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Acireale, il più bel carnevale di Sicilia: una storia di limoni e carri iniziata nel 1594

Le origini della tradizione acese del Carnevale dalle sfide in strada poi vietate, ai carri allegorici di cartapesta grazie all'ingegno, all'arte e alla maestria di famiglie di artigiani

  • 2 marzo 2022

Il Carnevale di Acireale, considerato il più bello di tutta la Sicilia, ha origini molto antiche, risalenti addirittura al 1594 secondo alcune fonti. All’epoca ovviamente non si trattava di una vera e propria manifestazione organizzata, anche se pare fosse già molto sentita e partecipata. Nel tempo si diffuse l’usanza di organizzare delle sfide in strada a colpi di limoni e arance, ma nel 1612 un bando della corte criminale di Jaci vietò categoricamente ai cittadini questo gioco durante il periodo di ‘carnelivari’ a causa dei gravi incidenti che si erano verificati.

Il Carnevale cominciò a evolvere e ad incentrarsi sulla satira, sullo scherzo e sulle maschere e nel 1667 infatti, fece la sua comparsa la maschera dell'Abbatazzu, con l'intenzione di sbeffeggiare i nobili e i membri del clero. Dal 1693, in seguito al terremoto, i festeggiamenti furono sospesi per quarant’anni.

Alla ripresa, fecero la loro apparizione altre maschere caratteristiche, come i 'Baruni' che con i loro costumi simili agli abiti dei nobili prendevano in giro l'aristocrazia. I 'Manti' invece, avevano il compito di mantenere in anonimato chi l'indossava.
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Ma è nel XIX secolo che il Carnevale di Acireale si caratterizzò ulteriormente acquisendo l’identità peculiare che lo rende unico fino ad oggi, arricchendosi con l'ingresso dei nobili che partecipavano con le loro carrozze addobbate, lanciando confetti colorati. Nel 1880 gli artigiani acesi iniziarono a produrre i primi carri allegorici che tirati dai buoi sfilavano per le strade della città.

Erano i carri di cartapesta, una tradizione artigianale tipica acese destinata a diventare l’attrattiva principale di tutta la festa. Per distinguersi dagli altri Carnevali dell’isola, Acireale introdusse nel 1930 le “macchine infiorate” ovvero carrozze (e anche automobili) decorate con composizioni floreali.

Negli anni '50 e '60 fecero la loro apparizione i cosiddetti 'lilliput', carri allegorici o infiorati in miniatura per la gioia dei bambini e si organizzarono nel quartiere dei Cappuccini dei giochi popolari. Uno dei più noti era il gioco della 'ntinna, un albero della cuccagna nostrano, 'a manciata nta maidda', dove i giocatori con le mani legate dietro la schiena dovevano mangiare dentro una maidda ricolma di maccheroni al sugo, salsiccia e polpette o il gioco 'du tavulazzu', corsa coi sacchi e altri.

Il Carnevale si perfezionò sempre di più realizzando carri allegorici e infiorati sempre più sofisticati e colorati. Oggi le illuminazioni a LED, i movimenti computerizzati delle maschere allegoriche, l’affinazione della lavorazione della cartapesta con metodi modernissimi hanno reso i carri davvero spettacolari. Le stesse “macchine infiorate” sono diventate enormi carri infiorati, con oltre 13.000 fiori veri (gerani, principalmente) anche questi con movimenti computerizzati.

Acireale ha trasformato questa festa in un’occasione di arte e poesia che sprizza di ironia, sarcasmo, ma anche garbo e grande maestria. Determinanti sono state le famiglie di artigiani che dagli anni ‘50 hanno permesso di introdurre i marchi distintivi di quello che è diventato il più bel carnevale di Sicilia, costellate di personaggi assai simpatici e particolari come racconta Natale Longo, grande conoscitore del Carnevale di Acireale, e soprattutto grandi maestri, nonostante qualcuno non abbia mai ricevuto alcun premio.

Come nel caso di Carlo Papa ricordato per l’ingenuità, la semplicità e l’irruenza. Un carrista eternamente perdente, ma battagliero e contestatore. Fu lui stesso a demolire uno dei suoi ultimi carri in piazza Duomo, arrabbiato per i risultati della premiazione, e in preda all’ennesima delusione. Anche Nitto Ardizzone fu un vero maestro della cartapesta anche se non ha mai avuto molto successo.

Ancora Natale Longo, definisce, invece, Giovanni Condorelli il maestro indiscusso dei movimenti, che in una sola maschera riuscì ad inserirne dodici tra naso,orecchie, ciglia, sopracciglia, labbra, pupille, mento e collo. Luciano Grasso, detto Neddu di San Micheli, è stato un virtuoso artigiano del ricamo in oro, il cui cantiere si trovava in piazza San Domenico. Rosario Lizio e Lucio Belfiore, che iniziarono la loro pratica presso i Longo, superarono anche il loro stesso maestro, Sebastiano Longo.

Il nome dei Longo è strettamente legato alla tradizione del Carnevale acese già dal 1890, attraversando i due conflitti mondiali, dando prova di una grande abilità di rinnovamento e adattamento ai tempi e alle innovazioni. Da allora molte cose sono cambiate. Oggi i maestri della cartapesta sono raggruppati in associazioni culturali alle quali la Fondazione affida un capannone per la costruzione del proprio carro. I cantieri si trovano nella Cittadella del Carnevale, a nord della Città di Acireale. Qui ogni anno prendono vita i carri in cartapesta e i carri infiorati, opere d’arte realizzate con grande ingegno ed arte.

Le competenze, per realizzare ogni parte del carro, si sono moltiplicate e specializzate: dal disegno del bozzetto, ai movimenti, alla modellatura, alla colorazione. Quest’anno l’appuntamento è solo posticipato, dal 21 aprile all’8 maggio. In quella data, i carri allegorici e i carri infiorati sfileranno per le vie di Acireale rinnovando, ancora una volta, l’atmosfera gioiosa, burlona e festosa del Carnevale.
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