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Un edificio (maestoso) dalle nobili origini: da qui passarono gli emiri e i reali di Sicilia

L'area in cui oggi sorge l'edificio era occupata dal Palazzo Reale, costruito dai normanni nell'undicesimo secolo. Ma le sue origini lo portano a un'epoca più antica

Livio Grasso
Archeologo
  • 1 aprile 2023

Palazzo della Dogana

Ubicato all’incrocio tra la via I Settembre e il viale San Martino, il Palazzo della Dogana è tra i monumenti più rappresentativi di Messina. In chiaro stile Liberty, fu costruito nel 1914 su progetto dell’ingegnere Giuseppe Lo Cascio.

Tuttavia, anticamente, l’area in cui sorge l’odierno edificio era occupata dal cosìddetto "Palazzo Reale", edificato dai normanni nell’ XI secolo. Secondo le fonti storiche, fino al XVIII secolo, fu una delle principali residenze reali della Sicilia.

Ciò malgrado, ulteriori testimonianze ne antepongono l’origine ad un’epoca ancora più antica. Infatti, gli studiosi ipotizzano la preesistenza di un edificio arabo che, durante la dominazione islamica in Sicilia, assurse a dimora degli emiri. Tale ipotesi, inoltre, è sorretta dal ritrovamento di alcune iscrizioni arabo-normanne risalenti al XII secolo.

Queste ultime, ad oggi conservate al “Museo regionale” della città messinese, ornavano le facciate della Reggia.
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Dunque, sulla base delle testimonianze pervenute, ben si evince che il complesso edilizio fu radicalmente ristrutturato ai tempi della reggenza normanna.

Nel 1061, difatti, Messina fu la prima città siciliana che cadde sotto il dominio di Roberto il Guiscardo e il fratello minore Ruggero, il quale poco dopo divenne primo Conte di Sicilia. I nuovi sovrani, oltre a ciò, demandarono ai migliori architetti di erigere poderose fortificazioni a presidio dell’intera circoscrizione territoriale.

Nel novero delle opere fortificate, a quanto sembra, rientrava pure il maestoso palazzo. Per di più, a cavallo tra il 1190 ed il 1191, siamo a conoscenza che vi soggiornò per diversi mesi Filippo II di Francia.

A tal proposito si tramanda che il re francese, diretto verso la Terra Santa per combattere la terza crociata, fu costretto ad interrompere il proprio viaggio a causa delle violente tempeste invernali. Nel periodo aragonese, invece, la residenza fu notevolmente ampliata su espressa volontà di Federico III.

In seguito, precisamente nella seconda metà del XVI secolo, fu sottoposta ad ulteriori modifiche strutturali da Andrea Calamech, architetto toscano incaricato dall’allora viceré Garcia di Toledo. L’intervento edilizio comportò la rimozione di due delle sei torri primigenie e, al contempo, la realizzazione di quattro logge insieme ad altrettanti saloni grandi.

Altri riadattamenti strutturali furono parzialmente intrapresi nel 1714 per mano di Filippo Juvarra, noto progettista messinese di casa Savoia. Il progetto propendeva per un rinnovamento radicale che conferisse alla struttura le caratteristiche di una vera e propria corte europea.

Ciononostante, a cagione del rientro della corte sabauda a Torino, la pianificazione edilizia non ebbe seguito. Sappiamo, altresì, che nel 1751 Carlo IV di Borbone incaricò alcuni esperti di effettuare una serie di rilievi sul fabbricato.

L’iniziativa, tuttora, risulta essere alquanto preziosa per ricostruire immaginariamente la vita che si conduceva all’interno della sede residenziale. In più, lo studio accurato dei dati analizzati, consente di risalire all’ impianto strutturale del corpo di fabbrica.

Il piano terra ospitava la lavanderia, la cucina e la cavallerizza. Al cosiddetto piano nobile, di converso, erano
presenti gli uffici della Tesoreria, della Segreteria di Stato e vari archivi.

Il terzo piano, diversamente, sfoggiava degli appartamenti sontuosi, una cappella e un salone per le feste da ballo. In ultimo, al quarto piano si accedeva agli alloggi per la servitù.

Ad ogni modo, tra il 1783 ed il 1908, si suole collocare l’arco temporale che segnò il progressivo declino della maestosa costruzione.
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