CULTURA
Dimenticato e pure frazionato: il complesso dell'Uscibene è il grande escluso di Palermo
Potrebbe essere incluso nel percorso Unesco Arabo Normanno ma i terreni sono stati lottizzati e un arco del complesso è perfino all'interno di una proprietà privata
Il palazzo dello Scibene o Uscibene a Palermo
Questo complesso monumentale si trova a ridosso di viale Regione Siciliana, salendo a destra un'impervia stradina privata (fondo De Caro) subito dopo il sovrappasso che precede l'incrocio con corso Calatafimi in direzione autostrada Palermo-Messina.
Per raggiungerlo occorre dunque immettersi nell'arteria laterale della circonvallazione che prende il nome di via Tasca Lanza. Tutto il sito è riemerso da alcuni anni alla pubblica attenzione per via del suo recupero da parte della Soprintendenza, che lo aveva già sottoposto a vincolo nel 1991.
Ciò malgrado, i lavori per la realizzazione del tram e del sovrappasso ne hanno irreversibilmente modificato l'originario aspetto ambientale.
Ma per comprendere la complessa storia di questo sito, occorre analizzare il suo passato. Il bene, di difficile datazione ma riconducibile a cavallo fra l'età araba e quella normanna, è stato oggetto in passato di studi approfonditi da parte di grandi storici, ad esempio di Nino Basile nel 1929.
Secondo altre teorie il nome invece deriverebbe dalla sorgente Xibene o Scibene (da cui la variante U-Scibene), che alimentava la ormai scomparsa peschiera del palazzo, della quale oggi non si nota altro che un muro di confine.
Sicuramente l'invidiabile posizione fu la scelta più idonea per la sua edificazione. Dal prospetto del castello, che si affacciava sulla città, si poteva ammirare una vista eccezionale. Considerando inoltre che le terre, oltre ad estendersi fino al fondo Micciulla (lato monte) arrivavano alla Vignicella, nella zona dell'attuale ospedale di via Gaetano La Loggia. Terreni che oggi risultano tranciati dal taglio della circonvallazione.
Successivamente, dopo la concessione nel 1177 all'Arcivescovo di Palermo da parte di Guglielmo II il Buono, il palazzo divenne dimora di sollazzi estivi degli arcivescovi.
Dopo il Cinquecento passò nelle mani di alcune famiglie aristocratiche e poi, nel 1681, ai Gesuiti di Messina. Alcuni terreni in direzione di via Pitrè sono ancora oggi di proprietà della Curia che vi ha edificato nel 1994 l'istituto di un ordine religioso femminile sorto a Messina proprio in quegli anni.
Invece altri terreni furono via via ceduti e nel 1786 il fondo in cui ricade l'Uscibene fu acquistato all'asta dalla famiglia De Caro, della quale fino ad adesso conserva il nome.
Dopo quel periodo il palazzo fu anche occupato abusivamente, portando fino ai nostri giorni i segni del degrado e degli impropri utilizzi perpetrati per lunghissimi anni.
Un arco facente parte del palazzo si trova perfino all'interno di una proprietà privata. Infatti le terre sono state ormai lottizzate ed acquisite da diversi proprietari, che vi hanno costruito più o meno abusivamente.
Nonostante negli ultimi periodi il palazzo abbia subìto degli interventi di manutenzione, la cappella annessa è ancora sotto sequestro.
All'interno dell'Uscibene si può ammirare l'iwan della sala della fontana, purtroppo molto malridotta e difficilmente percorribile. Ma nella quale ancora si notano alcuni dei tipici elementi decorativi arabi come i muqarnas.
Al palazzo si poteva accedere anche da via Nave, attraverso un cancello che si trova subito dopo l'edicola della Madonna di Trapani e che attualmente risulta quasi sempre chiuso.
Oppure da un fondo parallelo a quello De Caro, in direzione di via Pitrè, nel quale ormai si trovano tante proprietà private e delimitate completamente e definitivamente.
Rimaneva il nome di Uscibene a questo fondo parallelo, una volta terreno unico ed esteso appartenente al complesso.
Qualche anno fa, giusto per non rispettare la memoria identificativa di ogni cosa (che inizia proprio dal suo nome), è stato modificato prima in via Tasca Lanza 22 e poi in via Indro Montanelli.
Con gli interventi già realizzati e quelli progettati, si spera di poter inserire il monumento nel percorso Unesco arabo-normanno, poiché attualmente esso non risponde ai requisiti richiesti.
Primo fra tutti l'accessibilità viaria. Le speranze potrebbero concretizzarsi innanzitutto qualora fosse reso fruibile il tragitto verso il castello, attualmente poco agevole e solo pedonale.
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