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È (anche) la casa "d'u scupazzu": l'Isola di Capo Passero, un faro nel Mediterraneo

Non tutti sanno che in realtà, fino alla metà del ‘700, il "Passarino" era una penisola. E in alcuni giorni dell'anno è possibile assistere al fenomeno della fata Morgana

  • 23 luglio 2021

Isola di Capo Passero

Per raggiungere l'isola di Capo Passero, a Portopalo, bisogna lasciare la statale 115 e costeggiare il golfo di Noto fino alla sua estremità meridionale, dove la sagoma dell’isola si distende per oltre un chilometro di lunghezza dal borgo di pescatori verso il mare aperto.

In alcuni giorni dell’anno è possibile assistere al fenomeno della fata Morgana, un effetto ottico per cui l’isola somiglia ad un sommergibile che sembra voglia sollevarsi dalle acque. Visti in lontananza il promontorio e l'isola non sembrano avere soluzione di continuità, bisognerà superare l’ultima curva prima del paese per rendersi conto che una lingua di mare,
poco profonda ma insidiosa per le correnti, separa la terraferma dall’isolotto disabitato.

In realtà, fino alla metà del ‘700, il “Passarino” era una penisola grazie ad un sottile tombolo di sabbia. La terrazza dei due
mari, cuore pulsante del borgo di pescatori, è la meta di chi oggi vuole andare sull’isola.
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Pochi gradini sotto la grande piazza panoramica, nel minuscolo approdo di Scalo Mandria, si rifugiano le due o tre barche che fanno la spola con l’attrazione turistica più importante di Portopalo. Il servizio è attivo tutta l’estate, per il resto dell’anno la natura è la padrona incontrastata dei luoghi.

La navigazione è breve e tranquilla, si attracca sulla banchina di servizio ai magazzini in cui erano ricoverate le barche della tonnara, tra le più antiche di Sicilia e generosa di pescato, ultima insidia per i tonni nelle migrazioni di ritorno. Un cimitero di grandi ancore attira l’attenzione. Ormai in disuso da decenni, servivano a piazzare le reti sui fondali, dove rimanevano ogni estate per un centinaio di giorni.

Uno scieri, esposto sulla piazza di Portopalo, evoca l’immagine della mattanza, quando, su queste barche ampie e capaci, i tonni venivano tirati su appena arpionati, a forza di braccia e al ritmo della cialoma. Obiettivo di molti visitatori è ritagliarsi un posto al sole sulla spiaggetta dell’isola, circondata da basse dune sabbiose costellate dalle fioriture dei gigli marini, i fondali bassi, le acque tiepide e trasparenti.

Sullo sfondo fa da cornice la rada di Portopalo con la nera scogliera vulcanica, il castello-albergo Tafuri, i grandi opifici diruti della tonnara settecentesca con la sua chiesetta, le colorate casette dei pescatori disposte in fila; sono dei buoni argomenti per trascorrere una giornata in questo angolo iconico di Sicilia. Oltre la spiaggetta e le dune l’isola è prevalentemente costituita da un grande piastrone di calcare fossilifero che poggia su uno strato di antichissimi basalti.

Anche ad un osservatore distratto non sfuggiranno i macroscopici fossili di Rudiste, le barriere coralline del Mare Nostrum, e di Nummuliti, dalla forma circolare che ricorda, sin dal nome, una moneta. La roccia calcarea, sebbene dura e compatta, è soggetta a erosione, creando grotte, scogliere frastagliate e falesie.

Sono questi gli ambienti più ricercati dagli amanti dello snorkeling che raramente rimangono delusi, vuoi per i riflessi dell’acqua all’interno delle grotte, vuoi per i numerosi abitanti del mare che si potranno avvicinare.

Chi si trova sull'isola, soprattutto per la prima volta, sfida la canicola e percorre il sentiero che, in circa venti minuti, conduce al Forte. Si attraversa un’area di macchia mediterranea dove a prevalere è la Palma nana, u scupazzu.

Si intuisce dal nome popolare l’uso che se ne faceva prima dell’avvento della plastica. Il palmeto che si attraversa è esteso e copre una buona porzione di territorio, custodendo un vero tesoro di biodiversità.

Capo Passero infatti, per le sue specie floreali, è inserita dai botanici nell’elenco dei siti naturalistici meritevoli di conservazione.

Il possente Forte spagnolo, edificato agli inizi del ‘600 sul punto più alto dell’isola, ha svolto egregiamente la funzione di baluardo contro le scorribande piratesche, Mamma li turchi!, del Mediterraneo per almeno due secoli. Il suo profilo è ormai parte integrante del paesaggio naturale.

Restaurato e poi vandalizzato in anni recenti, non è ufficialmente aperto ai visitatori, anche se molti si avventurano ugualmente al suo interno perché non intendono rinunciare ad una foto panoramica sul terrazzo.

Il ritorno alla spiaggia, sotto il sole, invita ad un altro tuffo aspettando il barcaiolo per tornare sulla terraferma (si fa per dire, trovandoci in Sicilia) più abbronzati, con gli occhi gonfi di bellezza e con un'altra dose di emozioni che si vanno ad aggiungere a quelle che può regalare solo una vacanza nella Trinacria.
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