Due short play sull'alienazione e la violenza del mondo: Gigi Borruso incontra Harold Pinter

Gigi Borruso, Alessandra Guagliardito, Dario Frasca e Lucrezia Orlando (foto di Rossella Puccio)
E a portarlo in scena è Gigi Borruso - a 30 anni esatti dall’esordio con la regia del suo maestro, Michele Perriera - che cura la regia e interpreta, insieme a Dario Frasca e alle due giovani attrici Alessandra Guagliardito e Lucrezia Orlando, "Victoria Station" e "Il bicchiere della staffa". Scene e costumi sono a cura della scenografa Valentina Console che da anni collabora con Borruso, mentre le luci sono a cura di Vittorio Di Matteo.
"Victoria Station" è un brevissimo atto unico del 1982, uno dei lavori meno rappresentati dell'autore. Una storia metropolitana e notturna, sospesa e quasi irreale che vede in scena un tassista, che sembra girare senza meta per la città nella sua Ford Cortina, e la voce dell’uomo della centrale, chiuso nel suo ufficio, che gli chiede di non perdere tempo e di andare subito a prendere un certo Signor MacRooney a Victoria Station.
Ma l’autista dice di non sapere dove si trovi Victoria Station e rivela d’avere a bordo una donna che non vuole andare da nessuna parte. Dopo aver circolato a lungo, dice di essersi fermato sotto il Cristal Palace. Ma l'edificio è bruciato in un grande incendio. Dov’è allora il nostro tassista? E chi è la donna che porta con sé?
Di un'altra stoffa è "Il bicchiere della staffa", uno dei testi forse più "politici" di Pinter, andato in scena per via prima volta nel 1984 e ispirato probabilmente alle tragiche vicende della dittatura argentina. Un testo emblematico sui rapporti di dominio, sull’uso della parola quale arma devastante, sull’impotenza delle vittime. Una breve pièce che è anche una sintesi fulminante dell’attitudine pinteriana a costruire dialoghi inquisitori e oppressivi, dove si dispiega tutta la follia che regge la logica del dominio della nostra civiltà.
Potremmo essere nell’Argentina della dittatura e dei desaparecidos, come in un qualunque altro paese autoritario. Ma l’opera di Pinter, non è semplicemente atto di denuncia o atto banalmente politico, è piuttosto una profonda e spietata indagine sulle dinamiche del potere dell’uomo sull’uomo, un terribile squarcio sulla nostra paura dell’altro, sulla "parola" come strumento di dominio e controllo.
Lo spettacolo fa parte del ricco cartellone della stagione 2019 del Ditirammu "Tutto può succedere" che prevede ben 123 performance di cui 52 nuove produzioni, 90 produzioni del Ditirammu, 5 di teatro musicale, 21 approfondimenti legati alla tradizione e 26 spettacoli pensati per i più piccoli (leggi qui per saperne di più).
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