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Un tempo il più grande spettacolo d’Europa: perché c'è stato il (vero) 400esimo Festino

“L’illuminazione della cattedrale è veramente magica”. I fuochi d’artificio si facevano in diversi punti della città, splendidi tra tutti quelli della Marina. La storia

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 15 luglio 2025

Il festino ai Quattro Canti

Il festino di Santa Rosalia che vediamo oggi è ben poca cosa rispetto a quello dei secoli passati, organizzato in pompa magna, con scenografici apparati effimeri. Il primo festino in onore di S. Rosalia ebbe luogo nell’estate del 1625.

Già il 22 gennaio il Senato di Palermo ordinò a tutta la popolazione “di fare luminarie” davanti alle finestre e alle porte delle abitazioni; ma le prime cerimonie organizzate in città risalgono al Giugno 1625 (quando si pensava che il contagio si fosse ormai esaurito), si svolsero durante le celebrazioni del Corpus Domini, chiuse dalla solenne cavalcata dell’Arcivescovo Giannettino Doria.

Per l’occasione fu disegnato un percorso speciale e vennero predisposti apparati magnifici, con elaborate allegorie barocche, paragonabili solo ai trionfi del contemporaneo giubileo romano. Il termine Festino entrerà nell'uso comune molto tempo dopo, solo nei primi dell'Ottocento. Erano gli anni in cui il festino di Santa Rosalia veniva definito "Lo spettacolo più bello d'Europa" e attirava visitatori da ogni dove.

“Scegliesti di viaggiare, e in Isvizzera ti recasti a pescare le trote, a Lisbona per bere il vino di Oporto, a Londra per vedere le corse di cavalli, a Palermo per assistere alla festa di S. Rosalia”, così scriveva lo scrittore Francesco Domenico Guerrazzi nel suo bizzarro racconto “Il buco nel muro”. In un libro del francese F. Bernard, queste feste occupavano parecchie pagine, e non v’era quasi viaggiatore del settecento e della prima metà dell’Ottocento che non se ne fosse occupato, magnificandole, come dimostra anche lo studio di Maria Pitrè, "Le antiche feste di Santa Rosalia descritte dai viaggiatori italiani e stranieri", che raccoglie le testimonianze di diversi autori: A. Dumas (1835), W. H. Thompson (1810), J. B. Nougaret (1818), A. De Sayve (1821), W. H. Smyth (1823), il marchese F. Carrone di S. Tommaso (1832), il Marchese De Salvo (1834), G. Quattromani (1835), ecc.

Il Festino, termine che come sottolinea Giuseppe Pitrè “non è come potrebbe parere una piccola festa, ma la più grande festa che si celebra in onore del Santo Patrono”, era qualcosa di grande e di sorprendente.

Scriveva Pietro Manni ad esempio nel1836 che i forestieri che giungevano a Palermo (città di 180.000 abitanti) per ammirare le feste di S. Rosalia, erano ben 40.000. “Io non ho veduto più imponente festività e noi sul continente non possiamo formarcene idea adeguata.” – scriveva Manni e ancora: “Tutto è grandioso e colossale”.

“La festa di S. Rosalia è uno dei più curiosi spettacoli che possano vedersi” affermava A. De Sayve, mentre si legge in W. H. Smyth (1823) “Il tempo propizio per vedere Palermo è quello del Festino di S. Rosalia in cui la città è illuminata, spettacolo superbo”.

La festa cominciava il 10 Luglio e terminava il 15, con la lunga processione delle reliquie, seguita dai religiosi, dai membri delle confraternite, da vare di santi e accompagnata dal suono di tamburi e trombe. Il popolino credeva che toccare l’urna contenente le ossa della santa risanasse da tutti i malanni e si vedeva una folla immensa in processione, con i devoti si affannavano per avvicinarsi alla Santuzza.

Al di là dell’aspetto religioso erano 5 Giorni di grande piacere e divertimento: “Dalla mattina al dopo pranzo si dorme. Dal dopo pranzo alla mattina si veglia” (G. Quattromani).

L’evento veniva celebrato, con sfarzose illuminazioni, davanti ai monasteri più importanti venivano posti fanali e tutte le vie erano ornate con archi e portici di legno (dove si leggeva: “Viva S. Rosalia e la real famiglia”) ricoperte di splendide lampade. Scriveva Nougaret: “Migliaia di lampade brillano sulle piramidi, archi dipinti e ornati di fiori artificiali e un numero infinito di lumi scintillano sulle finestre”.

Anche i giardini di Villa Giulia erano magnificamente illuminati. Il Senato di Palermo pubblicava un programma in cui erano descritti: l’itinerario degli spettacoli, il tema dei fuochi d’artificio e la forma del Carro. Ogni anno si faceva un nuovo Carro, veniva preparato alla Marina e nessuno doveva vederlo prima dei festeggiamenti: in realtà la struttura era sempre la medesima, a forma di vascello e la differenza era solo negli ornamenti.

Il Carro era più alto dei palazzi cittadini (80 piedi di altezza ossia oltre 24 metri); era coperto di ghirlande e di stoffe, che nascondevano l’orchestra seduta. Era trainato da muli o da 50 buoi riccamente bardati. Sul Carro venivano poste figure allegoriche, immagini di santi e sante e una statua di grandezza colossale in argento della Patrona Rosalia.

Veniva condotto tra canti, suoni e acclamazioni da Porta Felice a Porta Nuova. Grande successo avevano sempre le corse dei cavalli: se ne svolgevano diverse, sulla lunghezza di un miglio, partivano sempre da Porta Felice e terminavano a Porta Nuova. Le corse richiamavano tantissima folla, nonostante i premi fossero modesti.

La sera, sui balconi ricoperti di drappi e arazzi, si affollavano signore elegantemente vestite, con scintillanti gioielli. I palermitani, sfoggiavano i loro abiti migliori passeggiando in via Toledo e alla Marina.

Tutti andavano in carrozza scoperta, dalle 9 alle 11 di sera: a causa della folla si circolava a rilento, un buon modo per farsi vedere e ammirare. Le monache del Santissimo Salvatore, della Martorana, dell’Origlione e di Santa Caterina assistevano ai festeggiamenti, fino a tarda notte, dalle loro logge sui tetti della città. I siciliani noti per la loro ospitalità accoglievano calorosamente gli stranieri, li invitavano spesso a casa loro, e li intrattenevano con pranzi e festini.

L’ultima sera si ammirava la splendida illuminazione della cattedrale. Gli interni venivano decorati con tappezzeria di tessuti d’oro e d’argento, con specchi e lumi, con ventimila candele di cera: uno spettacolo che suscitava sorpresa e indicibile ammirazione: “Chi non ha veduto qualcosa di simile non può immaginare l’effetto”.

Scriveva Thompson; gli faceva eco Pietro Manni: “L’illuminazione della cattedrale è veramente magica”. I fuochi d’artificio si facevano in diversi punti della città, splendidi tra tutti quelli della Marina, realizzati da una impalcatura più alta delle case. Spesso rappresentavano fatti storici, come ad esempio una volta l’assedio e l’incendio di Troia.

I costi sostenuti dal Comune per la realizzazione della festa erano esorbitanti ma… per dirla con le parole di Alexander Dumas: “Tutto questo, si capisce, dava alle feste di S. Rosalia una riputazione superiore a quella ch’esse godono oggi, e lusingava molto l’amor proprio dei Siciliani”.
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