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È una delle opere più incantevoli della Sicilia Orientale: la fontana dedicata alla dea Diana

Si tramanda che il celebre scultore, per la resa della statua, attinse alle fattezze di una donna siracusana. L'opera si ispira al mito di Alfeo e Aretusa

Livio Grasso
Archeologo
  • 25 marzo 2023

La Fontana Diana a Siracusa (Di Leandro Neumann Ciuffo)

Realizzata dall’artista Giulio Moschetti nel lontano 1907, la “Fontana di Diana“ rappresenta una delle opere artistiche più incantevoli di Siracusa.

Il progetto iniziale risale al 28 giugno 1906, data in cui si ascrive la firma del contratto stipulato con l’ “Amministrazione Comunale” dell’epoca.

Le fasi progettuali, inoltre, furono dettagliatamente esaminate dagli esponenti della seguente commissione artistica: Paolo Orsi, Giovanni Fusero e l’ingegnere Bruzzone. Siamo ,altresì, a conoscenza che il prezzo fissato per tale investimento fu pari a L 19.000.

L’odierna scultura, attualmente collocata al centro della piazza Archimede, sostituì il grande lampione che, in via successiva, venne spostato nell’odierna piazza Santa Maria Lucia.

È necessario, per di più, ricordare che l’assegnazione dell’incarico avvenne in virtù dell’ottimo risultato conseguito da Moschetti mediante la creazione della sontuosa “Fontana di Proserpina”. Perla monumentale di Catania, rientra tra i capolavori attribuiti al genio creativo del medesimo.
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Ad ogni modo, tema centrale del gruppo scultoreo siracusano, è il celebre mito di Alfeo e Aretusa. Come ben si saprà, quest’ultima era una ninfa di straordinaria bellezza al seguito di Artemide.

Un giorno, almeno così si mormora, dopo una battuta di caccia si recò al fiume Alfeo per immergersi nelle sue acque.

Tuttavia, non appena vi sopraggiunse, il dio dell’omonimo corso fluviale si invaghì perdutamente di lei. Desideroso di possederla, assunse rapidamente delle sembianze umane e la rincorse per catturarla. Aretusa, in preda alla paura, fuggì a piè rapido ed invocò l’aiuto di Diana.

La dea, facendo uso dei propri poteri, trasse in salvo la fanciulla trasformandola in una fonte che riemerse nell’isola di Ortigia. Alfeo, malgrado ciò, di lì a poco riuscì a scovarla. Dunque, per scongiurare il rischio di perderla ancora una volta, si tramutò nuovamente in fiume e attraversò il mare spingendosi fino a Ortigia. In tal modo, prestando fede alla leggenda, poté ricongiungersi all’amata.

Questa suggestiva vicenda è sapientemente ricostruita nel monumento dedicato a Diana. Agli occhi dell’osservatore, l’impostazione della struttura appare scandita in tre ordini di elevazione. Al centro, su un alto basamento foggiato a scogliera, si staglia la dea Artemide con l’arco, il cane e la faretra.

A tal riguardo si tramanda che lo stesso Moschetti, per la resa della statua, attinse alle fattezze di una donna siracusana. Più in basso, precisamente ai suoi piedi, si scorge la statua di Aretusa. Nello scenario emerge anche la figura di Alfeo, colto nell’atto di inseguire la giovinetta con le braccia protese in avanti. Diana, di converso, si erge a protettrice della sua giovane seguace.

Con mirabile maestria,infatti, il realizzatore ha immortalato la scena in cui Aretusa subisce gradualmente la propria metamorfosi.

Sul piano del secondo ordine, invece, campeggiano due coppie di tritoni che cavalcano pistrici e cavalli marini. Essi, nella tradizione classica, sono dei personaggi mitici che simboleggiano il mare.

Di particolare rilievo anche la grande vasca monolitica, in graniglia rossa, che risulta essere sormontata da stemmi e mascheroni su ciascuno dei quattro lati. In ultimo, è opportuno precisare che ciascuna scultura fu modellata attraverso l’utilizzo della sabbia lavica presente nelle cave di Nicolosi.

Un ruolo di primo piano fu ricoperto anche da Mario Moschetti che, nel corso dei lavori, collaborò attivamente con il padre.
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