LE STORIE DI IERI

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Quando il “cataclisma” del Rock and Roll giunse a Palermo

  • 19 febbraio 2007

Se il prossimo arrivo dei Deep Purple viene ora enfaticamente salutato come “il nuovo sbarco a Palermo del mito del Rock and Roll”, una rubrica che si interessi a storie di ieri più o meno lontane – e speriamo significative - non può fare a meno di ricordare come le accoglienze qui riservate all’arrivo del rock di Bill Haley & his Comets non furono per niente lusinghiere. Perfino sulla stampa aperta alle novità più o meno grandi. Mentre va proprio sottolineato che, curiosamente, nell’autunno del 1956 sul futuro del rock sbagliò clamorosamente previsioni perfino il critico musicale del giornale L’Ora, quotidiano illuminato e progressista da sempre. Ma fu certo per la preveggenza di chi a quel tempo lo dirigeva se il glorioso giornale, dopo un particolare 19 ottobre, non esitò comunque a dedicare all’avvenimento un’intera pagina. Aperta da un gran titolo rosso, forse non del tutto convinto e che obliquamente annunciava: “Al Diana il Cataclisma del Rock and Roll”. Era infatti successo che, seppure con un anno di ritardo rispetto agli States, il cinema di via Ruggiero Settimo quel giorno aveva cominciato a proiettare “Senza tregua il Rock and Roll”. Film pubblicizzato anche col nome di un brano, “Rock Around the Clock”, che avrebbe presto spopolato anche in questa provincia allora assillata da questioni di mera sopravvivenza. Fu così che si venne a sapere che quel pomeriggio “molte centinaia di giovani dei due sessi, vestiti di colori sgargianti, le femmine pettinate alla Sabrina o agghindate alla Abbe Lane e i maschi in pullover e pantaloni di velluto a coste (chissà cosa avevano di strano quei calzoni, ndr), s’erano messi a far cagnara prima durante e dopo la visione del film” mettendo a rischio l’arredamento del Diana e facendo accorrere cinquanta giovani poliziotti.

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I quali, in verità, rimasero solo a guardare con complicità i coetanei che si agitavano freneticamente a ritmo di rock. Sui marciapiedi e dovunque nel cinema trovassero un minimo di spazio, cantando il brano di Haley che nel film veniva proposto solo tre volte. Ma nemmeno per intero, di contro alle melodie rasserenanti dei Platters, anch’essi nel cast con le note ruffiane di “Only You” e di “The Great Pretender”. Mentre l’acredine del notista emerse perfino un poco razzista: E’ il nuovo ballo destinato, come pare, a soppiantare il boogie woogie, il cha cha cha, la rumba, la samba, il bebop ed altre negrerie e sudamericanerie, mentre bisogna dire che il charleston, al paragone, è o fu una piacevole passeggiata con la bella che aveva tutto il tempo di ascoltare le galanterie del suo cavaliere.Qui non si dice e non si ascolta nulla, ma si salta, ci si contorce, ci si abbraccia, si capitombola, ci si insegue, ci si lascia e ci si prende senza tanti complimenti e quasi a viva forza. Pazzia collettiva e furore che minacciano di far crollare pavimenti e di mandare all’aria sedie e tavolini. Né l’accanimento contro il rock finì quella settimana. Perché, una decina di giorni dopo, un altro critico musicale sullo stesso giornale non riuscì ad evitare di giungere a previsioni oggi incredibilmente e presuntuosamente sbagliate. Infatti, dopo essersi chiesto se il rock fosse “vero jazz” e dopo aver stabilito che la musica afroamericana si trovava ad un bivio, l’esperto pronosticò che la via che il jazz “avrebbe imbroccato” (sic) non sarebbe stata certo quella del rock. Per concludere con sintassi sincopata: “Può darsi invece che il jazz possa continuare ad esprimere la sensibilità dei nostri tempi. Ma allora, forse, del “rock and roll”, non resterà che un pallidissimo ricordo”.

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