincia agrigentina: l’Internazionale socialista. In essa confluirono gran parte dei membri di una disciolta associazione operaia agrigentina, che era molto apprezzata da Mazzini.

Presidente dell’associazione fu Antonino Riggio. Alcune relazioni conservate presso l’archivio di Stato di Agrigento attestano che questo singolare agitatore aveva raccolto attorno a se “gli elementi più sovversivi, ed ingrossandoli di altri più turbolenti giovani di civile condizione”.

L’internazionale pubblicò due giornali, l’Eguaglianza, che venne subito chiuso dalle autorità di polizia e sappiamo che era letto con attenzione anche da Mazzini, perché, dopo la chiusura del giornale, il patriota genovese così scrisse a Camillo Finocchiaro: “Mi duole dell’Eguaglianza che è scritta con un certo ingegno”, anche se nello stesso tempo si lamentava del tradimento del suo amico Riggio, ormai più vicino alle idee di Bakounin che al mazzinianesimo.

Del 22 novembre 1872 è un celebre appello dell'Internazionale socialista di Girgenti in cui tra l’altro si invitavano gli Agrigentini a non pagare le tasse. Il proclama si concludeva col grido Viva la Repubblica, tornando ad affermare le proprie ferme convinzioni antimonarchiche.

Solo poco tempo prima, il 10 marzo 1872, Mazzini era morto a Pisa. Gli Agrigentini hanno dedicato a Mazzini una via della periferia.
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