"A tutto Mambor": a Villa Zito la retrospettiva sull'eclettico artista e performer romano

"Ultimo giorno" (1963), olio su tela di Renato Mambor (part.)
Attraverso una selezione di quaranta opere pittoriche, una decina di sculture e fotografie, l’esperienza artistica di Renato Mambor (Roma, 1936) - protagonista della Scuola Romana di Piazza del Popolo - sarà esposta nelle sale di Villa Zito a Palermo fino al 15 luglio.
Dalle ore 18 di sabato 18 maggio, nell’ambito della Settimana delle Culture, si inaugura "A tutto Mambor. L'arte di osservare", a cura di Alberto Dambruoso e con un testo critico di Maurizio Calvesi, promossa dalla Fondazione Sicilia su un progetto di Marzia Spatafora.
Tra le opere più significative presenti, "Diario 67", opera collettiva composta da undici pannelli nella quale Mambor aveva chiamato a collaborare alcuni suoi amici compagni di strada: Boetti, Tacchi, Mauri, Icaro, Ceroli, Mattiacci, Marotta, Pascali, Pirelli, Remotti e Maini, su cui ciascuno era intervenuto con la propria cifra stilistica.
A quarant’anni di distanza dal primo, Mambor realizzò nel 2007 un nuovo diario composto da dieci elementi (di cui in mostra se ne possono ammirare quattro) riprendendo l’idea iniziale di un modulo compositivo identico per tutti i pannelli senza apporti esterni.
Un'altra sezione della mostra è dedicata alla documentazione fotografica del lavoro di carattere performativo realizzato dall’artista tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta in pieno clima "BodyArt".
«La collaborazione con un'importante appuntamento per la città, come Settimana delle Culture, conferma la volontà di Fondazione Sicilia - afferma il presidente, Raffaele Bonsignore - di essere sempre più parte attiva nel territorio. Siamo felici di ospitare, in questa occasione, la mostra su Renato Mambor, con tutte implicazioni che contiene la sua affascinante teoria sull'osservazione. Un tassello in più verso la divulgazione dei linguaggi contemporanei, altro obiettivo della Fondazione».
Renato Mambor esordisce nel 1959, a ventitré anni, assieme a Cesare Tacchi, in mostra con Mario Schifano.
Negli anni Sessanta diventa parte integrante della "Scuola di Piazza del Popolo", che fu come la risposta italiana, tra metafisica e futurismo, alla Pop Art americana.
Sagome e segnali stradali, ricalchi fotografici, timbri con omini, tele eseguite con rulli da tappezzeria, costituirono la sua cifra di riduzione stilizzata delle icone della cultura massmediale. Ma l'interesse per il teatro lo portò a privilegiare ricerche d’ambiente, con strutture come "L’evidenziatore" (1967), strumento meccanico per agganciare oggetti e spostarli nel mondo dell’arte.
Mambor fu uno dei primi artisti a spingersi oltre la pittura. Torna a dipingere negli anni Novanta sviluppando temi della percezione ("L’Osservatore", il "Decreatore"), propone ampie narrazioni grafiche (Istituto nazionale per la Grafica, Roma 1998, Galleria Civica di Modena 1999) e realizza anche installazioni spettacolari, come i sei autobus svuotati, abitati ciascuno da un artista, per la mostra "Fermata d’autobus", Roma 1996.
Nella performance "Fasce di pensiero" (1998) ribadisce il senso generale del suo lavoro: "ritrovare dentro l’occhio lo sguardo che arriva alla coscienza".
Dall’inizio della sua attività artistica, ha sviluppato un discorso che mirava al contatto diretto con lo spettatore: l'artista assorbiva a sé il ruolo del suggeritore, di indicatore di possibili realtà da cogliere o inquadrare sotto una diversa ottica.
Etica ed estetica si sono fuse fin dal principio nell’opera di Mambor che si è posta da sempre come un manuale per l’educazione della vista e un dispositivo in grado di trasformare le persone attraverso l’esperienza con la sua opera.
Dalle ore 18 di sabato 18 maggio, nell’ambito della Settimana delle Culture, si inaugura "A tutto Mambor. L'arte di osservare", a cura di Alberto Dambruoso e con un testo critico di Maurizio Calvesi, promossa dalla Fondazione Sicilia su un progetto di Marzia Spatafora.
Tra le opere più significative presenti, "Diario 67", opera collettiva composta da undici pannelli nella quale Mambor aveva chiamato a collaborare alcuni suoi amici compagni di strada: Boetti, Tacchi, Mauri, Icaro, Ceroli, Mattiacci, Marotta, Pascali, Pirelli, Remotti e Maini, su cui ciascuno era intervenuto con la propria cifra stilistica.
A quarant’anni di distanza dal primo, Mambor realizzò nel 2007 un nuovo diario composto da dieci elementi (di cui in mostra se ne possono ammirare quattro) riprendendo l’idea iniziale di un modulo compositivo identico per tutti i pannelli senza apporti esterni.
Un'altra sezione della mostra è dedicata alla documentazione fotografica del lavoro di carattere performativo realizzato dall’artista tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta in pieno clima "BodyArt".
«La collaborazione con un'importante appuntamento per la città, come Settimana delle Culture, conferma la volontà di Fondazione Sicilia - afferma il presidente, Raffaele Bonsignore - di essere sempre più parte attiva nel territorio. Siamo felici di ospitare, in questa occasione, la mostra su Renato Mambor, con tutte implicazioni che contiene la sua affascinante teoria sull'osservazione. Un tassello in più verso la divulgazione dei linguaggi contemporanei, altro obiettivo della Fondazione».
Renato Mambor esordisce nel 1959, a ventitré anni, assieme a Cesare Tacchi, in mostra con Mario Schifano.
Negli anni Sessanta diventa parte integrante della "Scuola di Piazza del Popolo", che fu come la risposta italiana, tra metafisica e futurismo, alla Pop Art americana.
Sagome e segnali stradali, ricalchi fotografici, timbri con omini, tele eseguite con rulli da tappezzeria, costituirono la sua cifra di riduzione stilizzata delle icone della cultura massmediale. Ma l'interesse per il teatro lo portò a privilegiare ricerche d’ambiente, con strutture come "L’evidenziatore" (1967), strumento meccanico per agganciare oggetti e spostarli nel mondo dell’arte.
Mambor fu uno dei primi artisti a spingersi oltre la pittura. Torna a dipingere negli anni Novanta sviluppando temi della percezione ("L’Osservatore", il "Decreatore"), propone ampie narrazioni grafiche (Istituto nazionale per la Grafica, Roma 1998, Galleria Civica di Modena 1999) e realizza anche installazioni spettacolari, come i sei autobus svuotati, abitati ciascuno da un artista, per la mostra "Fermata d’autobus", Roma 1996.
Nella performance "Fasce di pensiero" (1998) ribadisce il senso generale del suo lavoro: "ritrovare dentro l’occhio lo sguardo che arriva alla coscienza".
Dall’inizio della sua attività artistica, ha sviluppato un discorso che mirava al contatto diretto con lo spettatore: l'artista assorbiva a sé il ruolo del suggeritore, di indicatore di possibili realtà da cogliere o inquadrare sotto una diversa ottica.
Etica ed estetica si sono fuse fin dal principio nell’opera di Mambor che si è posta da sempre come un manuale per l’educazione della vista e un dispositivo in grado di trasformare le persone attraverso l’esperienza con la sua opera.
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