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Buba sognava il calcio e ora fa sognare i palermitani: l'addio alla sua Africa e l'arrivo su un barcone

A soli 16 anni lascia il suo paese e inizia un lungo viaggio per raggiungere l'Europa. Questa è la storia di Buba, grato per quello che sta costruendo e che non dimentica la sua casa

  • 8 maggio 2021

Buba Marong

«Continua così, campione», «grande Buba, sei forte». Dallo scorso 10 aprile, il giorno della partita Palermo-Vibonese, sui social di Buba, giovanissimo difensore rosanero, è esploso l'entusiasmo dei tifosi mentre il suo sogno diventava realtà.

Un sogno iniziato da piccolissimo, quando all'età di sei anni Bubacarr Marong giocava in strada a Sanchaba, in Gambia. Un obiettivo perseguito con determinazione e tanta pazienza. Classe 2000, a soli sedici anni Buba lascia il suo Paese per provare a raggiungere l'Europa e diventare un calciatore professionista.

Attraversa l'Africa, passa per Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger fino alla Libia dove lavora per mesi come magazziniere per racimolare i soldi sufficienti a intraprendere il viaggio per l'Italia. Sale a bordo di un barcone e attraversa il Mar Mediterraneo. «Ero solo e avevo paura di morire, ma la mia determinazione mi ha aiutato a superare quei giorni tremendi», racconta Buba.
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Sbarca a Trapani, viene trasferito vicino Carini in un centro di prima accoglienza, e successivamente a Palermo al Centro Astalli. A Carini conosce Salvatore Tedesco, fratello di Giovanni e Giacomo Tedesco, che lo vede giocare a calcetto sul campo in cemento, resta colpito dalle sue doti tecniche e atletiche e lo aiuta a trovare una squadra.

Paolo Calafiore, altro personaggio chiave della sua storia, allenatore della Parmonval, la squadra di Partanna-Mondello-Valdesi, resta impressionato dalla sua bravura e lo accoglie con grande affetto. Nell’estate del 2019 entra in prova al Palermo e non se ne va più.

«In quei mesi la mia vita è radicalmente cambiata - racconta ancora Buba. - La Società mi ha assegnato un appartamento a Partanna e ogni giorno mi sono allenato al massimo insieme ai miei compagni. Finalmente non ero più solo, facevo parte di una grande famiglia che mi voleva bene e mi coccolava, aiutandomi a crescere come uomo e come calciatore».

Pazienza, dicevamo. Perché nella prima stagione Buba non gioca, «non mi sono mai scoraggiato, - continua - ogni giorno in allenamento continuavo a imparare come si sta in campo e nello spogliatoio». E attende il suo momento, sempre con il sorriso sulle labbra.

Finché quel momento non arriva sul serio, quando prima della partita con la Vibonese, mister Filippi dà la formazione e pronuncia il suo nome. «Ho provato una felicità immensa, - racconta ancora - ho subito chiamato mia mamma per darle la splendida notizia. Dopo la partita tutti i giornali hanno scritto che sono stato tra i migliori in campo, ho provato un enorme piacere ma sono consapevole che non ho fatto ancora nulla, la strada è ancora lunghissima e difficile, non bisogna montarsi la testa o perdere l'umiltà».

A ispirarlo nella sua passione che è diventata un mestiere ci sono Van Dijk e Koulibaly «in assoluto i migliori difensori al mondo, un modello per qualsiasi giovane calciatore», ci dice Buba. Palermo ormai è la sua casa e Buba desidera restarci a lungo e continuare a indossare la maglia del Palermo.

E conclude «per essere assolutamente felice vorrei che mia mamma e i miei fratelli vivessero qui con me, spero che questo si possa avverare. Dopo la morte di mio padre, mia mamma ha pensato a tutti noi, adesso grazie al calcio vorrei farlo io, vorrei regalare finalmente un po' di serenità alla mia famiglia e alla gente del mio Paese. Molti campioni africani non hanno dimenticato la propria terra destinando i propri guadagni in beneficenza, spero che un giorno possa riuscirci anche io».
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