Un microcosmo familiare, specchio crudele dell'Italia di oggi: "456" in scena al Teatro Biondo
Il cast di "456" di Mattia Torre
Un microcosmo familiare, specchio crudele dell'Italia di oggi: dal 2 al 7 aprile la Sala Grande del Teatro Biondo di Palermo ospita "456", la storia comica e violenta di una famiglia che vive isolata in mezzo a una valle oltre la quale percepisce l’ignoto.
Lo spettacolo, che si inquadra all'interno della stagione "[De]generazioni" (leggi l'articolo di approfondimento) ed è prodotto da Marche Teatro / Nutrimenti Terrestri / Walsh, è scritto e diretto da Mattia Torre con l'aiuto regia Francesca Rocca. I costumi sono di Mimma Montorselli, assistente ai movimenti scenici è Alberto Bellandi, datore luci è Gianni Di Carlo, ai suoni Jacopo Pace.
Padre, madre e figlio sono ignoranti, diffidenti, nervosi. Si lanciano accuse, rabboccano un sugo di pomodoro lasciato dalla nonna morta anni prima, litigano, pregano, si odiano. Ognuno dei tre rappresenta per gli altri quanto di più detestabile ci sia al mondo.
Lo spettacolo nasce dall’idea che l’Italia non sia un paese, ma una convenzione, che non avendo un’unità culturale, morale, politica, rappresenti oggi una comunità di individui posti gli uni contro gli altri, per precarietà, incertezza, diffidenza e paura.
In forma di commedia, "456" racconta come proprio all’interno della famiglia, che dovrebbe essere nucleo protettivo e aggregante, nascano i germi di questo conflitto: la famiglia sente ostile la società che gli sta intorno ma finisce per incarnarne i valori più deteriori, incoraggiando la diffidenza, l’ostilità nei confronti degli altri, il cinismo, la paura.
Lo spettacolo, che si inquadra all'interno della stagione "[De]generazioni" (leggi l'articolo di approfondimento) ed è prodotto da Marche Teatro / Nutrimenti Terrestri / Walsh, è scritto e diretto da Mattia Torre con l'aiuto regia Francesca Rocca. I costumi sono di Mimma Montorselli, assistente ai movimenti scenici è Alberto Bellandi, datore luci è Gianni Di Carlo, ai suoni Jacopo Pace.
Padre, madre e figlio sono ignoranti, diffidenti, nervosi. Si lanciano accuse, rabboccano un sugo di pomodoro lasciato dalla nonna morta anni prima, litigano, pregano, si odiano. Ognuno dei tre rappresenta per gli altri quanto di più detestabile ci sia al mondo.
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Tuttavia occorre una tregua perché sta arrivando un ospite atteso da tempo, che può e deve cambiare il loro futuro. Tutto è pronto, tutto è perfetto. Ma la tregua non durerà.Lo spettacolo nasce dall’idea che l’Italia non sia un paese, ma una convenzione, che non avendo un’unità culturale, morale, politica, rappresenti oggi una comunità di individui posti gli uni contro gli altri, per precarietà, incertezza, diffidenza e paura.
In forma di commedia, "456" racconta come proprio all’interno della famiglia, che dovrebbe essere nucleo protettivo e aggregante, nascano i germi di questo conflitto: la famiglia sente ostile la società che gli sta intorno ma finisce per incarnarne i valori più deteriori, incoraggiando la diffidenza, l’ostilità nei confronti degli altri, il cinismo, la paura.
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