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A Palermo una nave di pietra arenata all'Arenella: lì dal 1700, oggi dimenticata

Un viaggio virtuale all'interno delle cabine scavate nella roccia per "Dodici allievi" che venivano nutriti, ospitati e istruiti: nasce infatti come ipermoderno istituto nautico

  • 9 maggio 2019

La "Nave di pietra" dell'Acquasanta di Palermo

Nel maggio del 1775 monsignor Don Giuseppe Gioeni e Valguarnera, dei duchi di Angiò, decise di fondare a Palermo un Seminario nautico "capace di fornire alla città e alla Sicilia, gente di mare adeguata".

Per questo motivo, stranamente, costruì sulla spiaggia dell’Acquasanta, sotto le casene di Geraci e di San Michele un vascello in muratura.

A tal proposito, il marchese di Villabianca, nel suo Diario, scrisse: "La camera della poppa fu invero deliziosa, perché fatta larga coi suoi camerini ai lati, coperta da cupole e volta reale, sopra la quale salendosi per due scaline, vi si passeggiava col piacere di dominarvi da per tutto il mare a veduta di campagna, del porto prossimo alla città. Scendendosi indi in questo vascello, si trovano a piedi delle rocche tre camerette, formate nelle grotte, ch’esistono nello scoglio della detta spiaggia, una delle quali servì per l’uso dei bagni d’acqua marina, la seconda per rimessa di una gondola, e la terza per conserva di corde, di mobili e di attrezzi marittimi".
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L’opera costò oltre mille onze d’argento, una cifra considerevole per quel tempo e fu pagata dei cittadini. Essi, però, ritennero monsignor Gioeni "un testa folle" (oggi diremmo "pazzo"): si riteneva, infatti, che le maree l’avrebbero distrutta.

L’unica considerazione giusta, invece sarebbe stata chiedere come mai il monsignor Gioeni, abbate di Santa Maria di Pedale, che riceveva circa 5mila scudi annui essendo il Prelato di Valdina non avesse speso personalmente neanche uno scudo.

La strana opera fu utilizzata come scuola nautica, alcuni dei ragazzi che la frequentavano erano orfani. Qui imparavano le prime nozioni della navigazione, fino conseguire la patente nautica.

Monsignor Gioeni, nel primo anno della sua fondazione, ospitò 12 alunni "giovani orfani e poveri figli di piloti, nati nella Sicilia, colla condizione di sapere nell’entrarvi leggere e scrivere ed aritmetica, e di tenere l’età di anni 15 a cui garantiva vitto, alloggio ed abbigliamento".

Quando l’opera fu costruita, probabilmente era dotata di una rampa di scala in muratura, costruita “alla marinara”, simile ad una passerella d’imbarco, utilizzata dai ragazzi che la frequentavano.

Le stanze assomigliavano a confortevoli cabine con cuccette ed oblò. Anche l’attrezzatura tecnica fu di prim’ordine. Nella parte superiore dell’immobile (astraco), furono poste bellissime piastrelle sopra le quali, il Monsignore fece impianta pennoni, alberi maestri, vele, sartie e tutto quello che serviva per le esercitazioni sul ponte di un nave.

Nel 1792, in seguito al numero crescente di convittori, il seminario fu trasferito presso il Convento dei Padri Mercedari Scalzi nei pressi del Molo e la "nave di pietra", dopo quasi due secoli, rimane ancor oggi a sovrastare gli esigui ruderi della cementificata “peschiera” mostrando alla sua estremità, in prossimità della prua, un caratteristico rostro in ferro.

Dopo il suo abbandono, fu occupata da alcune famiglie del luogo e la struttura fu modificata. Gli oblò divennero finestre con le persiane, la terrazza fu utilizzata per stendere i panni.

Oggi, la nave di pietra, a dispetto di coloro che auspicavano la sua distruzione, si trova ancora sul posto. È in pessime condizioni ma si erge ancora e continua a sfidare la furia degli agenti atmosferici. Non gode di ottima salute ma questa è un’altra storia.
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