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Sotto gli occhi, distratti, di tutti: villa Messina-Verderame sepolta dagli abusi

Un gioiello liberty sconosciuto: mentre Roma è in rivolta per l'abbattimento dell'edificio al quartiere Coppedé, Palermo continua a dimenticare i suoi tesori

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 19 ottobre 2017

Villino Messina-Verderame in via Lo Jacono a Palermo

È un gioiello liberty, di uno dei più grandi allievi di Basile. In assoluto degrado. Una vergogna regionale. Se crolla, perdiamo un pezzo di storia dell'arte, un pezzo di umanità: si chiama villino Messina-Verderame e si trova in via Francesco Lo Jacono a Palermo, nel tratto che congiunge via Notarbartolo con via Costantino.

Mentre a Roma i cittadini manifestano contro l'abbattimento della palazzina storica nel quartiere Coppedé, Palermo continua a dimenticare i suoi tesori. Le soprintendenze italiane, forse, dormono troppo.

È un dato di fatto ormai e se il problema è la carenza di organico, forse bisogna assumere energie fresche e preparate perché abbiano contezza di ciò che la città possiede, come il villino liberty dimenticato da molti e sconosciuto anche dagli addetti ai lavori.

Si trova a dieci passi dalla più fortunata Villa Pottino, progettata a principio del Novecento da Ernesto Armò. Villa Messina-Verderame la progetta l'allievo integrale di Ernesto Basile, l'ingegnere Salvatore Benfratello, grande cattedratico prima a Pisa, poi a Palermo, dove nel 1932 succede allo stesso maestro, contribuendo alla costruzione della Facoltà di Ingegneria nell'immediato dopo guerra non solo fisicamente.
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L'edificio è del 1915 e possiede tutti gli elementi di un tributo personale al linguaggio modernista del maestro Basile, tipico degli allievi floreali, da Armò a Santangelo, da Caronia Roberti a Benfratello appunto.

Paraste angolari fuoriuscite da un basamento che salda a terra l'impaginato prospettico, finestre finemente decorate e cinte da raffinate cornici.

Esili modanature definiscono le fasce marcapiano che al piano primo smussano l'angolo da cui sorge l'elemento modernista della torretta basiliana ottagona, puntualmente intarsiata. E ancora i pilastrini superiori sporgenti il piano di gronda. Sostenuto da raffinati mensoloni aggettanti si impone l'altro marchio di fabbrica del balcone angolare e ancora, l'uso raffinato del ferro battuto, delle maioliche, del legno degli infissi perduti, dell'intonaco oggi giallo ocra.

Chi non ha mai visto quel capolavoro di cortometraggio firmato Walt Disney "The Little house"? La casetta sulla collina viene mortificata dalla speculazione edilizia che attenta costantemente alla sua esistenza. Anche Palermo possiede la sua "piccola casetta".

Abbandonata come si abbandona l'umanità in battaglia, costretta tra più alti edifici privi di un seppur minimo pregio artistico, divorata da questo Alzheimer culturale che distrugge intere porzioni di bellezza Liberty.

Negli anni dell'abbandono fu persino caserma dei carabinieri e da qualche decennio è proprietà, da quanto sia possibile accertare, dell'istituto di credito regionale C.R.I.A.S. di stanza a Catania che ha messo all'asta il bene e che per la seconda volta ha visto l'asta andare deserta.

È mai possibile che persino un edificio sopravvissuto all'olocausto liberty del sacco edilizio, sia lasciato al solitario rischio crolli nell'indifferenza della Capitale Italiana della cultura 2018?

Perché non farci al suo interno il museo del sacco edilizio, recuperando oltre alla memoria artistica di questa opera d'arte integrale, la memoria culturale di una città sfregiata dalla barbarie dell'asse democristiano Lima-Ciancimino?

È davvero così difficile pianificare le cose per bene, trovare soluzioni virtuose? Concludo, facendo presente che molti dei residenti degli edifici subito a ridosso, segnalano rischi per la statica dell'edificio a loro adiacente, rappresentando la presenza di strani odori provenienti dall'interno che immagino possano verosimilmente derivare dalla presenza di carcasse e deiezioni di piccioni accumulate sotto forma di bomba ecologica in decenni di oblio assoluto.

Qualcuno deve darci risposte. La Regione, in qualche misura proprietaria del bene? Il Comune, motore culturale di rilancio reale (almeno sulla carta?) La soprintendenza, attore principale della tutela monumentale.

Crollasse domani, villino Messina-Verderame, senza un loro sopralluogo congiunto, chiederemo ufficialmente la soppressione dell'articolo 9 della costituzione italiana, almeno qui a Palermo, nella Capitale italiana della cultura.

Due note positive, però sento di doverle lanciare. La prima è personale, sono disposto a formare, qualora le istituzioni locali non avessero nel loro organico le competenze tecniche necessarie, una equipe di tecnici disposti a prestare le loro competenze per salvare il bene e produrre una necessaria analisi almeno di primo livello, sullo stato di degrado dell'edificio abbandonato.

La seconda è un ponte sul futuro di tutti, qualora per la prima volta le istituzioni sopra elencate, decidessero di attivarsi davvero per la restituzione del Villino alla comunità, segnalo la disponibilità di donazione gratuita da parte di una famiglia locale del proprio archivio storico, contenente inediti squarci di società e cultura dal Gattopardo a oggi.

Resto fiducioso e attend, avido, riscontri perché profondamente convinto che con la cultura, si mangia, generando nuova cultura e preservando la nostra bellezza locale.

In fondo alla fine del corto di Disney, la piccola casetta rinasce attraverso l'interesse romantico di una nuova proprietà, una coppia di amanti del bello. Sia di buon auspicio il sogno allora, di uno scampolo di storia a lieto fine, di uno scorcio di normalità. #saveVillinoMessina
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