"Rosa fulgida" a Palazzo Riso: una mostra fotografica per la Santuzza di Palermo
Particolare di una delle foto della collettiva "Rosa Fulgida" (credits: Lorella Aiosa)
Il Festino è la festa dei palermitani, della loro mente, dell’espressione della loro creatività e devozione, in un percorso di ricerca delle radici e di riappropriazione dell’identità. Le immagini fotografiche hanno lo scopo di individuare le costanti che lo caratterizzano; ed è per questo che le riprese fatte sia sull’aspetto religioso della festa, che quelle realizzate nei momenti “collaterali”, rappresentano i palermitani come i veri artefici e protagonisti.
Del resto è risaputo che le espressioni di religiosità popolare, e le sue derivate azioni a margine, sono una chiave privilegiata per capire a fondo la cultura di un popolo, nonché le radici della sua tradizione. I reportage fotografici realizzati hanno anche un approccio antropologico nella complessità di questo evento, in cui è possibile leggere in filigrana la natura dei sentimenti, delle relazioni sociali, delle azioni dei partecipanti.
L’insieme delle foto in cui si osserva la gente sul sagrato della cattedrale, le insegne delle confraternite, l’uscita della “vara”, i volti dei portatori, la meraviglia dei turisti, l’ansia dei fedeli, contribuiscono a dare un quadro d’intenso coinvolgimento verso l’evento.
Ed è in tutto ciò che possiamo leggere i “segni” di una collettività: lo spazio come materializzazione dei rapporti sociali; la festa come luogo di coesistenza fra umili e potenti; i simboli dell’appartenenza.
I reportage realizzati in diverse edizioni, e da diverse mani, dal 1995 al 2019, mostrano dei punti di contatto con l’antropologia visiva.
Ma è necessario dire che il punto di partenza è diverso, poiché la “spinta” verso questa ricerca nasce da un interesse per la realtà visiva originale e il desiderio e la consapevolezza che pur nella documentazione si realizza una personale interpretazione. Siamo convinti che la fotografia, come ogni altro strumento di comunicazione, non è, né può essere, neutrale; la fotografia può anche essere un documento, ma non sarà mai oggettiva: è sempre e soltanto un punto di vista. Come tutti i punti di vista però può contribuire a costruire la storia, in questo caso di una tradizione.
Così, esulando da un approccio nostalgico che imbalsama la tradizione, gli autori della collettiva esposta a Palazzo Riso (Michele Di Leonardo, Leda Terrana, Massimiliano Gaglio, Lorella Aiosa, Salvo Valenti, Chandra Giudice), indendono in quest’occasione volgere lo sguardo attento e partecipe alla tradizione che persiste nella modernità.
Del resto è risaputo che le espressioni di religiosità popolare, e le sue derivate azioni a margine, sono una chiave privilegiata per capire a fondo la cultura di un popolo, nonché le radici della sua tradizione. I reportage fotografici realizzati hanno anche un approccio antropologico nella complessità di questo evento, in cui è possibile leggere in filigrana la natura dei sentimenti, delle relazioni sociali, delle azioni dei partecipanti.
L’insieme delle foto in cui si osserva la gente sul sagrato della cattedrale, le insegne delle confraternite, l’uscita della “vara”, i volti dei portatori, la meraviglia dei turisti, l’ansia dei fedeli, contribuiscono a dare un quadro d’intenso coinvolgimento verso l’evento.
Ed è in tutto ciò che possiamo leggere i “segni” di una collettività: lo spazio come materializzazione dei rapporti sociali; la festa come luogo di coesistenza fra umili e potenti; i simboli dell’appartenenza.
I reportage realizzati in diverse edizioni, e da diverse mani, dal 1995 al 2019, mostrano dei punti di contatto con l’antropologia visiva.
Ma è necessario dire che il punto di partenza è diverso, poiché la “spinta” verso questa ricerca nasce da un interesse per la realtà visiva originale e il desiderio e la consapevolezza che pur nella documentazione si realizza una personale interpretazione. Siamo convinti che la fotografia, come ogni altro strumento di comunicazione, non è, né può essere, neutrale; la fotografia può anche essere un documento, ma non sarà mai oggettiva: è sempre e soltanto un punto di vista. Come tutti i punti di vista però può contribuire a costruire la storia, in questo caso di una tradizione.
Così, esulando da un approccio nostalgico che imbalsama la tradizione, gli autori della collettiva esposta a Palazzo Riso (Michele Di Leonardo, Leda Terrana, Massimiliano Gaglio, Lorella Aiosa, Salvo Valenti, Chandra Giudice), indendono in quest’occasione volgere lo sguardo attento e partecipe alla tradizione che persiste nella modernità.
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