LE STORIE DI IERI

HomeBlog › Le storie di ieri

Sepolti in terra ma anche in mare certi misteri di Palermo

  • 19 marzo 2007

Se volessimo iniziare a scrivere dei mille misteri di Palermo ci sarebbe da cambiare titolo alla rubrica. Ma a voler restare in tema con le storie di ieri, non possiamo certo negare qualche riga ad un doloroso mistero rimasto ufficialmente tale e ad un altro perfino intrigante. Precisando subito che le soluzioni di alcuni nostri enigmatici episodi non le nascondono solo la terra o le fondazioni dei palazzi del sacco edilizio. Perché è successo anche che i casi oscuri palermitani dopo avere, per così dire, percorso la città da ovest ad est si siano nascosti anche nei fondali del golfo. Esemplare il “segreto di stato” apposto al numero delle vittime dell’alluvione del 1931. Disastro che di sicuro fece più morti di quelli cui si resero solenni esequie in cattedrale e al cui riguardo qui ricordiamo solo tre delle vittime non menzionate dai giornali. Cioè i concittadini che perirono in un laboratorio di dolci che si apriva sulla piazzetta dell’ex Bocceria della Carne, ai Caldumai. Risultò infatti che, mentre defluivano le acque che sommersero la depressione di Sant’Onofrio, nessuno fece ufficialmente caso ai tre corpi risucchiati dalle fogne spalancate come voragini e che, per il sotterraneo condotto del Maltempo, finirono sui fondali putridi della Cala. Certo ci fu chi si accorse, e assai dolorosamente, della scomparsa dei poveretti. Ma gli ordini pervenuti alla stampa dal competente ministero fascista non ammisero maggiori bilanci. Finì così che il Cardinale del tempo poté solennemente incensare solo i feretri di un paio di anziani annegati al Papireto e di cinque militari morti eroicamente nell’opera di soccorso. Per gli altri, solo funerali privati o messe di suffragio. Insomma, si trattò del “mistero epopea” dei soccorritori morti in numero più che doppio rispetto alle vittime civili. Di altro buio, in parte forse rimasto tale, si ammantò per decenni il caso della “Anna Maria Gualdi”.

Adv
Una nave da carico che era partita da Taranto e che, dopo essere sfuggita ai raid aerei alleati, esplose il primo dicembre del ‘’42 presso la diga foranea. Si seppe che il mercantile avrebbe dovuto portare rifornimenti all’Africa Korps, peraltro allora già messo in rotta ad el Alamein. Ma il mistero che riguardò il relitto, finito ad oltre trenta metri di profondità, iniziò con lo scoppio che uccise 19 marinai tedeschi e due italiani. Non si riuscì a capire, anzitutto, se si trattò di incidente o di sabotaggio, ma il dubbio principale riguardò poi l’eventualità che il Reich potesse nuocere a Palermo perfino a tanti anni dalla morte di Hitler. La magistratura suppose infatti, in un primo momento, che la nave potesse contenere esplosivi o i micidiali aggressivi chimici dei quali i nazisti erano specialisti. Perciò i sondaggi con la fiamma ossidrica nei fusti stivati nel relitto furono vietati per timore di un scoppio con conseguente nube velenosa. Allora si permise che venissero recuperati solo i contenitori collocati sul ponte della “Gualdi”. Ciò che fece parlare appunto di un possibile “bidone” giocato a Rommel dagli armatori pugliesi. Risultò infatti che i fusti erano curiosamente pieni di acqua dolce invece che della presumibile nafta per i panzer tedeschi. Ciò fece propendere il magistrato competente per il recupero del resto del carico nelle stive. Ma per l’opposizione dell’Avvocatura di Stato, rimasta ferma alla eventualità della nube tossica, del recupero non se ne fece più niente. Almeno fino alla primavera di venti anni fa. Quando i sommozzatori perforarono senza danno decine di fusti recuperando davvero della nafta ancora utilizzabile. Mentre va da sè che, non essendo stati svuotati proprio tutti i contenitori del relitto, ancora a quel tempo in parecchi non se la sentirono di escludere la presenza sui nostri fondali di roba pericolosa e “buona” per una tardiva vendetta del Reich. Fortunatamente non più millenario e in parte tanto opportunamente sepolto anch’esso tra i probabili misteri e gli altri più certi veleni dei quali la città non può sicuramente trarre vanto.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI