"Senso": la mostra di Camilla Ancilotto e Andrea Pacanowski a Villa Malfitano
"Il pasto nudo sul pianeta rosso" di Andrea Pacanowski
L’esclusivo e vasto ambiente sotterraneo archivoltato della neoclassica Villa Malfitano è stato appositamente scelto per invitare lo spettatore a calarsi in un’atmosfera più raccolta e intrigante, dark e underground; l’esposizione degli artisti Camilla Ancilotto e Andrea Pacanowski si articola in un percorso dell’ampia galleria ponendo in silente conversazione le loro opere legate dal sottile fil-rouge dell’eterno femminino nelle sue declinazioni erotiche e identitarie.
L’esposizione si sviluppa sul doppio binario dell’interazione e della contemplazione: il codice mobile del lavoro della Ancilotto, che dà forma a figurazioni plurime e proteiformi, trova un suo suggestivo completamento nelle pure e “sincretiche” fotografie di Pacanowski; figure in potenza offerte alla manipolazione del fruitore, quelle della Ancilotto, e immagini già determinate dal processo creativo anteriore quelle di Pacanowski che le presenta allo “spectator” come sue intime, sedimentate rivelazioni psico-oniriche.
Le forme si aprono, i contorni si dissolvono: il leitmotiv del corpo femminile, usato, abusato, sognato, goduto, si affianca al tema di una ricerca identitaria che si scopre ancora in fieri: fisicità mutanti, corpi sovrapposti, fisionomie liquide, volti doppi raccontano una indeterminatezza che è specchio di una delicata, talvolta drammatica, condizione sociale in trasformazione.
Dalla luce degli sfavillanti sfondi argentati e dorati da cui emergono corpi nudi immobilizzati nella legatura del Kinbaku - sacre icone contemporanee pervase da un raffinato misticismo erotico - e con la luce della scrittura luminosa del medium fotografico - che restituisce visioni materico-cromatiche con sorprendenti esiti pittorici, quasi impressionisti - le figure si liberano, rinascono, traggono forza della loro essenza metamorfica.
L’esposizione si sviluppa sul doppio binario dell’interazione e della contemplazione: il codice mobile del lavoro della Ancilotto, che dà forma a figurazioni plurime e proteiformi, trova un suo suggestivo completamento nelle pure e “sincretiche” fotografie di Pacanowski; figure in potenza offerte alla manipolazione del fruitore, quelle della Ancilotto, e immagini già determinate dal processo creativo anteriore quelle di Pacanowski che le presenta allo “spectator” come sue intime, sedimentate rivelazioni psico-oniriche.
Le forme si aprono, i contorni si dissolvono: il leitmotiv del corpo femminile, usato, abusato, sognato, goduto, si affianca al tema di una ricerca identitaria che si scopre ancora in fieri: fisicità mutanti, corpi sovrapposti, fisionomie liquide, volti doppi raccontano una indeterminatezza che è specchio di una delicata, talvolta drammatica, condizione sociale in trasformazione.
Dalla luce degli sfavillanti sfondi argentati e dorati da cui emergono corpi nudi immobilizzati nella legatura del Kinbaku - sacre icone contemporanee pervase da un raffinato misticismo erotico - e con la luce della scrittura luminosa del medium fotografico - che restituisce visioni materico-cromatiche con sorprendenti esiti pittorici, quasi impressionisti - le figure si liberano, rinascono, traggono forza della loro essenza metamorfica.
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