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Un intero quartiere scavato nella roccia (da scoprire): dove si trova la "Matera di Sicilia"

Anticamente l'area era adibita a necropoli e fu progressivamente trasformata in abitato trogloditico nel periodo Altomedievale, coincidente con la conquista araba

Balarm
La redazione
  • 24 settembre 2021

La Chiufara a Scicli

C’è un posto nel cuore di Scicli, nel Ragusano, che è ammantato nell’atmosfera magica della tradizione.

Siamo nella cosiddetta Chiafura l’antico quartiere, diventato oggi un parco archeologico, scavato nella roccia della città di Scicli.

Anticamente l'area era adibita a necropoli e fu progressivamente trasformata in abitato trogloditico nel periodo Altomedievale, coincidente con la conquista araba, e occupata senza soluzione di continuità fino alla metà del XX secolo.

L'origine del nome di Chiafura, menzionato per la prima volta nel 1684, è oscuro e sembra appartenere ad una denominazione topografica.

L'ipotesi più plausibile, infatti, è che il nome derivi dalla corruzione di una frase, della quale l'unico elemento chiaro potrebbe essere il “fora” finale, come ad indicare probabilmente un quartiere fuori dalla città.

L'abitato rupestre di Chiafura, occupa un intero fianco del colle di San Matteo, e si estende dalla cresta della collina, coronata dalle fortezze del Castellaccio e del Castello dei Tre Cantoni, fortificazione di probabile fondazione bizantina, fino alla sottostante valle di San Bartolomeo.
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Per questo tipologia di struttura, Chiafura viene definita la “Matera della Sicilia”. Si possono ammirare, infatti, una serie di abitazioni rupestri articolate in balze e gradoni sul crinale del Colle di San Matteo.

La loro principale caratteristica è quella di essere scavate nella roccia e costituite da uno o due vani rettangolari, di circa 4 o 5 metri di lato, precedute sempre da un piccolo terreno fertile detti “raffo”.

Ogni piccola grotta abitabile ha una precisa organizzazione interna: non può mancare un forno, dei fori scavati nella roccia, qualche nicchia per riporvi le suppellettili e, talvolta, una mangiatoia, spesso ricavata da un originario sepolcro.

In alcune grotte è possibile trovare una cisterna probabilmente di origine altomedievale, mentre in situazioni abitative più benestanti si trova un collegamento interno tra due grotte.

Nel tempo, nelle varie epoche, queste costruzioni, pur mantenendo l’originale impostazione sono state ampliate.

Questo agglomerato viene definito “città trogloditica” e corrisponde ad un abitato di dimensioni considerevoli, su pareti terrazzate e speroni formati dalla confluenza di almeno due cave, spesso culminante con la costruzione di una cittadella in muratura.

Tra queste peculiari abitazioni spiccano anche delle grotte, spesso dalla forma ad anfiteatro, posti in luoghi soleggiati o protetti e frequentemente accoglienti interi quartieri rupestri, come quello della Chiafura a Scicli o della Catena a Modica.

La difesa delle città troglodite è assicurata dall'occupazione dello sperone di confluenza tra due cave, ponendosi quasi come una sorta di naturale torre di vedetta per la città retrostante.

Chi ha vissuto in queste dimore non ha di certo dimenticato la dimensione di vita del tutto eccezionale, custodendo, nel tempo, anche una serie di oggetti e suppellettili originali dell’epoca.

Fra loro Carmelo Raimondo che, dal 2005, a messo a sistema una di queste grotte, la stessa dove a cavallo tra ‘800 e ‘900 vivevano i suoi nonni, dove racconta, ai visitatori che lo raggiungono sul posto, aneddoti e memorie.
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