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Dai greci, agli arabi, ai tamil: la storia delle Fedi del mondo passa da Monte Pellegrino

Non appartiene solo ai palermitani e a Rosalia Sinibaldi: "il promontorio più bello del mondo" (secondo Goethe) è stato eletto a luogo sacro da diversi popoli con diversi culti

  • 13 marzo 2019

Monte Pellegrino nel dipinto di George Loring Brown (1856)

È il monte a cui siamo più affezionati noi palermitani. Durante i secoli ha avuto diverse denominazioni: I greci lo chiamavano Ercte, per gli arabi era Gebel Grin (monte vicino) oppure Bulkrin (alterazione di Pulgrin) e i romani lo denominarono Mons Peregrinus.

Il termine Peregrinus, tratto dal latino classico, significava "straniero" ma anche "ostile", "nemico": i romani infatti per ben tre anni combatterono i cartaginesi che proprio su questo monte si erano asserragliati rendendolo inaccessibile dagli accampenti del nemico incastrati tra dirupi, burroni e canaloni.

Questo monte tuttavia è stato sempre considerato sacro. Durante il periodo punico fu sede del culto dedicata a Tanit, dea della fertilità.

Nel luogo dove si erge l’attuale chiesa che incamera la grotta di santa Rosalia c’era un’edicola dedicata a questa dea e sono documentabili tracce del culto cristiano nel corso dei secoli.

Nel 1180 i Giurati della città di Palermo fecero erigere una cappella sul monte, dedicata appunto a santa Rosalia, nei pressi dell’odierna chiesa.
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Nel 1474, durante una grave pestilenza che afflisse la Città, il Senato di Palermo propose di "restaurare la chiesa, ormai diruta, di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino etc.".

Nella "Topografia Storia e Archeologia di Monte Pellegrino" di Vittorio Giustolisi si evince che sul luogo furono trovate tracce architettoniche di una chiesetta con un antico culto della Madonna e tracce "dell’esistenza nella grotta di un antico culto dell’acqua salutare che si personificava in origine in una ninfa, successivamente interpretata da una divinità ellenica molto simile all’Atena Kronia, da Tanit, da Iside, dalla Madonna e infine (appunto) da Santa Rosalia".

Nel 1995, alcuni studi del professore Nicola Bonacasa hanno confermato che sul monte Pellegrino, sin dai tempi remoti si svolgevano culti sacri.

In una parete rocciosa della Valle del Porco, infatti, il prof. Bonacasa trovò un graffito cristiano risalente al periodo minoico-lineare oppure al neo-periodo punico il graffito è dotato di una scritta, tradotta dal prof. Bonacasa che enunciava: "Sii glorificato dovunque e sempre, o Dio".

In un altro graffito c’era una croce immissa (vedi la foto), su un triangolo tra le lettere "I" e "S" :la data di questo graffito risaliva al VII secolo.

A ciò si aggiunga che l’intera zona dell’Addaura in un documento datato 16 Settembre 1579 viene denominata Alaura, probabile fusione del termine greco "laura": in questa zona vivevano monaci cristiani che vivevano in uno stato di semieremiti.

Forse non fu un caso che santa Rosalia, dopo avere vissuto da eremita a Quisquina scelse questo monte, rifugiandosi presso una grotta, ricca d’acqua, accanto ad un antico altare, prima pagano e poi dedicato alla Madonna.

Qui visse sino alla sua morte: il 24 agosto 1624, sulla parete destra dell’ingresso della piccola grotta fu trovata la scritta :“Ego Rosalia Sinibaldo Quisquine er rosarum domini filia amore d.ni mei Jesus Cristi in hoc antro habitari decrevi".

Traduzione "Io Rosalia Sinibaldo, figlia del signore della Serra Quisquina e del Monte delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo ho deciso di vivere in questa grotta".

Nella parte bassa a sinistra della scritta, a sinistra, compare la cifra "12" , forse indica gli anni in cui la santa visse in quel luogo.

Dopo il ritrovamento delle sue ossa e la sua nomina a Patrona di Palermo la grotta fu trasformata ed abbellita.

Ancora oggi, monte Pellegrino continua ad essere un luogo sacro: la comunità dei tamil, gruppo etnico di origine indiana, ogni Domenica si reca sul monte per visitare il Santuario di santa Rosalia. Uno di loro mi ha detto che lo considerano come il loro sito sacro nello Sri Lanka: il Kataragama.
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