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Difendeva la costa e ci viveva un gigante: la torre in Sicilia teatro della (tragica) leggenda

Secondo fonti storiche faceva parte di un sistema difensivo voluto dal Parlamento siciliano. Ma il mito vuole che qui avvennero atroci delitti, tra passione e avidità

Livio Grasso
Archeologo
  • 12 ottobre 2022

La torre di Manfria a Gela (foto da gela.italiani.it)

Situata nell’omonima contrada, la torre di Manfria è uno dei simboli più significativi del territorio gelese. Dotata di una struttura poderosa e compatta, è incastonata su una collina rocciosa orientata verso il mare.

Secondo le fonti storiche, anticamente faceva parte di un sistema difensivo realizzato nella seconda metà del Cinquecento su espressa volontà del Parlamento siciliano. Il progetto edilizio mirava a sventare gli incessanti attacchi dei pirati barbareschi che imperversavano nelle città costiere.

La costruzione del "torrione" è stata affidata alla perizia dell’architetto Camillo Camilliani, esperto nella progettazione di strutture militari. L’incarico gli fu assegnato dall’allora viceré Marco Antonio Colonna, intento a munire l’intera zona di una fortificazione ad ampio raggio che permettesse di segnalare, attraverso colpi di fuoco, l’avvistamento di navi nemiche provenienti dal mare.
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La conformazione dell’impianto bellico è a pianta quadrangolare con due piani comunicanti. Il primo livello è occupato da una capiente cisterna, invece, il secondo ospita un vano che fungeva da alloggio per le vedette. La parte sopraelevata, in ultimo, è attraversata da una grande terrazza nella quale un tempo veniva custodita l’artiglieria.

Solitamente il personale di ronda era formato da un caporale e due soldati, comunemente soprannominati "torrari". Inoltre, per chi non lo sapesse, questa postazione è legata ad una vicenda leggendaria dalle sfumature avvincenti.

Proprio qui, a quanto pare, viveva un gigante che recava il nome di Manfrino. Si diceva pure che insieme a lui abitasse una sorella di straordinaria bellezza. Quest’ultima, infatti, trascorreva gran parte delle giornate all’interno della propria dimora per non imbattersi in stupidi e noiosi corteggiatori.

Da tutti era chiamata con l’epiteto di “bella Castellana”. Una fresca mattina, almeno così si tramanda, proprio lei chiese al fratello di andare a piantare dei fiori profumati nel boschetto che circondava la torre. Manfrino , senza perdere un secondo di troppo, acconsentì alla richiesta e andò a prendere il proprio cavallo.

Di lì a poco, però, accadde qualcosa di veramente strano: mentre il gigante si aggirava per i campi, una bellissima fanciulla dalla chioma aurea e folta apparve ai piedi di un grosso albero.

Del tutto incantato, galoppò a briglie sciolte verso di lei per raggiungerla. Ciò malgrado, la giovane donna scomparve nel nulla misteriosamente. Per Manfrino fu un duro colpo al cuore: da quel giorno non fece altro che girovagare per settimane in lungo e in largo nella speranza di ritrovarla.

Non essendoci riuscito, piombò nel più acuto sconforto e si rinchiuse nella stanza a scrivere poesie di natura fortemente malinconica. La castellana, vedendolo così afflitto, decise di organizzare una grande festa nella torre.

All’allegra serata parteciparono le famiglie più altolocate della Sicilia che, a loro volta, non si lasciarono sfuggire l’occasione di prendere parte ad un simile evento. Tuttavia, poco dopo l’arrivo dei nobili, sopraggiunse anche l’amata del fratello.

Manfrino, non appena la scorse, le andò subito incontro con un radioso sorriso. Alcuni principi, di converso, notando che il padrone era completamente stregato dalla nuova ospite, ordirono un complotto per appropriarsi dei suoi possedimenti.

A semplificare l’impresa fu la reazione inaspettata della giovinetta che, improvvisamente, uscì fuori dall’abitazione correndo a passo spedito verso il mare. Il gigante, temendo di perderla ancora una volta, la inseguì per tentare di fermarla. Ma ormai era troppo tardi: la donzella si era dispersa tra le acque.

Divorato dalla paura che fosse annegata, scrutò nel fondale marino con minuziosa attenzione; mentre osservava qua e là nel tentativo di individuarla, delle assordanti grida d’aiuto lo paralizzarono da capo a piedi. Nel medesimo istante, i “signorotti” sprangarono la porta della torre e uccisero sia gli invitati che la castellana. Infine, approfittando della vulnerabilità di Manfrino, si recarono nella spiaggia e assassinarono pure lui.
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