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Un antidoto contro il caldo in Sicilia: il tour (al fresco) fra boschi, laghetti e cascate

Una piccola oasi naturale nascosta dove ripararsi dalle alte temperature di quest'estate e immergersi in fresche acque. Un luogo di grande fascino

Federica Puglisi
Giornalista
  • 28 luglio 2025

Il torrente San Marco a Noto

Non solo mare. In questa stagione estiva per ripararsi dal gran caldo e abbandonarsi alla quiete e alle bellezze che la natura regala perché non raggiungere una piccola oasi sugli Iblei. A pochi passi dalla città di Noto, in provincia di Siracusa, si trova il torrente San Marco, che non è soltanto una località naturalistica di grande fasciano, ma anche un sito che ha una sua storia, che a quanto pare risale al periodo bizantino.

Situato tra i comuni di Noto e Palazzolo Acreide, il Torrente San Marco è un corso d'acqua, considerato il maggior affluente del fiume Manghisi, conosciuto per le sue bellezze naturali e l'ambiente incontaminato, ideale per escursioni e trekking acquatici.

È attorniato da un bosco di lecci e roverelle, che formano laghetti e cascate, ricchi di una rigogliosa vegetazione e diverse specie animali. La vegetazione appunto è molto varia, caratterizzata da aglio selvatico, salvia, lentisco, malva, iperico, nipitella, papaveri. Ma sono presenti anche alberi come pioppi, roverelle, cachi, fichi e nespole.

Il bosco che lo caratterizza è ricco di querce, salici, olmi, platani.

Il torrente San Marco è dunque un luogo ricco di fascino per le bellezze naturalistiche che lo circondano, una località che può essere scelta da quanti amano un turismo lento e soprattutto rispettoso dell’ambiente. E poi ci si può anche avventurare alla scoperta della storia di questo luogo. Ma è consigliabile farlo nei mesi meno caldi, perché il percorso è esposto al sole.

Sulla parete sinistra della valle del torrente, ben nascosti dalla vegetazione, ci sono degli antichi resti. Infatti nella contrada lungo l'antica regia trazzera si trovava, secondo alcuni antichi documenti, una comunità cristiana, stanziata nel sito probabilmente a partire dall’Altomedioevo.

Oggi restano tracce di questa comunità, e cioè antichi ruderi di una grande chiesa rupestre a tre navate, probabilmente racchiusa in un’ampia grotta naturale, che nel tempo però ha subito molti danni. Resta una parte ridotta della navata centrale e della navata destra.

Si vede poi una cappella absidata con lo sbocco di una fonte d’acqua e una scritta in greco incisa, probabilmente il battistero della chiesa.

I ruderi presentano anche tracce di affreschi purtroppo poco visibili. Si tratta dunque, con ogni probabilità, di un monastero, un cenobio tra i più caratteristici esempi di chiesa semirupestre del XII secolo. La sua costruzione, quindi, risale al periodo bizantino per ospitare una comunità eremitica che seguiva le regole di sant’Antonio Abate.

Per raggiungere la località naturalistica occorre recarsi lungo la strada statale 287 che collega i comuni iblei con Noto. È facile da percorrere anche se si consiglia l’utilizzo di scarpe da trekking per la difficoltà di alcuni tratti e abbigliamento da escursionismo, ma anche un cappellino per ripararsi dal sole e scarpe adatte all’acqua, perché una volta raggiunta la parte dei laghetti si può fare una sosta.

Ma è consigliabile raggiungere questa zona con una guida naturalistica: sono in tanti a promuovere itinerari alla scoperta di località ambientalistiche come l’associazione Natura Sicula, che si batte per tutelare le bellezze del territorio e promuovere un turismo di qualità e che rispetti l’ambiente.
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