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Un angolo di paradiso nella Valle dei Templi: il "miracolo" della Madonna di Bonamorone

Sotto un ritratto della Vergine è sempre acceso un lume. Una leggenda che, si racconta, abbia convertito i cuori e fatto prosperare un monastero dei Cappuccini

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 30 luglio 2022

La Madonna di Bonamorone

La ricca saracena Bonamurone aveva acquistato una bella casa presso il bosco della Civita, un giardino di mandorleti e uliveti, nel cuore della Valle dei Templi dell’antica Agrigento.

Presto si accorse che su una parete della stanza più buia si trovava un dipinto di una giovane con in braccio un bambino e seppe che si trattava della Vergine Maria, la madre del Cristo.

Benchè musulmana la bellezza di quella immagine così materna le suscitò una grande ammirazione e ordinò ad un suo servo di mantenere sempre accesa una lampada presso il dipinto per godere della bellezza di quei volti quando entrava nella camera.

Il servo ubbidiente servì molto bene la sua padrona, non facendo mai spegnere la lampada, sia di giorno che di notte.

"Un sì fatto ossequio, nato da un cuore infedele, piacque tanto alla Madre di Dio, che non ne restò senza un gran premio. Una fra le tante volte che il Saracino presentossi alla detta immagine per infoder dell’olio in quella lampada, la stessa Vergine da quella stessa immagine con tutta cortesia gli parlò, esortandolo a rendersi cristiano, e indurre la sua padrona a fare il medesimo, che ella poi impetrerebbe da quel bellissimo Bambino, che tenea nelle braccia, una perpetua retribuzione di quell’onore, che continuo facevano a quella sua immagine, non lasciandola mai senza lume”, leggiamo in un testo che ha tramandato la leggenda della Madonna di Bonamorone.
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Così la giovane africana volle conoscere la religione cristiana e presto chiese il Battesimo e decise di spendere tutti i suoi averi per costruire una chiesa ove collocare l’immagine della Madonna e trasformò la sua dimora in un monastero: "e per questa cagione i posteri diedero così alla immagine, come alla Chiesa suddetta, il nome di Bonamurone".

Ancora oggi gli Agrigentini chiamano Bonamorone la contrada che si estende poco sopra il quartiere ellenistico romano alla sua destra e il tempio di Giunone alla sua sinistra. Molti però non conoscono l’origine di tale toponomo.

Secondo lo storico siciliano Pirri, nel Monastero abitarono i monaci Benedettini sino al 1228, quando per le scorrerie dei pirati musulmani venne depredato e mezzo distrutto, ma il culto per la Vergine di Bonamurone non si spense e una festa e una fiera le si dedicava l’otto settembre di ogni anno.

Nel 1552 la Chiesa e il Monastero vennero assegnati ai frati Cappuccini i quali però avevano un sacro impegno: tenere sempre accesa dinanzi alla cara immagine della Madonna una lampada. Quei frati si dedicarono inoltre alla cura di un orto, di una vigna e di un frutteto.

Ci dice infatti la leggenda: “Riuscì quel novello Convento così acconcio al ritiramento di que’ buoni religiosi, che già sembrava loro di avervi in terra un piccolo paradiso. Era situato in mezzo ad una valle circondato di ulivi e benchè scarso d’acqua a coltivare il terreno, pure nel provvide la Vergine".

Presto infatti avvenne un altro miracolo nella contrada Bonamorone. Il nobile Cesare Naselli, Barone di Comiso, il quale, devoto a quella Madonna agrigentina, fece arrivare per "per cave sotterranee" l’acqua della sovrastante Rupe Atenea (precisamente dalla roccia su cui sorge la chiesetta di San Biagio) per i giardini coltivati dai Cappuccini. Le cave sotterranee erano quelle degli antichi ipogei greci, costruiti da Feace e che si snodano in parte al di sotto dell'area più orientale della città stessa.

Così abbondante era durante tutto l’anno l’acqua che affiorava allora nella contrada che non solo i terreni del convento rese fertili e rigogliosi, ma i monaci poterono anche costruire una fontana pubblica. Nacque così la fontana di Bonamorone, presente nelle mappe del territorio col nome di fontana greca.

"Ma queste acque sì belle, divennero una non piccola persecuzione di quel Convento, perché riuscivano, particolarmente in tempo di estate, un così grato invito al popolo di Girgenti, massimamente da che vi abitarono que’ Frati di vita esemplare, che cominciò prima a dolersene la quiete, e il ritiramento, che è l’anima della vita solitaria; e appresso cominciò (ad infastidire, ndr.) la religiosa osservanza".

Sin dalle sue origini la fontana di Bonamorone ha rappresentato per gli abitanti della città di Agrigento (e ancora oggi rappresenta) una delle fonti storiche di approvvigionamento idrico.

Non ci meravigliamo pertanto del fatto che i numerosi agrigentini che andavano ad attingere l’acqua dalla mattina alla sera, turbavano il silenzio e la pace dei frati Cappuccini.

Una pubblicazione relativa al lavoro svolto, nei mesi di maggio e giugno del 1885, dal farmacista agrigentino Salvatore Bonfiglio (Sull'acqua di Bonamorone - Ricerche chimico geologiche -1886), descrive in modo accurato le analisi condotte su queste acque: in quel periodo le acque della fontana sgorgavano con una portata di circa 0,551/s.

Così: la «fontana Bonamorone, situata ad est di Girgenti, e da essa distante un po’ più di un chilometro presenta una resa complessiva di circa 33 litri per minuto primo, cioè un volume eguale a 47 1/2 m.c. per nelle 24 ore».

Scrisse che l’acqua di Bonamorone era «superiore all’acqua di Reitana presso Acireale, e a quella rinnovata della Fontana di Trevi di Roma». E precisa che «La Bonamorone è limpidissima, incolora, inodora, di gradito sapore. Lasciata in vasi chiusi nelle ore più calde della giornata di luglio ed agosto non ha dato luogo a produzione di muffe».

Pertanto: “l’acqua di Bonamorone per la sua composizione chimica per la sua temperatura e per la sua storia geologica si deve ritenere con tutta certezza come acqua potabile di buonissima qualità, fresca, bene ossigenata e salubre. Per il suo valore tecnico eccellente per gli usi vari di famiglia. Girgenti può vantare — concludeva orgogliosamente Bonfiglio — di possedere un’acqua delle più potabili e più pure del Mondo”.

Nella stessa zona dove era ubicata l'antica colonia agricola dei frati del monastero della Madonna di Bonamorone, gli agrigentini hanno realizzato un Giardino Botanico, che da qualche tempo è gestito dal Libero Consorzio Regionale di Agrigento, con altre strutture ipogee (pozzi e cavità orizzontali) a riprova dell'elevato potenziale della falda sotterranea. sono presenti circa ventimila piante riferibili ad oltre 300 colture ed essenze diverse, espressioni tipiche della macchia mediterranea.

In particolare un ulivo secolare del diametro di nove metri domina nella contrada Bonamorone e ne riporta il nome. Spesso ritratto da artisti arrivati nella Valle dei Templi, che lo considerano un monumento di rara eleganza.

Ricordiamo infine che a Bonamorone gli agrigentini hanno realizzato il loro cimitero comunale quando hanno smesso di seppellire i morti nelle chiese e nei conventi, preferendo questo angolo della città ad ogni altro perché vi regnava la pace e favoriva il raccoglimento.

Tornando all’immagine della Madonna di Bonamorone, una decina di anni dopo la costruzione un secondo convento dei Cappuccini (nel 1697 nell’attuale sito della “Villa del Sole”) ad Agrigento, avvenne la traslazione dell’immagine nel nuovo convento, più vicino al centro storico della città moderna. Attualmente l’immagine si può ammirare nel museo diocesano.
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