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Distano solo pochi passi in una nota piazza di Palermo: le (due) chiese degli Ammiragli

La storia degli edifici sacri che raccontano la storia di due Ammiragli, stranieri rispetto all’Isola, accumunati da titolo, potere e privilegi. Ve la raccontiamo

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 7 maggio 2024

Santa Maria dell'Ammiraglio (conosciuta anche come Martorana) e la Chiesa di San Cataldo

Ci sono a Piazza Bellini a Palermo, due chiese a pochi passi l’una dall’altra che condividono qualcosa, seppur costruite a distanza di tempo. Sono la Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio (conosciuta anche come Martorana) e la Chiesa di San Cataldo: Chiese private per due Ammiragli.

Giorgio D’Antiochia e Majone da Bari, quasi seguendo un modello collaudato dal Sovrano Normanno, stabilire un proprio luogo di culto e di sepoltura, vollero una loro Chiesa.

La loro importanza in seno al governo fu così straordinaria da concedersi con questi edifici, un lusso Regale. La chiesa di Santa Maria, scrive Giorgio, fu eretta nel 1143, anche se da documenti risulta che fu terminata nel 1146. Siriaco di fede cattolica, fu al servizio di Ruggero II dal 1108 al 1151 anno in cui morì a Costantinopoli.

Uomo di fiducia diventò di Emiro, (governatore) della Città. Benché più volte imbarcato, le sue vicende militari ebbero alti e bassi, fu ritenuto un abile stratega nel governo Normanno.
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La Chiesa fu costruita nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, e in seguito donata alle suore dal Re Alfonso D’Aragona nel 1435. Da qui l’altro nome della Chiesa, Martorana.

Giorgio sposato con 3 figli si occupò di questioni amministrative nel suo paese d’origine ma a causa di "alcuni problemi" fu costretto a imbarcarsi su una nave diretta a Palermo offrendo i suoi servigi a Ruggero II.

Ebbe varie vicissitudini con allontanamenti e rientri, nel 1311 fu nella spedizione contro Amalfi, partecipò alla conquista di Jerba e nel 1146 a quella di Tripoli. Oltre alla costruzione della Chiesa di Santa Maria, il suo nome è legato al Ponte dell’Ammiraglio, il "Wadi al Abbas Balarm", opera d’ingegneria civile con archi acuti, costruito sul fiume Oreto.

Ebbe una vita piena di riconoscimenti "Amiratus Amiratorum" (il termine Ammiraglio deriverebbe dall’arabo e indica un Governatore e non è strettamente connesso al mare). Volle una chiesa nella sua lussuosa abitazione sul modello delle chiese tardo-bizantine orientata con l’abside a est e la facciata a ovest, per rivolgere la preghiera a Oriente.

Furono chiamati per la realizzazione artisti e maestranze bizantine. Ricchissima all’interno, ha un Cristo Pantocratore seduto su un trono con i piedi appoggiati sul globo terrestre circondato da arcangeli, profeti e 4 evangelisti. Importanti sono due pannelli a mosaico: quello del Re e quello di Giorgio d’Antiochia.

In quello del Re, si vede Ruggero in piedi con la testa reclinata, con una corona e pendalia di gemme e perle, in abiti da Imperatore bizantino (Ruggero ambiva allo stesso potere assoluto degli Imperatori di Costantinopoli), ha le mani protese verso il Cristo molto più grande di Lui che tocca la corona del Sovrano.

Questo Mosaico ha un messaggio politico: il Normanno non riconosceva alla Chiesa il ruolo di mediatrice nel potere del Regno. Il secondo pannello racconta di Giorgio, rappresentato in atto di devozione a Maria, con capelli lunghi e barba bianca, prostrato ai suoi piedi, quasi rannicchiato, con un superbo mantello a riquadri.

L’Ammiraglio riceve dalla Madonna una benedizione con la mano destra, mentre con la sinistra Maria regge una supplica per il Siriano.

In un piccolo tondo, il Cristo sembra rispondere alla richiesta tendendo la mano verso la Madre. Altro notevole mosaico è quello della “ Dormizione” (la morte della Vergine).

La chiesa di rito Bizantino, è concattedrale dell'eparchia di Piana degli Albanesi, ed è sede della parrocchia di San Nicolò dei Greci (klisha e Shën Kollit së Arbëreshëvet in albanese).

Nel 1282, dopo la Rivolta dei Vespri Siciliani, fu qui che i rappresentanti delle città siciliane si riunirono per offrire la Corona a Pietro d’Aragona. Majone e San Cataldo hanno un’altra storia.

Majone era forse figlio di un magistrato barese, entrò in cancelleria con Ruggero II, diventando anche lui "Ammiraglio degli Ammiragli" con Guglielmo I. Sostenitore di una politica assolutistica da parte del sovrano, fu mal visto dalla Nobiltà. Ebbe buone relazioni con la chiesa, partecipando al Concordato di Benevento non riuscendo però a evitare invidie e gelosie da parte dei feudatari.

Nel 1156 intitolò la chiesa al Vescovo di Taranto, Cataldo. La Chiesa faceva parte dell’abitazione, edifici eliminati nel XVII secolo. In pietra arenaria all’esterno spicca con le sue cupole rosse, austera senza fregi all’interno, ha un pavimento in marmo e porfido, con 3 navate colonne e capitelli. A Majone fu affidata l’amministrazione e la politica da parte di Guglielmo più incline ai piaceri della Zisa.

Oggetto di delazione, il Barese, fu accusato dai feudatari di sfrenata libidine e ambizione, diventando vittima di una congiura ordita da Matteo Bonello Signore di Caccamo che lo uccise con altri congiurati la notte del 1160. Dopo la sua uccisione, Guglielmo per paura di una rivolta, confiscò i beni di Majone facendo arrestare la famiglia.

Questi furono venduti al cugino Silvestro divenuto Ammiraglio che fece seppellire la figlia Matilda nella Chiesa, ormai di sua proprietà. L’uccisore di Majone non restò impunito, in seguito il Malo lo fece arrestare torturare mutilare e uccidere, mostrando ai nobili una ferocia inaudita contro i nemici.

La Chiesa fu quindi venduta ai Benedettini, diventando poi un edificio neoclassico e in seguito anche un ufficio postale, per poi tornare a essere un "tesoro storico-artistico".

Piazza Bellini nel centro della città, e forse una volta sede delle mura puniche, con la meravigliosa Santa Caterina d’Alessandria, il Teatro omonimo e la parte posteriore del Palazzo Pretorio, racchiude queste due gemme Patrimonio Unesco. Chiese che raccontano la storia di due Ammiragli, stranieri entrambi rispetto all’Isola, accumunati da titolo, potere e privilegi.
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