"Migration": a Castelbuono una mostra itinerante punta sull'accoglienza e il dialogo
Particolare della foto di Hadar Mitz
Il Museo Civico di Castelbuono è sede temporanea della mostra "Migration", un'esposizione itinerante co-prodotta dallo StadtMuseum di Düsseldorf (Germania), dal Museo Civico di Castelbuono (Italia) e dal Janco-Dada Museum di Ein Hod (Israele) e realizzata con il sostegno della Fondazione Federico II.
I tre poli geografici, entro i quali si muove la mostra, esprimono tre differenti punti di vista sul tema della migrazione, analizzandone gli elementi e le problematiche secondo prospettive e latitudini diverse, europee e mediterranee.
Il progetto espositivo comprende circa venti opere di Oren Fisher, Hadar Mitz, Margherita Moscardini, Edith Oellers, Klaus Richter e Francesco Simeti, che indagano le diversità politiche, economiche e geografiche sulla migrazione, questione di portata storica e quanto mai attuale, figlia di condizioni di vita precarie, situazioni di violenza o guerre.
Oren Fischer (Israele) è uno street artist autodidatta e attivista; il suo lavoro artistico è influenzato dalla lotta quotidiana tra i suoi vicini nel rumoroso quartiere di Tel Aviv, dove vive. Nelle sue opere crea un suo personale linguaggio, incorporando immagini, testi e caratteri tipografici con ironia e critica sociale.
C'è poi Margherita Moscardini (Italia) che con l'opera al neon "The Decline of the Nation State and the End of the Rights of Man" (Il Declino dello Stato Nazionale e la Fine dei Diritti dell'Uomo), titolo del nono capitolo del testo di Hannah Arendt "Le Origini del Totalitarismo", fa riferimento al destino dei diritti umani e a quello dello stato nazione, il paradigma con cui siamo abituati a vedere ormai diviso il mondo.
Le due opere in mostra di Edith Oellers (Germania) dai titoli "Plötzlicher Aufbruch" (Partenza improvvisa) e "Geheime Wanderung" (Escursione segreta), mostrano gruppi di persone in movimento: migrazione per l'artista significa abbandonare la propria la patria e il proprio posto nel mondo, ma anche avere una forza interiore alimentata dall’immaginazione. Le immagini sono simbolicamente dipinte sul retro di mappe geografiche tipiche delle scuole.
Klaus Richter (Germania) ricorda come, dopo la seconda guerra mondiale, la sua famiglia sia stata costretta ad abbandonare la Boemia, regione in cui i tedeschi avevano vissuto per seicento anni. Il personalissimo ritratto del 1948 della famiglia e di altri espulsi in un campo della città di Hof, in Alta Baviera, affianca una scultura in cui un migrante dalla lunga falcata va verso il suo destino di paura, ma anche di curiosità e speranza.
Francesco Simeti (Italia) porta in mostra la sua grande tenda di velluto "Curtain". Sulla superficie sinuosa si intrecciano storie provenienti dall’arte orientale e occidentale, fornendo un compendio di pittura, scultura e fotografia. Curtain diventa un portale che trasporta lo spettatore dalle sculture in Russia alle Trump Towers in India, tra fiori, fogliame, montagne e nuvole provenienti dalla storia dell’arte italiana.
La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese, pubblicato da Edizioni Kalós, e con testi delle tre curatrici, Maria Enza Puccia, presidente del Museo Civico, Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II, Andrea Cusumano, direttoreaArtistico di BAM e Clarissa Podbielski, avvocato ed esperta in Diritti umani, Diritto internazionale e Diritto dei rifugiati.
In occasione delle festività natalizie 2019, sulla facciata del Castello dei Ventimiglia è allestita una grande scritta luminosa concepita da #ditosinistro, dal 2015 estensione del pensiero dell'artista Francesco De Grandi. Una scritta sgangherata, di colore rosso che l'autore esegue con la mano manca, affrontando temi contemporanei con un atteggiamento caustico e fortemente incisivo.
I tre poli geografici, entro i quali si muove la mostra, esprimono tre differenti punti di vista sul tema della migrazione, analizzandone gli elementi e le problematiche secondo prospettive e latitudini diverse, europee e mediterranee.
Il progetto espositivo comprende circa venti opere di Oren Fisher, Hadar Mitz, Margherita Moscardini, Edith Oellers, Klaus Richter e Francesco Simeti, che indagano le diversità politiche, economiche e geografiche sulla migrazione, questione di portata storica e quanto mai attuale, figlia di condizioni di vita precarie, situazioni di violenza o guerre.
Oren Fischer (Israele) è uno street artist autodidatta e attivista; il suo lavoro artistico è influenzato dalla lotta quotidiana tra i suoi vicini nel rumoroso quartiere di Tel Aviv, dove vive. Nelle sue opere crea un suo personale linguaggio, incorporando immagini, testi e caratteri tipografici con ironia e critica sociale.
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Hadar Mitz (Israele), invece, osserva la natura e da essa deduce il comportamento umano: in mostra una serie di fotografie e video evocativi della complessità della natura umana e non.C'è poi Margherita Moscardini (Italia) che con l'opera al neon "The Decline of the Nation State and the End of the Rights of Man" (Il Declino dello Stato Nazionale e la Fine dei Diritti dell'Uomo), titolo del nono capitolo del testo di Hannah Arendt "Le Origini del Totalitarismo", fa riferimento al destino dei diritti umani e a quello dello stato nazione, il paradigma con cui siamo abituati a vedere ormai diviso il mondo.
Le due opere in mostra di Edith Oellers (Germania) dai titoli "Plötzlicher Aufbruch" (Partenza improvvisa) e "Geheime Wanderung" (Escursione segreta), mostrano gruppi di persone in movimento: migrazione per l'artista significa abbandonare la propria la patria e il proprio posto nel mondo, ma anche avere una forza interiore alimentata dall’immaginazione. Le immagini sono simbolicamente dipinte sul retro di mappe geografiche tipiche delle scuole.
Klaus Richter (Germania) ricorda come, dopo la seconda guerra mondiale, la sua famiglia sia stata costretta ad abbandonare la Boemia, regione in cui i tedeschi avevano vissuto per seicento anni. Il personalissimo ritratto del 1948 della famiglia e di altri espulsi in un campo della città di Hof, in Alta Baviera, affianca una scultura in cui un migrante dalla lunga falcata va verso il suo destino di paura, ma anche di curiosità e speranza.
Francesco Simeti (Italia) porta in mostra la sua grande tenda di velluto "Curtain". Sulla superficie sinuosa si intrecciano storie provenienti dall’arte orientale e occidentale, fornendo un compendio di pittura, scultura e fotografia. Curtain diventa un portale che trasporta lo spettatore dalle sculture in Russia alle Trump Towers in India, tra fiori, fogliame, montagne e nuvole provenienti dalla storia dell’arte italiana.
La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese, pubblicato da Edizioni Kalós, e con testi delle tre curatrici, Maria Enza Puccia, presidente del Museo Civico, Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II, Andrea Cusumano, direttoreaArtistico di BAM e Clarissa Podbielski, avvocato ed esperta in Diritti umani, Diritto internazionale e Diritto dei rifugiati.
In occasione delle festività natalizie 2019, sulla facciata del Castello dei Ventimiglia è allestita una grande scritta luminosa concepita da #ditosinistro, dal 2015 estensione del pensiero dell'artista Francesco De Grandi. Una scritta sgangherata, di colore rosso che l'autore esegue con la mano manca, affrontando temi contemporanei con un atteggiamento caustico e fortemente incisivo.
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