SALUTE E BENESSERE
A Palermo svelate le chiavi per vivere più a lungo: "Come invecchiare bene"
Le variabili di sesso e genere non solo l’incidenza e la progressione delle malattie, ma anche la risposta ai trattamenti la percezione del dolore, la resistenza allo stress
Il professore Calogero Caruso
Il volume Role of Sex and Gender in Aging and Longevity, pubblicato da Elsevier e presentato il 10 novembre il Complesso Monumentale di Palazzo Steri, presso l’Aula Magna, è il frutto di una ricerca internazionale coordinata dal professore Calogero Caruso, tra i pionieri dello studio dei meccanismi biologici dell’invecchiamento. Il libro nasce dall’urgenza di offrire una riflessione integrata e multidisciplinare su come il nostro corpo (il sesso) e le convenzioni socioculturali che ci circondano (il genere) influenzino il modo in cui invecchiamo. Il volume, frutto della collaborazione di studiosi locali, nazionali e internazionali, raccoglie anni di ricerca e confronto interdisciplinare.
Al centro, un’idea chiara e rivoluzionaria: non esiste un modo unico di invecchiare, ma tanti quanti sono i corpi, le storie e i contesti sociali. Le variabili di sesso e genere determinano non solo l’incidenza e la progressione delle malattie, ma anche la risposta ai trattamenti, la percezione del dolore, la resistenza allo stress e, persino, le dinamiche psicologiche e sociali che accompagnano l’età avanzata.
L’iniziativa, sostenuta dall’Università di Palermo, rientra in una visione più ampia che promuove una ricerca aperta e cooperativa, capace di dialogare con altre discipline e con la società. Il Rettore, Massimo Midiri, insieme al Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia, Marcello Ciaccio, alla Direttrice Generale dell’AOUP "Paolo Giaccone", Maria Grazia Furnari, al Direttore del Dipartimento BIND, Riccardo Alessandro, e al Presidente dell’OMCEO di Palermo, Salvatore Amato, hanno portato i saluti istituzionali in apertura dei lavori.
È ormai ben noto che, in tutto il mondo, le donne tendono a vivere più a lungo degli uomini, con una differenza media di aspettativa di vita di quattro o cinque anni. Questo vale indipendentemente dal luogo in cui le donne vivono, dal reddito o da molti altri fattori, e si osserva persino nella maggior parte degli altri mammiferi.
Tuttavia, come spiega il professore, «il fatto che le donne vivano più a lungo non significa necessariamente che vivano meglio». Le donne, infatti, tendono ad avere una durata di vita in buona salute più breve rispetto agli uomini, una health span ridotta. «Molte donne – sottolinea Caruso – vivono cinque o sei anni in più degli uomini, ma non sempre in buona salute. Spesso questi anni aggiuntivi sono accompagnati da fragilità, depressione o malattie croniche, e ciò è anche il riflesso della condizione sociale femminile, del loro continuo prendersi cura degli altri, dei genitori, dei figli o del partner».
Lo squilibrio tra longevità e salute è solo una parte di un mosaico più ampio. Come chiarisce Caruso, una quota dell’invecchiamento è legata al sesso biologico: «Uno studio condotto su varie specie di mammiferi e uccelli ha mostrato che, eccetto gli uccelli, le femmine vivono più a lungo dei maschi. Questo sembra dipendere dai cromosomi sessuali: negli esseri umani le donne hanno due X, mentre gli uomini hanno un X e un Y, e la doppia dose di cromosoma X sembra favorire una maggiore sopravvivenza».
Ma i fattori biologici non bastano. «Il genere – precisa il professore – si riferisce invece a tutto ciò che la società costruisce intorno al maschile e al femminile: ruoli, comportamenti, abitudini. Un esempio semplice è quello della vitamina D: in alcune culture dove le donne sono completamente coperte, la carenza di vitamina D non è dovuta a un fattore biologico ma al genere, alla loro impossibilità di esporsi al sole».
Il volume, denso di contributi internazionali, affronta proprio queste connessioni tra biologia e società, tra ormoni e orizzonti culturali. Comprendere ciò che rende un sesso più resiliente o più vulnerabile può aprire la strada a nuovi percorsi di ricerca, terapie e politiche di salute pubblica più eque. E quando si parla di longevità, non basta contare gli anni.
«I veri segreti per invecchiare bene – afferma Caruso – sono in realtà molto semplici: camminare ogni giorno, seguire un’alimentazione simile alla dieta mediterranea tradizionale, povera di carne rossa e ricca di legumi, frutta e olio d’oliva, e mantenere una rete sociale viva. Le zone blu del mondo – dalla Sardegna a Okinawa – ci insegnano che il movimento quotidiano, l’alimentazione naturale e il senso di comunità sono i pilastri dell’invecchiare bene».
L’isolamento, al contrario, è nemico della salute: «La solitudine è una forma di stress cronico – dice –. Io stesso vedo la differenza tra Erice, dove quando esco di casa saluto dieci persone, e Palermo, dove a malapena si parla col portiere». Il professore ricorda anche come, nella medicina di genere, la percezione del dolore sia ancora un terreno diseguale: «Le donne sentono più dolore degli uomini, eppure spesso viene sottovalutato anche dalle stesse infermiere, che inconsciamente trattano con più attenzione il dolore maschile».
Queste riflessioni, più che scientifiche, diventano sociali, etiche, persino filosofiche. Il libro non pretende di offrire risposte definitive, ma propone strumenti per leggere l’invecchiamento umano attraverso una lente più consapevole e complessa. Un percorso che intreccia biologia e cultura, corpo e società, e invita a riconoscere il ruolo centrale del sesso e del genere per costruire una vecchiaia più equa, dignitosa e – finalmente – umana. In un mondo in cui l’età media si allunga e le esigenze sanitarie si fanno sempre più complesse, capire come e perché uomini e donne invecchiano in modo diverso significa prepararsi a una medicina del futuro più consapevole e inclusiva.
L’Università di Palermo, ancora una volta, si conferma laboratorio di innovazione e di pensiero, capace di accogliere sfide globali con una prospettiva locale, valorizzando le competenze e le sinergie del territorio. E se la longevità è uno degli orizzonti più affascinanti del nostro tempo, iniziative come questa ne tracciano la rotta: appare necessario oggi porre attenzione su una scienza che non si limita a misurare gli anni, ma che insegna a comprenderli, a viverli e, forse, a renderli migliori per tutti.
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