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L'Italia anni Ottanta tra centri sociali e musica: la mostra punk "Genova, Napoli, Palermo"

  • Baco about photographs - Palermo
  • Dal 18 aprile al 8 giugno 2019 (evento concluso)
  • Visitabile dal mercoledì al sabato dalle 16.00 alle 20.00. Lunedì, martedì e domenica chiuso
  • Gratuito
Balarm
La redazione

Genova, 1981-1983. Fotografia di Antonio Amato

La mostra "Genova Napoli Palermo", ideata da Baco about photographs e prodotta in collaborazione con Minimum, mette in dialogo diretto tre esperienze parallele testimoniate nelle fotografie recuperate dagli archivi di tre autori.

Antonio Amato (Genova), Toty Ruggieri (Napoli) e Fabio Sgroi (Palermo), restituiscono il ritratto di una generazione che condivideva lo stesso modo di stare e di guardare al mondo da tre città portuali nell'Italia postindustriale degli anni Ottanta. 

Tutte le stampe esposte sono prodotte da Cutterfish lab, il nuovo laboratorio di stampa fotografica fine art (analogica e digitale) situato negli spazi di Minimum e co-gestito con Baco. 

"Genova Napoli Palermo" è una mostra che in qualche modo rievoca l'Italia nel bel mezzo degli anni Ottanta: le strade e i primi spazi occupati , (come il Virus di via Correggio a Milano)che accese la scintilla punk del Bel Paese) e che costituivano imprescindibili punti di aggregazione. Un'italia in cui le avventure si consumavano nelle piazze mentre nascevano i primi centri sociali autogestiti e mente si faveva strada la contagiosa cultura del "Do It Yourself". 
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Erano tempi in cui le idee circolavano a gran velocità, i gruppi musicali erano catalizzatori di energia, rivolta e nuove forme di espressione; tempi in cui, grazie anche al geniale sistema di falsi cazione dei biglietti interrail, si viaggiava in lungo e in largo per tutta Europa a pochi spicci, visitando grandi metropoli - prime fra tutte Londra e Berlino - facendo conoscenze, intessendo rapporti e assorbendo come spugne le esperienze condivise con i giovani delle altre città.

La mostra è allora un omagio ai volti e ai protagonisti di quel periodo: antagonisti della noia e del politically correct. I fotografi Antonio Amato, Toty Ruggieri e Fabio Sgroi hanno rivolto il loro sguardo a loro restituendoci un ritratto compulsivo e nevrotico dei protagonisti di uno dei periodi creativamente più produttivi della storia del nostro Paese - e forse proprio uno degli ultimi.

Fotoreporter per vocazione, Toty Ruggieri nel 1984 lavorava già come inviato di “FRIGIDAIRE”, Antonio Amato avrebbe in futuro collaborato con diverse testate nazionali, mentre Fabio Sgroi entra a far parte, nel 1986, dell’agenzia di Letizia Battaglia e Franco Zecchin, Informazione fotogra ca, per conto del quotidiano “L’Ora” di Palermo.

Ma più che reportage, queste immagini sono piuttosto un prolungamento del loro vissuto, in cui un’urgenza espressiva carica di immediatezza e dotata di un sano tocco di immaturità, si mostra refrattaria a qualsiasi codi cazione formale del reale. E forse mai come in questo caso ritorna in mente l’af nità che esiste tra pelle e pellicola e che ci dà la libertà di leggere queste immagini come se fossero un transfert, un prelievo secco, nudo e crudo della realtà “così com’è”, impressa sul supporto della pellicola: una vera e propria dermogra a, estrazione a vivo di corpi e volti che si mostrano in danze scomposte. 

A Napoli, nel 1984 apriva le porte il Diamond Dogs. Una caverna di tufo a venti metri sottoterra dove tutto si addensava: un luogo singolare che riproduceva - capovolgendole in positivo però - tutte le tensioni che si respiravano in super cie nella città. Le tracce materiche di questo straordinario passaggio sotterraneo, intorbidito dal fumo e dagli umori viscerali della grotta, sembrano essersi depositate, indelebili, su questi negativi. Ma per quanto breve, l’esperienza del Diamond Dogs avrebbe fatto scuola, spianando la strada a pratiche e idee che, a distanza di qualche anno, sarebbero con uite nell’occupazione del TienAment, primo spazio sociale liberato e libertario della città, dove l’allora nascente cultura cyberpunk cominciava ad articolarsi, prendendo forma e trovando espressione nella poetica di gruppi come i Contropotere. 

Se da una parte è vero che Napoli dopo il terremoto del 1980 “rimase in bilico tra la grazia e la disperazione” (Pontoniere) o che Genova stesse attraversando uno dei periodi più feroci di repressione e ri usso dovuto alla presenza di una lotta armata ben radicata nel tessuto urbano della città, mentre a Palermo si assisteva, impotenti, alle stragi di ma a, è anche soprattutto vero che proprio in quegli stessi anni questi giovani visionari sono stati capaci di reagire costruttivamente a tutto ciò, creando, nelle rispettive città, delle dimensioni parallele in cui sperimentare stili di vita e forme di resistenza capaci di rompere de nitivamente col passato e di fornire una risposta coerente e incisiva a una società in piena crisi d’identità. 

Per quanto diverse dunque potessero apparire per contesto socio-culturale e condizioni di vita Genova, Palermo e Napoli, ciò che è certo è che quel sottofondo rumoroso che scuote il paesaggio urbano di queste città riproduce all’unisono una medesima attitudine, uno spirito e un modo di stare al mondo condivisi da un’intera generazione 
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