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La mafia sulle magliette

  • 17 luglio 2006

Al Capone non è un prodotto di fantasia e neanche si può negare che in fondo la mafia è un prodotto “Made in Italy”. Che siano delle icone è altrettanto lampante. Che siano negative forse non è chiaro a tutti allo stesso modo. Ma vestire una “maglietta di mafia” che significa? Legare l’immagine del proprio corpo a un sistema di valori che veicolano una cultura di morte e sopraffazione può essere un atto incosciente? Se il venditore è mosso da un puro istinto commerciale, cos’è che muove l’acquirente? Perché la mafia è vista ancora come un sistema vincente?

La vendita di queste magliette può essere interrotta con un’ordinanza, ma come si fa a trasformare il desiderio di sentirsi banalmente “mafiosi” in qualcos’altro? La mafia farà pure schifo, ma è ancora sentita come una potenza. Di questo “affetto collaterale” ringraziamo i nostri governanti e regaliamo loro un’idea. Che davanti ai loro palazzi e abitazioni piazzino degli zerbini che diano il senso di quella che è la giusta posizione che la mafia deve avere rispetto ai nostri e ai loro corpi: sotto i piedi! Ne è stato già prodotto uno con la faccia di Provenzano (
http://www.scomunicazione.it/retro9.htm). Nella certezza che qualcuno si cimenterà nel salto in lungo pur di non offendere.

P.s.: e se togliessimo dal commercio anche le magliette della Juventus e delle altre società condannate perché facenti parti della “cupola del calcio”? Oppure pensiamo che la condotta di queste “società sportive”, tra l’altro quotate in borsa, sia un esempio da seguire per l’educazione dei “nostri giovani”?

In collaborazione con Pizzino

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