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"Com'è andata davvero" per La Loggia: dalla Prima Repubblica a Silvio, col cuore in Sicilia

Una narrazione sincera, a tratti amara, di un’esperienza vissuta nei vertici della Repubblica ma sempre con lo sguardo rivolto alla Sicilia, alla sua autonomia tradita

Federica Dolce
Avvocato e scrittrice
  • 12 luglio 2025

Silvio Berlusconi ed Enrico La Loggia

“Com’è andata davvero”: il racconto senza filtri di Enrico La Loggia tra ideali, delusioni e promesse ancora vive Un libro come una testimonianza civile, ma anche un atto d’amore verso la politica e la Sicilia.

"Com’è andata davvero" (Rubbettino editore) è il nuovo libro del presidente Enrico La Loggia, presentato giovedì 3 luglio al Circolo Canottieri Roggero di Lauria, in un incontro che ha saputo tenere insieme riflessione storica, testimonianza diretta e passione politica.

Il libro, in libreria dal 4 luglio, dal sottotitolo eloquente “Fatti ed episodi senza filtri dalla Prima Repubblica a Berlusconi”, è una narrazione sincera, a tratti amara, di un’esperienza vissuta nei vertici della Repubblica ma sempre con lo sguardo rivolto alla Sicilia, alla sua autonomia tradita, alla sua gente costretta a partire.

La Loggia non si risparmia. Racconta, analizza, denuncia. E soprattutto, indica una via possibile. Tra i passaggi più intensi del libro, e dell’incontro al Lauria, emerge con forza il tema del declino della classe dirigente, in particolare quella di Forza Italia.

Alla nostra domanda su cosa abbia causato questo impoverimento umano e culturale, La Loggia risponde con estrema chiarezza: «Il ricambio non è stato sempre all’altezza dei personaggi originari.

Non vedo i Colletti, i Rebuffa, i Vertone e nemmeno i Martino, gli Urbani, i Baget Bozzo, i Ferrara, i Pisanu e i La Loggia. Uomini che avevano una visione per l’Italia di domani, uomini all’altezza di Berlusconi, dei suoi sogni, dei suoi progetti.

Purtroppo il ricambio non è stato felice nelle scelte che lui stesso ha fatto. E così la "rivoluzione liberale" è svanita».

Non mancano nel volume i riferimenti alla “grande occasione perduta”: quella di una classe dirigente siciliana coesa e capace di incidere davvero. Un sogno interrotto negli anni Ottanta e Novanta, quando, secondo La Loggia, esistevano le condizioni per costruire un’alleanza politica solida, trasversale, ancorata al bene comune.

«La squadra che avrebbe potuto sbaragliare il campo e, secondo me, vincere qualunque campionato – afferma – era formata, nella DC di quegli anni, in Sicilia, da persone come Mattarella, Orlando, Laplaca, Riggio, La Loggia, D’Antoni, Cocilovo, Musotto, Provenzano ecc. Se fossimo rimasti a lavorare insieme per la nostra terra oggi vedremmo già una Sicilia diversa. […]

Credo che Mattarella avrebbe potuto guidare quel bel gruppo, ma così non è stato. Anzi, qualcuno della sua corrente contribuì a far fallire la cosiddetta “primavera di Palermo” ponendo il veto alla mia candidatura a sindaco di Palermo già decisa dalla DC a livello nazionale».

Ma oggi? Esiste ancora uno spazio per tornare a credere in una leadership siciliana condivisa? «C’è qualche giovane che potrebbe riprovarci – aggiunge – ma andrebbe incoraggiato e formato per resistere alle lusinghe e alle pressioni delle logge massoniche o alle minacce mafiose». La relazione con Silvio Berlusconi, tratteggiata con misura e sincerità, attraversa tutto il libro.

Un rapporto fatto di sintonia e contrasti, visioni comuni e divergenze nette, soprattutto in merito al Mezzogiorno. «I nostri rapporti hanno avuto vicende alterne – ricorda – quasi sempre buoni, qualche volta conflittuali, soprattutto quando insistevo a favore della Sicilia in contrasto con Tremonti. Berlusconi ha lasciato una traccia indelebile nella politica italiana, la convinzione che si può cambiare e far crescere il nostro Paese al livello delle più avanzate nazioni del mondo.

Ma si devono creare coalizioni di governo compatte e coese per realizzare le riforme necessarie». Altro punto cruciale del volume è il giudizio severo sull’uso politico della giustizia.

Una riflessione che affonda nei decenni di Tangentopoli ma che resta, ancora oggi, di bruciante attualità. «La cosa più devastante nei rapporti tra cittadini e Stato – scrive La Loggia – è scoprire che i magistrati possono giudicare non solo secondo giustizia, e cioè secondo le regole dell’ordinamento giuridico italiano, ma anche secondo il loro orientamento politico. […]

La separazione dei poteri sarebbe una bella garanzia se pienamente rispettata, ma purtroppo Tangentopoli ha aperto la strada a invasioni di campo pericolosissime per la tenuta della democrazia».

Eppure, nonostante tutto, La Loggia non ha mai smesso di credere nella politica come servizio. Una fede che risuona nelle parole che sceglie per rivolgersi ai giovani siciliani: «Direi: preparati, formati e soprattutto segui i tuoi ideali, i tuoi principi e non lasciarti condizionare da nessuno.

Vola alto e costruisci la tua visione per la tua terra e per il nostro Paese. E distingui bene la Politica dalla politica, da chi lavora per il futuro e chi svolge solo il lavoro da spiccia faccende per racimolare qualche voto in più. Solo così la Politica può essere la forma più alta di Carità come diceva il Santo Paolo VI».

Nel racconto di Enrico La Loggia, si avverte infine la continuità profonda con la storia della sua famiglia, che ha avuto un ruolo determinante nella genesi dello Statuto siciliano e nella difesa della sua applicazione effettiva.

«Mio nonno Enrico ha contribuito alla stesura dello Statuto inserendo il fondamentale articolo 38, quello che dovrebbe assicurare alla Sicilia un contributo annuo da utilizzare per infrastrutture e servizi fino a quando i redditi da lavoro dei siciliani non saranno pari alla media dei redditi del Paese. Mi sono battuto anche io per questo. Ho ottenuto tre miliardi di euro nel 2003. Dopo, tutti gli altri “politici” non hanno ottenuto niente, zero».

Un’eredità ideale che diventa dovere personale: «Mio padre andò a convincere Sturzo perché si adoperasse, a sua volta, con De Gasperi per accettare le norme finanziarie essenziali per dare sostanza allo Statuto. Ho considerato sempre questo il mio compito, il mio impegno morale per la Sicilia.

E continuerò a battermi sino a quando – come diceva mio padre – "i bisogni non assurgeranno alla dignità dei diritti”. E mi pare che questo traguardo non sia affatto vicino».

"Com’è andata davvero" è dunque più di un libro di memorie: è un atto di verità, un’esortazione a non dimenticare, un invito a ricostruire. Con onestà, con coraggio, con visione. E con l’amore di chi ha speso la vita per il proprio Paese, e non smette di farlo.
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